Attentato di Berlino, il killer Anis Amri ucciso in una sparatoria a Milano
Non è stato un blitz di forze speciali ma un normale controllo di identificazione effettuato da una volante della Polizia a fermare la fuga di Anis Amri, considerato l’autore della strage di Berlino, l’uomo cercato in tutta Europa e ucciso nella notte in una piazza di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, da un agente in prova.
Quello che sembrava inizialmente solo un brutto episodio di cronaca nera è diventato invece, passate le ore, la soluzione di un caso internazionale, dopo che le impronte digitali e i tratti somatici hanno confermato che si trattava proprio del principale accusato di aver ucciso 12 persone, compresa l’italiana Fabrizia Di Lorenzo, travolgendole alla guida di un camion lo scorso 19 dicembre al mercato di Natale di Breitscheidplatz.
«È lui senza alcuna ombra di dubbio», ha spiegato il ministro dell’Interno Marco Minniti, dopo aver avvisato le autorità tedesche che si sono complimentate con l’Italia. «Ho ringraziato il presidente del Consiglio italiano e vorrei ribadire il ringraziamento alla polizia italiana e a tutte le forze di sicurezza per la collaborazione così stretta. Auguro al poliziotto ferito una guarigione completa e rapida», ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Non ci sono segnalazioni della presenza di Amri in Italia e per i due agenti che lo fermano alle 3 è solo un extracomunitario «degno di controllo».
Il capopattuglia Christian Movio, 36 anni di Latisana (Udine), e l’agente in prova Luca Scatà, 29 anni di Canicattini Bagni (Siracusa), lo notano mentre passano a bordo della loro volante davanti alla stazione di Sesto San Giovanni. Fermo, da solo, con uno zainetto.
Non hanno idea di chi sia e Movio si avvicina a lui per chiedergli i documenti. Amri «è assolutamente tranquillo», spiega il vicequestore aggiunto Roberto Guida, dirigente del commissariato Sesto San Giovanni, parla italiano e dice di essere di Reggio Calabria, ma l’accento non convince e soprattutto non ha documenti.
Movio gli chiede di svuotare lo zainetto, ma Amri tira fuori una pistola calibro 22 carica e pronta per l’uso e spara, colpendolo alla spalla. È da pochi mesi al commissariato di Sesto San Giovanni, ma l’agente in prova Scatà reagisce come il più esperto dei poliziotti: si copre dietro alla macchina e spara due colpi, mentre Amri urla «poliziotti bastardi» e poi cade al suolo, colpito mortalmente al costato. Inutile il tentativo di rianimarlo, mentre Movio viene portato in ospedale a Monza, dove verrà operato alla spalla destra. «Sono felice di essere stato utile in questo marasma che sta succedendo in Europa», ha detto.
«È un ragazzo coraggioso e ha fatto il suo dovere», ha invece commentato Giuseppe, il padre di Scatà, mentre la madre ha spiegato che «la polizia è sempre stata il suo sogno». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è congratulato con entrambi «per la professionalità e il coraggio» e il questore di Milano Antonio De Iesu li ha proposti per la promozione per meriti straordinari.
«Può sembrare assurdo, paradossale, e lo è, che un terrorista del genere sia stato trovato casualmente nel corso di un normale controllo del territorio, ma questa è la realtà», ha spiegato De Iesu. Non l’attività di intelligence internazionale quindi, ma un’operazione di routine ha fermato il tunisino che, dopo l’attentato di Berlino, ha attraversato Germania e Francia, prima di arrivare a Torino e, infine, all’1 di notte alla Stazione Centrale di Milano. Da lì ha preso un autobus e obiettivo delle indagini è capire perchè si sia diretto proprio a Sesto San Giovanni, se fosse solo una tappa di passaggio o un luogo dove potesse nascondersi.
Nel suo zainetto non ha telefono, non ha documenti nè nulla di scritto ma solo un coltellino, poche centinaia di euro e i biglietti dei treni presi in Francia. Dell’inchiesta sulla sparatoria conclusasi con la morte del tunisino e del ferimento del poliziotto si occuperà la procura di Monza, competente per territorio. Ricostruire come Amri sia arrivato a Sesto ed eventuali sue coperture, invece, sarà compito del pool antiterrorismo della Procura di Milano, che lavorerà in collegamento con quella di Roma, competente sui fatti commessi all’estero che riguardano cittadini italiani.
Con sè il terrorista aveva la pistola e una scheda telefonica sui cui stanno indagando gli investigatori della Digos che nei prossimi giorni potrebbero incontrare i colleghi tedeschi per verificare se l’arma sia la stessa che ha sparato per uccidere il camionista polacco a Berlino.
«Un fantasma», lo definisce il questore De Iesu, «un latitante pericolosissimo che avrebbe potuto compiere altri attentati», come confermato anche dai video diffusi dall’Isis in cui Amri invita «ogni essere umano in grado di combattere» ad andare «a uccidere in tutta Europa i crociati maiali!».
«Quanto avvenuto stanotte dimostra ai cittadini che l’Italia c’è, lo Stato c’è», ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Sale ora il livello di allerta in Italia e il capo della Polizia Franco Gabrielli ha inviato una circolare in cui si invita alla «massima attenzione» poichè «non si possono escludere azioni ritorsive» nei confronti delle forze dell’ordine. E i profili Facebook dei due agenti sono stati oscurati per tutelarli.