C'è troppo sale nei nostri cibi

C'è troppo sale nei nostri cibi

di Michele Pizzinini

A parte il colore, ci sono insolite affinità che legano lo zucchero ed il sale, due sostanze che ci attraggono irresistibilmente, benché sappiamo benissimo che ci fanno male: lo zucchero è alla base di malattie come l'obesità ed il diabete ed il sale è strettamente legato all'ipertensione, tanto che oggi qualcuno si azzarda a definirli i due killer bianchi. Il nostro organismo è attratto da essi, perché nel corso dell'evoluzione, erano difficilmente reperibili. Noi siamo attratti dai cibi dolci, perché in natura il sapore dolce è associato agli zuccheri e rappresenta l'energia, e siamo altrettanto attratti dai cibi salati, perché in natura il sodio è ancora più scarso. Nel corso della nostra evoluzione l'uomo, mangiando una grande quantità di cibi origine vegetale, assumeva moltissimo potassio e magnesio, i due sali minerali più rappresentati nella frutta e nei vegetali, ma pochissimo sodio, che è invece pressoché assente in essi. 

Il sale è costituito da cloruro di sodio ma spesso, nell'accezione quotidiana, sale e sodio vengono considerati quasi sinonimi, anche se non è proprio così, facciamolo anche noi per comodità. Per capire l'importanza del sale nella nostra storia, basti pensare all'etimologia della parola «salario», che ai nostri giorni significa paga, ricompensa, e che ci ricorda che in passato il lavoro veniva spesso remunerato con quella preziosa sostanza, qual'era il sale. Succedeva che un contadino o un artigiano lavorasse per una settimana per ricevere come ricompensa un chilo di sale. Sembra quasi incredibile, ma il sale era un bene raro e prezioso!

E ci sono altri esempi. Roma aveva dato il nome di «Via Salaria» a una delle più importanti arterie di comunicazione della città, sulla quale veniva trasportato il sale. Salisburgo (Salzburg - citta del sale), deve il suo nome all'importante attività estrattiva di sale, che ne determinò la sua ricchezza. In passato il sale è sempre stato così importante anche perché la salatura dei cibi è sempre stato il mezzo di conservazione degli alimenti più semplice e più diffuso. Nel paleolitico, prima della diffusione dell'agricoltura, si è stimato che l'uomo ingerisse a malapena 1 grammo di sale al giorno, oggi ne assumiamo circa 10 grammi! Più o meno 10 volte di più di quello che sarebbe il nostro reale fabbisogno giornaliero. E volete che non ci venga l'ipertensione! 

È da circa 100 anni che studi clinici ed epidemiologici hanno stabilito una evidente correlazione diretta tra i livelli di assunzione di sale e l'ipertensione arteriosa. In Italia questa patologia, secondo la Società Italiana dell'Ipertensione Arteriosa, interessa oggi circa il 33% degli uomini ed il 30% delle donne. Circa 1 italiano su 3 è iperteso, e dopo i 50 anni quasi la metà degli italiani assume farmaci per l'ipertensione. Studi su popolazioni native africane e dell'Amazzonia, che ancor oggi mantengono un comportamento alimentare di tipo cacciatore-raccoglitore, ovvero basato sulla cacciagione e sul consumo di grandi quantità di vegetali, come bacche, germogli, tuberi, radici, ecc. hanno evidenziato che in tali soggetti la pressione arteriosa si aggira sui 105/70 mm/Hg, a prescindere dall'età e dal sesso. 

Pur essendo l'ipertensione una malattia multifattoriale, e non potendo imputare ad un unico fattore dietetico la responsabilità di una malattia così diffusa, dobbiamo impegnarci ad orientare il nostro gusto verso cibi meno salati, fin dai primi anni di vita. Negli Stati Uniti si è calcolato che se si riuscisse a dimezzare l'apporto giornaliero di sale ci sarebbero circa 30.000 infarti e 50.000 ictus in meno ogni anno! Che una dieta con basso apporto di sodio fosse il miglior sistema per curare l'ipertensione è noto da più di 60 anni, spesso però, per la maggior parte dei pazienti, risulta più semplice assumere un farmaco, piuttosto che impegnarsi a modificare le proprie abitudini alimentari. 

Talvolta ci impegnamo a mettere poco sale sull'insalata, pensando che quello dei condimenti sia l'unica fonte di sale, non considerando che il sale viene assunto indirettamente anche con altri alimenti. Fonti indirette di sale sono tutti i cibi conservati, tra cui i salumi (da cui il nome), i formaggi, ma anche il pane e la pizza, i sottaceti, e tutti i cibi lavorati in genere. Si potrebbe dire che solo frutta e verdura non contengono sodio ma solo potassio e magnesio, i suoi antagonisti, di cui spesso in particolare le donne, risultano carenti. E non è finita, studi clinici più recenti hanno osservato che l'eccessivo apporto di sodio con la dieta, non solo fa aumentare la pressione arteriosa, ma sembra essere anche un importante fattore di rischio per l'osteoporosi, perché favorisce l'escrezione urinaria di calcio.

La riduzione del sale nella dieta è dunque un importante obiettivo da perseguire, per mantenere bassi i valori pressori e ridurre così il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Michele Pizzinini
Specialista in Scienza dell'alimentazione

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