La piccola colpita dallo stesso parassita di altri due bimbi ricoverati per malaria
AGGIORNAMENTO (7 settembre 2017 - ore 8.30): A tre giorni dalla morte della piccola Sofia Zago, 4 anni, stroncata dalla malaria non sono ancora state chiarite le cause del contagio. Ieri è stato stabilito che il parassita che ha ucciso la bimba trentina è lo stesso riscontrato nei due bimbi malati che si trovavano in pediatria al S. Chiara negli stessi giorni di Sofia. Ma per avere la certezza che il contagio sia avvenuto all'ospedale è necessario che sia identico il ceppo della malaria.
L'ospedale S. Chiara resta sotto esame: ieri i carabinieri del Nas hanno acquisito tutta la documentazione relativa al ricovero di Sofia Zago, mentre oggi a Trento arriveranno gli ispettori inviati dal ministro Lorenzin. Questo pomeriggio, a Brescia, si terrà l'autopsia che potrà dare risposte ai tanti quesiti sulla morte di Sofia.
Si fanno verifiche anche all'ospedale di Portogruaro dove la piccola era stata ricoverata un paio di giorni durante le vacanze al mare a Bibione, in agosto.
Il parassita che ha causato la malaria a Sofia, la bimba trentina di 4 anni morta a Brescia, dopo il ricovero a Trento, è il Plasmodium falciparum, lo stesso che aveva fatto ammalare due bambine di 4 e 11 anni di ritorno dal Burkina Faso che erano in pediatria a Trento negli stessi giorni della piccola. Inoltre c'erano anche la mamma e un fratello più grande, adolescente, ricoverati invece nel reparto degli adulti.
Tutti e quattro sono guariti e sono ormai stati dimessi.
Il parassita in questione è il Plasmodium falciparum «ma possono esserci - Nunzia Di Palma, direttrice dell'unità operativa di pediatria dell'ospedale di Trento - diversi ceppi. Da appurare è quindi se sia o meno lo stesso. Di questo si sta occupando l'Istituto superore di sanità».
«Se dalle analisi in corso emergesse che il ceppo o variante di Plasmodium Falciparum che ha provocato la malaria nei due bambini ricoverati a Trento e nella piccola Sofia fosse lo stesso, allora il contagio della bambina sarebbe sicuramente avvenuto in ospedale ma resterebbe da capire in che modo», afferma il vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali, Massimo Galli.
Se il ceppo «risultasse invece differente, allora il contagio sarebbe avvenuto in un contesto diverso».
Il contagio della malaria, precisa Galli, «può avvenire dalla puntura delle zanzare anofele che trasmettono sangue infetto o attraverso siringhe infette o trasfusioni sempre di sangue infetto».
Perché il contagio avvenga, conclude il vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali, «non è invece sufficiente un semplice contatto col sangue, come ad esempio nell’ipotesi di un contatto epidermico tra soggetti infettati».
«La piccola - chiarisce il primario di pediatria dell’Ospedale di Trento, Nunzia Di Palma - già il 18 e il 19 poteva uscire dall’ospedale tre o quattro ore al giorno, perché le sue cure per il diabete lo permettevano, e il 20 ha potuto farlo per l’intera giornata, tornando solo per dormire e per essere dimessa la mattina del 21».
Con questo la direttrice dell’unità operative di pediatria intende sottolineare quanto in realtà «sia stato materialmente poco il tempo in cui la bimba era presente mentre le altre due ammalate di malaria erano in reparto».
Fatto salvo che è noto come non sia possibile la trasmissione della malaria da uomo a uomo con dei semplici contatti.
«Abbiamo cercato di capire se abbiamo fatto degli errori nelle procedure, perché per un contagio ci vorrebbe un contatto di sangue, ma non lo troviamo. Abbiamo ripercorso l’intero percorso della paziente durante il ricovero», prosegue Di Palma.
«Non siamo preoccupati del fatto che possano avvenire contagi. Ma ci vuole una spiegazione per quanto accaduto e non so se saremo in grado di trovarla.
L’isolamento, in caso di un paziente con malaria, non è previsto, perché ci vuole un vettore. Aggiungo che nella stessa stanza in cui la piccola era ricoverata per diabete c’era un bimbo di tre anni, sempre col diabete, rimasto per lo stesso periodo, dal 16 al 21 agosto, ma che non ha manifestato sintomi di malaria.
Al Santa Chiara, in pediatria, le verifiche hanno dato esisto negativo circa la presenza di zanzare del tipo che può veicolare la malaria. La disinfestazione è stata ultimata e ora il reparto di pediatria sarà riaperto.
