Braccio di ferro sugli orari dei negozi Arrivano i grandi con «ritmi selvaggi» Filcams Cgil: «Trentino in ritardo»
La lettera dei presidenti di Trentino e Alto Adige Ugo Rossi e Arno Kompatscher al presidente del consiglio Paolo Gentiloni che chiede una norma di attuazione per regolamentare autonomamente il settore del commercio riapre lo scontro su orari dei negozi e condizioni di lavoro nella grande distribuzione.
Bene i due governatori, dicono i sindacati. Ma intanto le grandi catene che stanno per sbarcare in Trentino, come Aldi, pagheranno ai dipendenti il minimo, 250 euro al mese in meno della media dei loro colleghi, e punteranno ad aprire la sera e nei giorni festivi.
Federdistribuzione invece dice no alle tesi di Trento e Bolzano: la liberalizzazione è concorrenza.
«A forza di insistere sulla necessità di cambiare su orari e aperture dei negozi, finalmente qualcosa si muove - afferma il segretario della Filcams Cgil Roland Caramelle - È da tempo che chiediamo una presa di posizione forte da parte delle due giunte provinciali. Dobbiamo però constatare con rammarico che rischia di arrivare tardiva. Il Trentino avrebbe dovuto dimostrare maggiore coraggio e una visione più coerente all’economia del nostro territorio muovendosi da subito. Altre regioni, come il Friuli Venezia Giulia e la Toscana, lo hanno fatto pur battendo contro il muro della Corte Costituzionale».
«Resta il fatto che si tratta di una richiesta che condividiamo - prosegue Caramelle - che va incontro alle esigenze del nostro territorio, ma anche nella direzione di migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori del commercio, che sono quelli che con la liberalizzazione hanno pagato il prezzo più alto.
La liberalizzazione di orari e aperture introdotta dal governo Monti non ha portato i vantaggi attesi. I consumi non sono cresciuti, la vita dei lavoratori e delle loro famiglie è peggiorata. Gli unici che ne hanno avuto un vantaggio sono stati i grandi punti vendita».
Inoltre «è opportuno che si punti su politiche in grado di mantenere vive le periferie, evitando lo spopolamento, con servizi e dunque opportunità di lavoro».
«Bene la presa di posizione dei presidenti, che ha riportato la discussione anche fra sindacati e categorie datoriali - sostiene Lamberto Avanzo , segretario della Fisascat Cisl - Come si vede dalle dichiarazioni di Massimo Piffer di Confcommercio, ora c’è sintonia tra le nostre sollecitazioni e la posizione delle associazioni imprenditoriali. Anche Renato Villotti di Confesercenti si era espresso in questo senso».
Tuttavia, prosegue Avanzo, «le catene che stanno arrivando, come Aldi, applicheranno solo il contratto nazionale di lavoro, con 250 euro lordi mensili in meno dei colleghi dei supermercati locali, dove abbiamo firmato contratti integrativi. Ed è probabile che amplieranno gli orari. Se la Coop del Millennium Center di Rovereto chiude alle 20, Aldi, che aprirà di fronte, potrebbe tenere aperto fino alle 21 o alle 22». Inoltre, il contratto nazionale prevede per il lavoro festivo una maggiorazione del 30% «mentre ad esempio con la Cooperazione si applica una maggiorazione del 65%». Insomma, concorrenza al ribasso su salari e orari.
Per Avanzo, quindi, è urgente arrivare al contratto di secondo livello territoriale. «I sindacati Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno presentato da tempo una piattaforma su enti bilaterali, contratto di secondo livello, detassazione dei salari di produttività, tempi determinati, aperture domenicali e festive. Mercoledì prossimo abbiamo un incontro in Confcommercio sulla detassazione. Serve però avviare subito il confronto sul contratto di secondo livello, in modo da poterlo applicare anche alle catene in arrivo».
Di avviso opposto Federdistribuzione, a cui aderiscono, tra gli altri, Aspiag-Despar, Pam, Penny Market, Oviesse. Secondo il presidente Giovanni Cobolli Gigli «riportare la materia degli orari di apertura dei negozi in ambito locale sarebbe un errore. Diverse sentenze della Corte Costituzionale e dei Tar nonché vari pronunciamenti dell’Antitrust hanno ribadito che questo tema riguarda l’ambito della tutela e promozione della concorrenza, e in quanto tale di esclusiva competenza statale».
«Non si tratta solo di un aspetto normativo - continua Cobolli Gigli - Siamo convinti che lasciare all’imprenditore la libertà di decidere quando aprire o chiudere i propri punti vendita sia la soluzione migliore. Non si tratta di sostenere una liberalizzazione selvaggia o di imporre l’obbligo di aprire. Basta girare per le strade una domenica qualsiasi per rendersi conto che non tutti i punti vendita della grande distribuzione sono aperti. Ogni imprenditore conosce le abitudini dei suoi clienti e lavora per offrire il servizio migliore».