Il Giro riparte dal Trentino Il tappone Pinzolo-Aprica
Il 98° Giro d'Italia di ciclismo riparte dal Trentino, dopo avere osservato il secondo e ultimo giorno di riposo, domani scatta la sedicesima tappa, da Pinzolo ad Aprica (Sondrio), lunga 174 chilometri. È una frazione di alta montagna, con pendenze da brivido e un codice di difficoltà off-limits. I corridori saranno chiamati a superare cinque Gpm, per un totale di 4.500 metri di dislivello.
Il 98° Giro d'Italia di ciclismo riparte dal Trentino, dopo avere osservato il secondo e ultimo giorno di riposo, all'indomani della tappa Marostica-Madonna di Campiglio vinta all’ultimo scatto in salita dal basco Mikel Landa (Astana), con la maglia rosa Alberto Contador che ha dominato la scena controllando i tentativi dell'italiano Fabio Aru, secondo in classifica, compagno di squadra del vincitore. Domani, martedì, scatta la sedicesima tappa, da Pinzolo ad Aprica (Sondrio), lunga 174 chilometri. È una frazione di alta montagna, con pendenze da brivido e un codice di difficoltà off-limits. I corridori saranno chiamati a superare cinque Gpm, per un totale di 4.500 metri di dislivello. E Aru conferma che ci proverà in salita, pur nella consapevolezza di avere davanti a sé un grande campione come Contador.
Il percorso prevede inizialmente l'ascesa verso Campo Carlo Magno (in gran parte è la stessa salita affrontata ieri), quindi la discesa veloce su Dimaro e la successiva salita verso il passo del Tonale, dove, dopo l'arrivederci al Trentino e l'ingresso in provincia di Brescia, comincerà un'altra discesa, verso Ponte di Legno ed Edolo.
A quel punto partirà la prima salita verso l'Aprica, attraverso il paese di Santicolo, con pendenze attorno al 15 per cento nel primo tratto. Dopo Corteno Golgi, il gruppo rientrerà sulla Statale 39 e passerà una prima volta sul traguardo. Seguirà una discesa ampia e veloce nella prima parte, poi stretta e tecnica verso Stazzona.
Passaggio pianeggiante (l'unico della tappa) attraverso Tirano, per affrontare quindi il Mortirolo dal versante classico di Mazzo di Valtellina (con i 6 chilometri centrali al 12,2 per cento e punte del 18).
Discesa tecnica, ma a carreggiata ristretta nella prima parte, fino a Monno e a seguire fino a Edolo, dove si affronteranno una seconda volta i 14 chilometri che portano ad Aprica. Gli ultimi chilometri prevedono una strada interamente in salita, con dislivelli notevoli fra Edolo e Santicolo (pendenza massima del 15 per cento), ma che poi scemano verso l'arrivo, passando dal 5 per cento ai -5 chilometri, fino a raggiungere pendenze inferiori al 2 per cento negli ultimi 500 metri.
La larghezza della sede stradale all'arrivo è di 7,5 metri, con pavimentazione in asfalto e, tanto per cambiare, una leggera salita. Due i traguardi volanti della tappa: il primo dopo 92,8 chilometri, a Corteno Golgi; il secondo dopo 119,6 chilometri, a Tirano.
Cinque i Gran premi della montagna
Il primo dopo 13,3 chilometri, a Campo Carlo Magno (prima categoria), a quota 1.681 metri, quando i corridori affronteranno una salita lunga 13,3 chilometri
Il secondo dopo 55,5, sul Passo del Tonale (seconda categoria), a quota 1.882 metri: si tratta di una salita lunga 15,3 chilometri, con un dislivello di 926 metri, una pendenza media del 6,1 per cento, massima del 10.
Il terzo al primo passaggio dall'Aprica (terza categoria), dopo 100,9 chilometri e a quota 1.173: è una salita lunga 14 chilometri, con un dislivello di 485 metri, una pendenza media del 3,5 per cento, massima del 15.
Il quarto sul Passo del Mortirolo (prima categoria), dopo 140,7 chilometri, a 1.854 metri: la salita è lunga 11,8 chilometri, presenta un dislivello di 1.289 metri, una pendenza media del 10,9 per cento, massima del 18
Il quinto sul traguardo dell'Aprica, dopo 174 chilometri.
La tappa partirà da via Campiglio, sulla Statale 239 di Pinzolo, alle 11,50; l'arrivo è previsto ad Aprica, in corso Roma, fra le 17 e le 17,30.
