Bambina morta di malaria Nessun caso a Portogruaro Riflettori sull’ospedale di Trento M5S: strutture inadeguate al S.Chiara
«Non risultano casi recenti di pazienti ricoverati per malaria a Portogruaro. Ce l’hanno anticipato informalmente dall’ospedale e chiederemo informazioni specifiche».
A spiegarlo, in attesa dell’esecuzione dell’autopsia a Brescia, è il procuratore capo di Trento, Marco Gallina, a proposito di Sofia Zago, la bambina di 4 anni morta di malaria, dopo ricoveri a Portogruaro, a Trento e a Brescia.
Quanto invece alla possibilità di un contagio nel periodo di soggiorno in campeggio a Bibione, «non credo ci sia modo di effettuare accertamenti - ha chiarito - perchè è noto come le spiagge vedano un via vai di turisti come di nordafricani, che possono avere viaggiato, entrambe le tipologie, anche in Paesi dove sia presente la malaria».
«Con l’autopsia attendiamo ovviamente la conferma della causa della morte. Verrà raccolto inoltre un ulteriore reperto per gli accertamenti sul ceppo di malaria che ha colpito la bambina».
Se infatti già lo stesso ospedale di Trento ha potuto accertare che la piccola era stata colpita dallo stesso tipo di malaria, dei quattro altri pazienti presenti al Santa Chiara in quei giorni (nel reparto di pediatria, diretto da Annunziata Di Palma, la diagnosi è stata fatta sabato 2 settembre e dopo tre giorni è stata annunciata la disinfestazione), serve identificare anche il ceppo.
Il parassita comune ai quattro pazienti, tra cui due pediatrici, come Sofia, è il Plasmodium falciparum, di cui ci sono diversi ceppi. Come da procedura in caso di malaria, i vetrini col materiale dei pazienti erano stati inviati all’Iss e ora la Procura chiede di raccogliere altro materiale per questi accertamenti con l’autopsia sulla piccola.
«È inammissibile che la sanità trentina sia priva di una struttura interdipartimentale di malattie infettive autonoma nella gestione delle risorse umane organizzative e del relativo budget». Lo afferma in una nota il consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle del Trentino, Filippo Degasperi, in merito al caso della bimba trentina di 4 anni morta per malaria in ospedale a Brescia.
«È inammissibile che il direttore della struttura complessa di medicina di Trento sia anche responsabile delle strutture semplici di ematologia endocrinologia e malattie infettive, alla stregua di un direttore tuttologo, inesistente nel resto d’Italia», aggiunge il consigliere.
Degasperi dice che «è inammissibile che la direttrice dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Trento svolga in contemporanea il ruolo di direttrice delle unità operative di pediatria di Cles e Cavalese e del dipartimento materno infantile. Contiamo sulla reazione della ministra Lorenzin e dei suoi esperti, nell’auspicio che possano al più presto imprimere una svolta a siffatto modus operandi», conclude la nota.
I Cinque Stelle rincarano la dose. «Mentre il Trentino e la sua sanità erano sotto i riflettori il direttore generale Bordon non trovava di meglio da fare che recarsi a Udine per intervenire, con assoluta tranquillità, alla presentazione della Maratonina in qualità di presidente dell'omonima associazione». Sono sempre parole del consigliere provinciale pentastellato Filippo Degasperi, che attacca il direttore generale dell'Azienda sanitaria trentina, Paolo Bordon. Secondo Degasperi, un simile comportamento richiederebbe «un'attenta valutazione da parte della Provincia in modo da giustificare e spiegare ai cittadini come ciò sia stato possibile».
Secondo il consigliere quando scoppia una tempesta sarebbe naturale attendersi che il comandante sia in plancia a governare la nave. Se ciò non avviene tocca all'armatore intervenire».
Sul caso, a sopresa, intervengono anche i giovani del Centro sociale Bruno di Trento. «Ancor prima di fare le doverose condoglianze alla famiglia, ancora prima di ascoltare medici ed esperti che stanno cercando di comprendere quale sia stato il vettore del parassita, ancora prima di verificare se la profilassi adottata dall’ospedale di Trento sia stata sufficiente, gli sciacalli autoctoni e nazionali, amplificati da alcuni giornali immondi, avevano già trovato il capro espiatorio, il loro colpevole» si legge in una nota.
«È bastato che trapelasse l’informazione che nella stanza della bambina erano ricoverate due bambine burkinabè, di ritorno da un viaggio nel loro Paese d’origine, per dare il via a bestialità ed interrogazioni provinciali delle varie destre. Ovviamente a nessuno è venuto in mente di porsi qualche banale domanda».
Secondo il Centro sociale, i commenti che associano il dramma della bambina alla questione dei migranti sono soltanto «falsità e finte ricette che incoraggiano alle espulsioni di massa verso gli immigrati, morderne soluzioni finali che possono tranquillamente circolare nel web e sui social».