Barcellona, il piano dei terroristi puntava a centinaia di vittime Caccia al presunto «regista»
Nuovi colpi di scena nelle indagini sulla strage della Rambla, il cui probabile autore materiale, il marocchino Younes Abuyaaqoub, dato per morto ieri è invece tuttora in fuga, inseguito dalle polizie di Spagna e Francia.
Secondo indiscrezioni degli inquirenti, il piano A dei terroristi islamici era «far saltare in aria» la Sagrada Familia, simbolo di Barcellona, con «enormi quantità di esplosivo» Tatp, quello con cui l’Isis ha firmato le sue stragi in Europa.
Nelle indagini è inoltre entrato di prepotenza come figura centrale un nuovo indagato, sospettato di aver svolto un ruolo chiave nelle stragi. È Abdelbaki El Satty, l’imam di Ripoll, la tranquilla (fino a ieri) cittadina dei Pirenei di 10mila anime, al 10% di origine marocchina, da cui venivano quasi tutti i 12 presunti membri della cellula. La polizia ha perquisito per tre ore oggi il suo appartamento.
È sparito da martedì dopo aver detto al suo coinquilino che andava in Marocco in vacanza dalla moglie e dai figli. Gli inquirenti sospettano possa essere stato lui a indottrinare e dirigere i ‘baby-terroristì marocchini di Ripoll e che possa essere uno dei due terroristi morti nell’esplosione del covo della banda mercoledì notte ad Alcanar.
Nella base operativa vicino a Tarragona, secondo gli investigatori, il gruppo preparava da mesi un grande attacco a Barcellona. Nell’appartamento dell’imam marocchino al 4 di Carrer Sant Pere la scientifica ha raccolto campioni biologici per compararne il Dna con quello dei resti umani trovati in mezzo alle macerie di Alcanar, accanto a tracce di Tatp ed a 106 bombole del gas con le quali i terroristi volevano rendere ancora più micidiale l’onda d’urto di tre furgoni bomba.
Mercoledì notte qualcosa è andato storto.
Probabilmente il Tatp, noto per la sua alta instabilità, è stato manipolato male e il covo è esploso. La cellula ha così dovuto rinunciare «all’enorme attentato» che pianificava a Barcellona e ripiegare su soluzioni più artigianali senza esplosivi sulla Rambla e a Cambrils, spezzando 14 vite umane e facendo 134 feriti. Tre gli italiani uccisi: oltre a Bruno Gulotta, 35 anni e Luca Russo, di 25, si è appreso oggi che anche Carmen Lopardo, 80 anni, da 60 in Argentina, è stata uccisa sulla Rambla.
Il piano A che i jihadisti di Ripoll preparavano da mesi doveva essere ancora più sanguinoso e spettacolare. Fonti dell’inchiesta hanno detto a El Confidencial che l’obiettivo del gruppo era la Sagrada Familia, il celeberrimo capolavoro di Antoni Gaudì visitato ogni giorno da migliaia di turisti. Per questo dovevano preparare «enormi quantità di esplosivo» ad Alcanar per i tre furgoni che sarebbero stati usati per «fare saltare in aria» il tempio. Un atto che avrebbe provocato una probabile ecatombe e un’onda d’emozione enorme nel mondo.
Ora la cellula, formata si ritiene da 12 persone, è praticamente distrutta. Cinque terroristi sono stati abbattuti dalla polizia a Cambrils, due sono morti nell’esplosione del covo di Alcanar, quattro persone sono in manette. Resta in fuga solo Abouyaaqoub, 22 anni, pure di Ripoll, che la polizia ora sospetta dopo varie indicazioni contraddittorie possa essere stato il killer della Rambla. È attivamente ricercato in Spagna ma anche in Francia, nell’ipotesi sia riuscito a passare la frontiera dei Pirenei. Dopo averlo escluso troppo in fretta, gli inquirenti verificano ora se non possa essere stato lui, fuggendo dalla Rambla, a forzare in auto un posto di blocco sulla Meridiana giovedì sera e a fuggire di nuovo a piedi lasciando nella vettura - dopo averlo ucciso - il cadavere del proprietario.
Sulla distruzione o meno della cellula ci sono state oggi le prime scintille fra Barcellona e Madrid dopo l’unità nazionale proclamata dopo la strage della Rambla. Il ministro degli Interni spagnolo Juan Manuel Zoido ha annunciato lo «smantellamento» del gruppo, subito pubblicamente smentito dal collega catalano Joaquim Form, un falco secessionista. La tregua scoppiata dopo la strage fra Madrid e Barcellona nella guerra sull’indipendenza della Catalogna potrebbe avere già le ore contate.[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1615821","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]]
Intanto, superato lo shock iniziale dell’attacco terroristico, Barcellona cerca di tornare alla normalità. Ma scoppiano le prime polemiche, incrinando l’unità di facciata dimostrata fino ad ora dalle autorità locali catalane e quelle nazionali. Forse l’attacco alla Rambla poteva essere evitato proteggendo, anche all’ultimo minuto, i luoghi emblematici e più turistici della città catalana, una delle più visitate e più a rischio.
