Egregio direttore, mi ha colpito molto sull'Adige di ieri l'inchiesta di Renzo M. Grosselli sui pesticidi nelle urine, che hanno trovato in valle di Non.
Io sono spesso in valle, e il pensiero che io e i miei bambini possano essere sottoposti ad aerosol di veleni per i fitofarmaci con cui le mele vengono continuamente irrorate, mi terrorizza. Come fanno i nonesi a vivere con un tale pericolo che grava sulle loro teste e che minaccia la loro pelle? Perché l'Azienda sanitaria non fa analisi serie?
La mela è il business dei nonesi, ma non possono mettere a rischio la loro salute e quella delle loro famiglie in nome del dio Golden. Cosa aspetta l'assessore Pacher a muoversi?
Io sono una di quelle che l'hanno votato alle Provinciali, ma sono molto delusa dei suoi tentennamenti, sia con l'acciaieria di Borgo, che con le discariche di Marter e di Sardagna e adesso con i pesticidi nelle urine della val di Non. Non so se l'hanno zittito, o s'è perso tra gli uffici della Provincia. Se c'è ancora Pacher, che batta un colpo.
Anna Maria Berlanda
Rispetto a tutte le indagini e le analisi fatte fino ad ora, quelle commissionate dal «Comitato per il diritto alla salute» della Valle di Non ad un accreditato laboratorio nazionale impressionano perché, per la prima volta, i pesticidi sono stati ritrovati nelle urine. E con una percentuale sei volte maggiore di quella consentita.
Se questi dati verranno confermati da ulteriori esami, a questo punto indispensabili, da parte dell'Azienda Sanitaria, vuol dire che i veleni sprigionati dai fitofarmaci non sono più soltanto nei terreni attorno ai meleti, ma sono entrati nel ciclo di vita delle persone, e costituiscono una minaccia non più tollerabile per le persone. Perfino il clorpirifos-etil, l'unico metabolita ricercato dall'Azienda - secondo i dati forniti dal Comitato noneso - risulta assai superiore rispetto a quello rilevato finora: quattro volte tanto per il campione generale e sei volte di più nei bambini.
Ciò che chiede il «Comitato per il diritto alla salute» della valle di Non è sensato e pienamente condivisibile. Occorre che le ordinanze comunali siano rispettate e che le autorità pubbliche e i privati non chiudano un occhio (e pure l'altro) su quanto sta succedendo. Questo come garanzia minima di salute pubblica e di tutela dell'incolumità delle case e delle famiglie di chi vive a fianco dei meleti. E poi sono indispensabili criteri più severi nell'utilizzo di sostanze chimiche nocive. Nonostante i passi avanti fatti in questi anni, sono ancora troppi i veleni usati sulle mele e sull'agricoltura trentina. Troppi per una terra che ha fatto della salute e della genuinità dei prodotti il suo biglietto da visita nel mondo e la forza della sua economia.
p.giovanetti@ladige.it