In passato per sette volte Aprica è stata sede d'arrivo di una tappa del Giro d'Italia: nel 1962 (vittoria di Adorni), nel 1990 (il venezuelano Sierra), nel 1991 (Chioccioli), nel 1994 (Pantani), nel 1996 (Gotti), nel 1999 (lo spagnolo Heras), nel 2006 (Basso).
Cinquantatre anni fa, come domani, dunque, l’Aprica per la prima volta svelava le insidie di una salita che sarebbe entrata nella storia del Giro d’Italia.
Era il 1962 e, dopo 215 km di fatica, in una tappa partita da Moena, trionfò Vittorio Adorni, che quest’anno celebra il cinquantenario della conquista dell’unica corsa rosa di una carriera magnifica.
Adorni fu il primo a tagliare il traguardo su una salita dove poi avrebbero trovato gloria gente come Pantani, Basso, Chioccioli, tanto per fare dei nomi. «Quel giorno si correva la quindicesima tappa - ricorda Adorni - e avevo già sfiorato la vittoria nella frazione fermata sul Rolle, per la neve. Il giorno prima, nella tappa vinta da Vincenzo Meco, ero in fuga con lui: fu a quel punto che si avvicinò il ds Fiorenzo Magni e mi disse "dove vai? Rischi di scoppiare, piove, fa freddo e ancora manca tantissimo. Stai tranquillo". Seguii il suo consiglio, rallentai nei pressi di San Martino di Castrozza e aspettai Carlesi, che era il capitano della squadra: era in crisi e sul Rolle persi 9’. La sera Magni mi guardò e disse: "Se ti avessi lasciato via libera avresti vinto?". E io dissi di sì. L’indomani mi lasciò libero, andai in fuga dopo Malè, superai il Tonale e arrivai da solo, con 3’30» circa di vantaggio. Al Giro vinto da Balmamion finii 5/o. Però Aprica e Adorni, nel segno della lettera a, erano ormai storia».
Ma domani è un’altra corsa e Adorni pensa che «l’Aprica faccia da contorno al Mortirolo, il piatto forte della tappa».
«Non so cosa voglia fare Contador, non so se Aru attaccherà - dice -. Ieri Contador è andato un pò meglio del sardo. Il giorno prima c’era stata la crono e, a chi non è uno specialista, quel tipo di prova resta nelle gambe. Domani ci sarà una tappa importante, perchè il Mortirolo fa paura a tutti».
Manca però la cultura del rischio nel ciclismo di oggi.
Mancano le imprese, gli attacchi. No, Adorni? Il vincitore del Giro 2015 dice: «Molte volte manca più che altro il coraggio, nel ciclismo bisogna rischiare. A volte può darsi che ti riprendano, altre volte non accade. In ogni caso, la gente chiede l’impresa alla Pantani, ai tifosi non interessa uno scatto ai -500 metri per guadagnare 2". Il nostro è uno sport in cui la gente ha fame di spettacolo».
Aru, classifica alla mano, sembra l’unico in grado di impensierire re Contador, signore e padrone del Giro. «Ha 24 anni, è secondo in classifica, alla sua età bisogna osare.
Poulidor, in Francia, ha guadagnato la stessa popolarità di Anquetil, pur arrivando sempre alle sue spalle. Ci vuole coraggio, un pò di pazzia. Se va male, pazienza; ma, se va bene, entri nella storia dello sport. Se Aru riuscisse ad andar via sul Mortirolo, la gente lo amerà per sempre».
Adorni nel 1968 vinse un Mondiale «da pazzi», come egli stesso ammette: «Andai in fuga ai -230 km e vinsi con 10’ di vantaggio. La gente ancora ricorda la mia impresa: se avessi vinto in volata, nessuno se ne sarebbe più ricordato».
«Il Giro - conclude - finora è stato bello, a detta degli stessi corridori, e impegnativo. Contador non è l’ultimo arrivato ma, se si vuole tentare qualcosa, bisognerà cominciare domani. Ieri hanno cercato di isolarlo, ma alla fine si è capito che Aru non aveva le gambe. Porte e Uran? Che delusione. Non credo che il colombiano avesse la condizione di un anno fa, l’australiano ha commesso vari errori e torna a casa. Il bello, però, viene adesso. Aru deve provarci sempre, fino alla fine; nella peggiore delle ipotesi diventa il vincitore morale».
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