Molti degli attentati jihadisti di questi ultimi tempi sono frutto di un piano ‘B’, poche ore dopo quello che può sembrare un incidente, non di rado con degli esplosivi, come quello successo ad Alcanar 24 ore prima dell’attacco alla Rambla. Ma anche stavolta è mancata l’intuizione che stesse per capitare qualcosa di tragico.
Intanto ha riaperto lo storico mercato de la Boqueria, che ha subito fatto il pienone nei suoi negozietti di jamon iberico e imbuditos vari, e nei vialetti interni, sotto le volte metalliche che ospitano i venditori di ortofrutta e di altri prodotti alimentari.
Dalle 10 di questa mattina, oltre 2mila persone, abitanti di Barcellona ma anche diversi turisti, si sono messi in coda per firmare il libro di condoglianze per le vittime dell’attacco jihadista, nel salone principale sotto un’imponente volta gotica del municipio della città, a poche decine di metri dalla famosa passeggiata che porta verso il porto, oggi più affollata che mai. Dietro ai quattro libri aperti alla firma, un cartello con lo sfondo nero recita ‘Barcellona città di pacè in 15 lingue.
La sindaca Ada Colau, in una conferenza stampa congiunta con il presidente catalano Carles Puidgemont, ha annunciato per sabato prossimo una mega-manifestazione antiterrorismo sotto lo slogan ‘No tinc por’ (Non ho paura). Colau ha chiesto a migliaia di persone di venire ai Jardinets de Gracia, che chiudono il Passeig de Gracia, la strada più elegante della città, dove partirà il corteo verso la Placa de Catalunya, dove nasce la Rambla.
All’esterno del palazzo che si affaccia su Plaza Sant Jaume, tra i rarissimi catalani presenti nel Barri Gothic che costeggia la Rambla, ormai diventato un enorme centro commerciale a cielo aperto per i turisti, tutti hanno l’impressione che si poteva far qualcosa di più per evitare l’attacco di giovedì.
Proteggendo meglio l’ingresso della passeggiata da Placa de Catalunya e con più intelligence, perchè l’esistenza di una cellula catalana dell’Isis era già stata evocata in passato.
«Che eravamo a rischio me lo ha detto spesso mio fratello, che lavora per i Mossos (la polizia catalana) - racconta Jironi, 33 anni, funzionario al comune -. A luglio sono stato a Roma e ho trovato rassicurante trovare i militari davanti ai principali monumenti, come la fontana di Trevi, o nelle piazze più importanti. Avremmo dovuto fare lo stesso anche noi».
Non è d’accordo Joan, 21 anni, studente in ingegneria che sta facendo un Erasmus a Marsiglia, «dove ci sono militari dappertutto, in gruppi di quattro come previsto dal piano antiterrorismo Vigipirate. Non c’è proprio un bel clima, a me i militari per le strade non piacciono. Avremmo dovuto potenziare l’intelligence, solo così si ottengono risultati concreti».
Colau che ha fatto una visita al mercato de la Boqueria appena riaperto, ricorda in tutte le interviste che la responsabilità antiterrorismo è condivisa tra il governo centrale e quello autonomo catalano. «Noi ci limitiamo a fare quello che ci chiedono e a fornire tutte le forze che loro giudicano necessarie», ha detto. Infatti all’ingresso della Rambla, dove il camioncino ha iniziato il suo percorso mortale a zig-zag tra la folla, ci sono ora due furgoncini blindati e diversi agenti in assetto anti-sommossa. Sono della Guardia Urbana, che dipende dall’Ajuntament di Barcelona. Puidgemont dal canto suo ha smentito le incomprensioni tra polizia nazionale e regionale, parlando di «collaborazione magnifica e di cooperazione totale».
La Rambla, infine, anche oggi ha ospitato una serie di manifestazioni. Quella dei musulmani (’siamo musulmani, non siamo terroristì e ‘non nel mio nomè gli slogan), e quella dei tassisti che hanno percorso la passeggiata con le loro auto in un infinito concerto di clacson. Numerosissimi i furgoncini blindati e gli agenti in tenuta antisommossa. In particolare davanti ai monumenti e alla banche. A fine giornata, i reali di Spagna, dopo aver visitato i feriti in ospedale, hanno deposto una corona di fiori sulla Rambla.