Inchiesta Itas, restano tutte le accuse. Chiesto il rinvio a giudizio per i 5 indagati
Sul «caso Itas» la procura non arretra e chiede il rinvio a giudizio dei cinque indagati. Ultime settimane, dunque, per le difese per prepararsi all'udienza preliminare davanti al giudice, fissata a fine settembre. Le accuse non cambiano rispetto a quanto contenuto nell'avviso di conclusione delle indagini. Confermata, dunque, anche l'ipotesi di reato più «pesante», l'estorsione, di cui è chiamato a rispondere l'ex direttore - prima dimissionario poi licenziato - di Itas, Ermanno Grassi . Il manager è inoltre accusato di calunnia e, in concorso, di truffa, falso, appropriazione indebita. «Il dottor Grassi sarà sicuramente contento di poter chiarire la propria posizione davanti al giudice» evidenzia il suo legale, l'avvocato Matteo Uslenghi dello studio Dinoia di Milano.
Queste, in sintesi, le dieci contestazioni mosse dal pubblico ministero Carmine Russo. Si parte dall'estorsione ai danni del presidente dell'Itas Giovanni Di Benedetto. Grassi avrebbe incaricato un investigatore privato di pedinare il presidente del gruppo Itas e lo avrebbe ricattato su questioni personali. Gli episodi contestati sono relativi a marzo 2016, nei giorni precedenti al Cda. Per l'accusa il ricatto avrebbe avuto come duplice obiettivo il guadagnarsi l'impunità delle presunte truffe e incassare i premi del 2015. Un reato pesante e che potrebbe sembrare controverso dato che la presunta vittima, Di Benedetto, ha sempre negato con fermezza di essere stato oggetto di estorsione, posizione ribadita dal presidente anche in una memoria. La compagnia di assicurazioni, inoltre, in una nota aveva evidenziato che «il comportamento ipotizzato tra il presunto ricatto messo in atto da Grassi e le decisioni del Cda del 21 marzo 2016 di aver attribuito all'ex dg un bonus è falso e lontano dalla realtà». Sul punto è prevedibile un confronto serrato in aula con la difesa dell'ex direttore.
C'è poi la prima delle accuse per truffa mosse nei confronti di Grassi - quella sulle auto - in concorso con Gabriele Trevisan , referente della società Point rent car di Piove di Sacco. Grassi, a cui si contestano le aggravanti dell'abuso delle relazioni d'ufficio e di prestazione d'opera, nel novembre 2012 aveva concordato con la Point car la vendita della propria Porsche Cayenne a 80mila euro. Il 13 dicembre avrebbe concluso un contratto di sponsorizzazione fra Itas Mutua e Point (114mila euro per il marchio Itas su 40 auto), concordando anche il noleggio della Porsche Cayenne da parte di Itas per 24 mesi a 36mila euro.
La seconda accusa di truffa, in concorso con Trevisan e con Alessandra Gnesetti , l'ex collaboratrice di Grassi licenziata nel 2015, riguarda l'ingiusto profitto ai danni di Itas in merito ad una Porsche Carrera 911 e una Porsche Boxster. La prima, acquistata dalla società padovana e noleggiata, sarebbe andata a Grassi. La seconda, sempre acquistata da Point rent car e noleggiata, sarebbe andata alla Gnesetti. Solo Grassi dovrà invece rispondere di una tentata truffa, sempre con l'abuso di relazioni d'ufficio e di prestazione d'opera: avrebbe tentato di addebitare ad Itas il pagamento di una badante per la madre. Altra truffa contestata all'ex direttore - però riuscita, secondo la procura - riguarda la vacanza con la famiglia a Palma di Maiorca, nel luglio 2014: il noleggio dell'aereo (13.102 euro più 452 euro) l'avrebbe pagato Itas sotto la mentita voce di un evento di lavoro ad Amburgo e Berlino.
Indagato per concorso in truffa anche l'ex dirigente ed ex procuratore speciale di Itas Patrimonio, Paolo Gatti (uscito da Itas grazie ad una «separazione consensuale»). L'ex direttore Grassi, che nel 2014 andò ad abitare nell'attico di proprietà di Itas Patrimonio in piazza Silvio Pellico, fece realizzare un impianto di domotica del valore di 135.mila euro e lo arredò spendendo 535mila euro. Secondo l'accusa, Grassi avrebbe fatto figurare le fatture come se fossero relative ad una nuova sede di società e ad a mobili per uffici. Per gli inquirenti «Gatti ordinava ai dipendenti dell'ufficio acquisti di indicare in contabilità che gli acquisti avvenivano per la nuova sede e di contabilizzarli con codici interni che riconducevano i cespiti ad alcune sedi di Itas».
L'ultima accusa di truffa di cui deve rispondere Grassi è in concorso con il titolare di Target sas di Villa Lagarina, Roberto Giuliani . La Target, secondo l'accusa, era la società che il top manager aveva utilizzato come soggetto cui alcuni fornitori di Itas avrebbero dovuto fatturare beni e servizi, che sarebbero stati poi rifatturati da Target ad Itas a prezzi maggiorati e con causali che evidenziassero «le spese di rappresentanza». Per l'accusa, in questo modo Target nel solo 2011 avrebbe fatturato beni e servizi per oltre 560mila euro. Nello stesso periodo Grassi aveva fatto assumere alla Target l'ex moglie, con uno stipendio di 6.200 euro al mese.
Torna il nome dell'ex braccio destro di Grassi, Alessandra Gnesetti, in altre due imputazioni: appropriazione indebita in concorso per essersi appropriati di beni (scarpe, borse, gioielli, accessori di abbigliamento) che Itas aveva acquistato (388mila euro nel 2013 e 47mila nel 2014); falso in concorso per aver Grassi attestato - su una dichiarazione firmata da entrambi - che alla guida dell'auto multata per velocità c'era la Gnesetti, alla quale vennero decurtati i punti della patente. All'ex direttore Grassi viene contestato anche il reato di calunnia, avendo accusato proprio l'ex funzionaria di aver mentito sulla questione della badante. Alessandra Gnesetti venne cacciata nel giugno 2015 dall'Itas per aver gestito in modo del tutto disinvolto gli acquisti di gadget per decine di migliaia di euro. Le sue dichiarazioni davanti al giudice del lavoro ed al Ros dei carabinieri, in merito al ricco sistema dei bonus, aveva fatto partire l'indagine.
«Tutta la storia - aveva sottolineato il suo legale, l'avvocato Andrea de Bertolini all'inizio dell'inchiesta - non ha origine da una vendetta, ma dalla necessità di difendersi nel procedimento civile e poi in sede penale». La donna - che Grassi denunciò per calunnia - risulta fra le persone offese nel procedimento, assieme ad Itas Mutua ed al presidente Giovanni Di Benedetto.