Una bambina di quattro anni, Sofia Zago, è morta per malaria agli Ospedali Civili di Brescia. Figlia di una coppia italiana residente a Trento, la bambina era stata in vacanza a Bibione, sulla riviera veneta.
È quindi arrivata in condizioni disperate a Brescia dall'ospedale della sua città. La piccola non sarebbe mai stata in un Paese malarico. E la zanzara che trasmette la malattia non risulta presente, come specie, in Italia. Dunque è ancora mistero su come la Sofia abbia contratto la malattia.
La bimba ad agosto era stata prima in ospedale a Trento per un esordio di diabete infantile. Il 21 agosto, ultimo giorno di ricovero della piccola, è arrivata in ospedale una famiglia del Burkina Faso, di ritorno da un viaggio nel Paese d'origine, con due bambini con la malaria, che sono stati ricoverati, ma erano in stanze diverse. I due bambini sono guariti.
"Dalle prime indicazioni pare che la bambina potrebbe aver contratto la malaria in ospedale, a Trento, il motivo per il quale sarebbe un caso molto grave. Abbiamo mandato immediatamente degli esperti sia per quanto riguarda la malattia sia per la trasmissione da parte delle zanzare", ha detto la ministra della Salute Beatrice Lorenzin.
La bambina era stata colpita da malaria cerebrale, la forma più grave della malattia.
Questo tipo aggressivo di morbo viene trasmesso dal Plamodium Falciparum, la specie più aggressiva di un protozoo parassita trasmesso dalla zanzara Anopheles. La morte, nei casi più gravi, può arrivare entro 24 ore.
Le zanzare sono un'incognita perfino in Paesi ricchi di paludi, come la Florida: "si spostano insieme ai viaggiatori e mutano continuamente", ha detto all'ANSA la virologa Ilaria Capua, che nel 2016 ha lasciato l'Italia per gli Stati Uniti, dove proprio in Florida dirige il Centro di eccellenza dell'Università dedicato alla 'One Health', che unifica i temi della salute umana, animale e ambientale. Si dice "molto sorpresa" dal caso della bambina italiana morta per la malaria: "è un caso eccezionale e che fa riflettere", ha osservato.
Sicuramente, a livello più generale, si aprono molti interrogativi. La malaria è infatti solo la più nota delle malattie trasmesse dalle zanzare. La chikungunya, per esempio, era quasi una sconosciuta quando nel 2007 è comparsa in Italia, probabilmente importata, colpendo in Emilia Romagna con 197 casi sospetti e 166 accertati. Poco nota anche la dengue, della quale il caso più recente è avvenuto in luglio a Trento, in una persona rientrata da un viaggio nel Sud-Est asiatico. Zika è forse l'infezione che spaventa di più, dopo l'epidemia esplosa nel 2016 in Brasile, ma in Italia non è arrivata.
"Le malattie da vettori sono un problema di cui occuparci in modo sempre più attento: sapere che una specie di zanzara trasmette una certa infezione, soprattutto se nuova, non esclude che ci siano altri vettori competenti", ha osservato Capua. "Ad esempio, ha aggiunto, "per il virus Zika si conoscevano alcuni vettori, ma restano punti interrogativi sulla zanzara tigre".
E' uno scenario nuovo con il quale, per la virologa, bisogna fare i conti: "i cambiamenti climatici e con gli spostamenti sempre più massicci in tutto il mondo aumentano la probabilità della diffusione di queste malattie ovunque, naturalmente anche in Italia". Se da un lato è noto che il vettore della malaria è la zanzara Anopheles, le zanzare del genere Aedes veicolano Zika, chikungunya e dengue.
"Bisogna considerare però - ha rilevato la virologa - che le zanzare si evolvono e che alcune di esse non sono state ancora caratterizzate. Ad esempio in Florida il 30% delle nuove subspecie di zanzare non è stato classificato e identificato in modo appropriato come vettore di malattia. Possiamo anche dire - ha aggiunto - che la popolazione zanzare che infetta una determinata area è in evoluzione, sia come varianti e sottospecie introdotte sia come capacità di trasmettere malattie".
Le possibili contromisure? "Alcune possiamo implementarle cercando di evitare che zanzare non infettino le case e, a livello di servizi pubblici, provvedere con le disinfestazioni. Bisogna inoltre considerare quanto rigido sarà l'inverno: più è freddo, più le popolazioni di zanzare subiscono un abbattimento, come è avvenuto in Italia per la chikungunya". Bisogna poi considerare il rischio che un viaggiatore infetto possa far partire un ciclo autoctono se punto da un vettore competente e in casi come questi, ha concluso, "è fondamentale la diagnosi precoce perché arrivare quando un ciclo è partito rende tutto molto più difficile".