«Ho volato con quel copilota lasciandolo solo in cabina»
«Anche io ho volato con lui, me lo ricordo bene. E l'ho anche lasciato solo nella cabina di pilotaggio per andare in bagno». Parla al tabloid tedesco Bild Frank Woton, un pilota della Germanwings che ha conosciuto personalmente Andreas Lubitz, autore della strage costata la vita a 150 persone. Woton è diventato nel frattempo noto sui social network per il modo molto umano con cui ha accolto e rassicurato uno a uno i passeggeri di un suo volo subito dopo il fatale schianto sulle Alpi francesi.
Una passeggera lo ha raccontato su Facebook, scatenando una valanga di reazioni commosse e accendendo l'interesse della stampa per questo capitano 48enne dal viso squadrato.
«Quando ho volato con lui mi ha raccontato del suo addestramento e di come fosse felice. Ha detto che voleva diventare capitano e pilotare presto voli a lungo raggio. Aveva una padronanza molto buona dell'aeromobile, aveva tutto sotto controllo. Per questo l'ho anche lasciato solo in cabina di pilotaggio per andare al bagno», racconta al tabloid.
Lubitz, insomma, non è sembrato affatto un tipo strano, né si è fatto notare per qualcosa di particolare. «Oggi sono fiero di essere pilota - racconta al tabloid Wolton -, proprio ora. I passeggeri e l'equipaggio mi affidano la loro vita. Con il gesto inconcepibile di quest'uomo è andata distrutta un'enorme quantità di fiducia, che ora deve essere ricostruita con fatica».
Wolton, che ha due figli, per questo sta facendo quel che è nelle sue possibilità, da subito: mercoledì, il giorno dopo la tragedia, ha raccontato a Bild, si è presentato a lavoro nonostante fosse il suo giorno di riposo. Giovedì gli è stata assegnata la "linea della morte" Duesseldorf-Barcellona-Duesseldorf.
In entrambe le occasioni prima del decollo si è messo nel mezzo del corridoio, fuori dalla cabina, e guardando i passeggeri ha detto loro ciò che molti volevano sentire: «Vi porterò in sicurezza a destinazione. Potete starne certi. Perché anche io stasera voglio di nuovo poter sedere a tavola con la mia famiglia».
Parole semplici, di buon senso, scontate. Che hanno provocato un applauso spontaneo tra i passeggeri: «Vorrei ringraziare quel capitano - ha poi scritto su Facebook una di loro -, per aver capito quel che tutti noi stavamo pensando».
Un conoscente del copilota suicida rivela intanto che quelle montagne francesi avevano un significato speciale per Andreas: le Alpi orientali erano la sua grande passione, e le aveva sorvolate su un aereo ultraleggero, assieme al gruppo di volo di Montabaur, qualche anno fa.
Il dettaglio, in uno delle testimonianze raccolte nella cittadina d'origine del copilota di Germanwings, rivela la forza che avrà avuto quel luogo nel suggestionare un giovane, probabilmente in lotta con l'incubo della depressione, quando ha deciso di farla finita portandosi via con sè altre 149 persone. "Si sarà sentito perso, avrà avuto paura di perdere il lavoro, si sarà visto lassù ancora una volta, dove voleva stare...".
Thomas è un oratore funebre di professione, sgrana gli occhi quando parla, dice che ognuno ha un lato oscuro, e rilegge il disastro aereo provocato dal copilota della compagnia tedesca così. Delle Alpi ha invece un ricordo nitido Dieter Wagner, che racconta: "Anni fa andammo tutti insieme proprio da quelle parti. Andreas, che era amico di mia nipote e volava spesso insieme a lei, amava tremendamente le Alpi francesi. Volammo proprio a qualche chilometro da dove è precipitato l'aereo". Sono i luoghi intorno a Sisteron, dove le correnti ascensionali favoriscono il volo degli alianti, facendone un posto ideale per gli appassionati.
"Non ho mai notato nulla di strano in lui. Era un ragazzo assolutamente normale", è la risposta quando si citano le rivelazioni della procura sulla depressione e i certificati medici tenuti nascosti. A pochi passi, Ernst Mueller, altro socio della Westerwald LSC, mostra un ultraleggero biposto bianco scintillante, dalle lunghe ali, tenuto come un gioiellino: "Su un aereo come questo, se non proprio su questo, ha imparato a volare.
Questo modello ha un posto a sedere per l'insegnante. Poi si va liberi". Si può volare a partire dai 14 anni e si attraversano i vari livelli, A-B-C, fino ad ottenere una licenza. "Anche piloti Lufthansa insegnano qui". Ma il capitano Markus Sode, della compagnia di bandiera tedesca, raggiunto a 30 km da qui, rifiuta di parlare. Il ritratto del bravo ragazzo, che nessuno riesce a ritenere davvero un serial killer, esce fuori anche oggi fra le strade della cittadina che lo ha visto crescere, da quei pochissimi che sono disposti a parlarne. In chiesa, dove la madre suona come organista, il pastore di Saint Paulus, Johannes Seemann, non si sbilancia, e la moglie sottolinea che è "tenuto al silenzio professionale".
Il ginnasio che ha frequentato Andreas Lubitz, oggi è chiuso, per le ferie pasquali. Nella sua palestra Fit up, ti accolgono all'ingresso e con gentilezza, affermando risoluti che "nessuno può nè vuole parlare di quello che è successo. E i giornalisti sono pregati di andare via", è l'aggiunta con una mano che si alza a indicare la porta. In una gelateria italiana, Simona Nardelli, una pugliese originaria di Manduria, da 25 anni a Montabaur, è la prima a sbilanciarsi: "Veniva qui spesso da noi con altri ragazzi. Lo definirei come un ragazzo piuttosto schivo".
Simona lavorava un tempo nella fabbrica di vetro e mattonelle, ritenute un prodotto tipico della zona, che oggi si chiama 'Westfalià, e aveva incrociato sul suo percorso il padre di Andreas: "Lui era un dirigente dell'azienda, ora è in pensione". La famiglia agiata che vive nella bella casa cui si accede da una strada chiamata am Wassergrabe, in una zona nota come 'SpieBweiher', viene protetta dal vicinato. Nessuno parla volentieri con i molti giornalisti della stampa internazionale. Molte porte restano chiuse, tante critiche ai media se si prova col citofono, e alla fine solo Johannes, un giovane dall'occhio bendato, si concede alle interviste. "Conoscevo la famiglia solo di vista perchè abito proprio accanto. Incontravo spesso Andreas e mi è sempre sembrato un ragazzo normale, nessuno ha mai parlato nel quartiere di problemi come quelli che emergono in queste ore".
Aggiunge che Lubitz aveva uno stile di vita sano: "Non l'ho mai visto fumare, lo incontravo quando andava a fare jogging, e ci salutavamo quando portavo a spasso il cane". Se aveva una ragazza? "Forse in passato ricordo di averlo visto con qualcuna, ma non so se ci stava ancora". L'ossessione che si legge negli occhi di tante persone dallo sguardo contrito, anche nelle birrerie del paese, in cui in serata i locali si fermano a chiacchierare, viene rivelata ancora una volta dall'italiana: "Chiunque incontri ti dice che la famiglia di in questo momento va protetta, tutelata. Tutti si chiedono di quei poveri genitori". Travolti da una tragedia incommensurabile.