Autonomia bellunese, scade il termine ma Zaia frena: è scontro
Lo Statuto regionale del Veneto approvato un paio d’anni fa prevede condizioni particolari di autonomia amministrativa, regolamentare e finanziaria per la provincia di Belluno, con il trasferimento di numerose competenze.
La legge quadro (numero 25) che applica questa norma generale è stata varata lo scorso 8 agosto e stabilisce un termine di sei mesi per definire concretamente gli ambiti nei quali Belluno potrà muoversi in autonomia.
In altre parole, in questi giorni la Regione Veneto è tenuta, testualmente, a trasferire realmente al territorio dolomitico le funzioni amministrative e la relativa potestà regolamentare in materia di politiche transfrontaliere, minoranze linguistiche, governo del territorio e tutela del paesaggio, risorse idriche ed energetiche, viabilità e trasporti, foreste, caccia e pesca, sostegno e promozione delle attività economiche, dell'agricoltura e del turismo, nonché in altri settori che potranno essere previsti dalla legislazione regionale.
Ma da Venezia, invece, il presidente Luca Zaia (Lega Nord) manda a dire ai montanari, tramite interviste sui media locali, che "per l'autonomia bellunese non ci sono i soldi" e scarica le responsabilità sul governo nazionale. Il capo della giunta veneta utilizza frasi del tipo "non voglio dire balle alla gente: se Roma non trasferisce i fondi necessari, un trasferimento di competenze a Belluno sarebbe solo una presa in giro senza le risorse economiche necessarie".
L'esponente del Carroccio ormai sta entrando in campagna elettorale per la sfida primaverile contro Alessandra Moretti del Pd e gli altri aspiranti alla guida della Regione. E questo scenario spiega il livello di un botta e risposta sulle responsabilità, con il governo veneziano di centrodestra che incolpa Roma, mentre gli esponenti bellunesi del Pd accusano Zaia di inerzia e ora di volersela cavare a buon mercato con uno scaricabarile per depistare i montanari traditi.
A Zaia, dopo le sue dichiarazioni perentorie sul vicolo cieco in cui sarebbe finita la faccenda, replica secco il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard), invitando il governatore ad assumersi "le responsabilità di dare applicazione alla legge sulla specificità di Belluno".
Il movimento politico, che alle scorse Europee ha contribuito alla rielezione del sudtirolese Herbert Dorfmann, sottolinea: "Non possiamo attendere oltre. Il governo ha le sue colpe ma le competenze con le risorse previste dalle ultime leggi per la Provincia di Belluno, interamente montana e confinante con stato estero, devono esserci trasferite senza ulteriori rinvii. Autonomia non vuol dire solo risorse, che pure servono. Significa decidere come impiegarle nell’ambito delle competenze che ci spettano. Non scarichiamo la colpa solo sul governo. La Regione Veneto faccia la sua parte attuando quanto sancito per legge. Dimostri di avere il coraggio di reagire concretamente al centralismo romano. Risponda dando fiducia al territorio periferico di Belluno. Questo è quello che chiediamo con fermezza e determinazione".
Nelle prossime settimane sarà interessante osservare come si svilupperà lo scontro politico, come reagirà il consiglio regionale all'annunciata trasgressione malgrado si tratti di un processo legislativo avviato con convinzione appena sei mesi fa. Sarà utile anche vedere come si muoverà in proposito la candidata del Pd, già bersaniana e oggi europarlamentare fedelissima del premier Renzi che ha fortissimamente voluto una riforma delle Province ordinarie (elaborata dall'attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio Graziano Delrio) che ha determinato la cancellazione di questo livello dell'articolazione democratica e un notevole caos funzionale (anche in relazione al destino e all'utilizzo del personale in pianta organica).
Per quanto riguarda la vicina provincia di Belluno, l'ente gode di qualche prerogativa in più,. una concessione fatta dalla nuova riforma ai soli territori interamente montani (cioè anche Sondrio e il Verbano-Cusio-Ossola), ma ora resterà da vedere come ciò potrà tradursi in una reale capacità di governo dell'area vasta alpina in questione.
L'ente bellunese, dopo quasi tre anni di commissariamento in attesa della riforma nazionale, è stato varato nell'ottobre scorso nella nuova forma ridotta prevista dalla legge Delrio: dieci membri e un presidente, non scelti dai cittadini ma eletti dai consiglieri comunali. Una composizione e una modalità di elezione che evidentemente fanno a pugni con la prospettiva di attribuzione di forti competenze autonome: si pone infatti un ineludibile problema di rappresentanza popolare sul quale al momento insiste soprattutto lo stesso movimento Bard, chiedendo l'immediato ritorno a una Provincia eletta direttamente dai cittadini.
Nel frattempo, muove i primi passi la gestione affidata alla presidente Daniela Larese Filon, sindaco di Auronzo di Cadore (occuparsi delle Province nel dopolavoro e nel tempo libero è un po' la ratio della riforma Delrio).
Al momento non è chiaro quale sia il disegno strategico della esponente del centrosinistra, in passato già assessore provinciale dei socialisti, eletta peraltro nell'ambito di un'intesa "comunale" con la minoranza di centrodestra.
Sulle prospettive che si dà il nuovo governo provinciale si interroga anche il presidente di Confartigianato Belluno, Giacomo Deon, che nei giorni scorsi ha inviato una lunga lettera aperta alla presidente provinciale invitandola a una maggiore tenacia e condannando le dichiarazioni "di resa" di fronte all'ennesimo schiaffo veneziano e romano.
Eccola. «Ci siamo chiesti se la Provincia di Belluno lavora avendo presente un piano strategico oppure se siamo ancora fermi alle fasi preliminari. In altre parole, se in attesa dell’“atto ricognitivo” sulle deleghe che ci spettano per legge regionale anche noi stiamo facendo un “atto ricognitivo” su quello che vogliamo fare fra 10 o meglio 20 anni: se vogliamo essere ancora più lungimiranti.
Mi scusi Signora Presidente, le risorse sono importanti, ma siamo perplessi sulle dichiarazioni di resa nei confronti di Venezia o di Roma.
Minacciare la restituzione delle deleghe di autonomia non ci sembra il modo più opportuno per contrattare con Venezia e Roma le risorse corrispondenti alle nostre necessità provinciali.
In altre parole, dire a Venezia e a Roma “vi restituiamo le chiavi di casa” equivale a dire liberi tutti: questo territorio non è più nostro, ciascuno faccia un po’ come vuole.
Una specie di “si salvi chi può”. Possibile che il nostro orgoglio si fermi alle prime difficoltà? E allora abbiamo un piano? Su quali basi abbiamo impostato la contrattazione con Venezia e Roma? Ecco perché insisto sul piano strategico da cui potrebbero scaturire economie e risparmi di gestione - che sarebbe opportuno quantificare - tali da trattenere più risorse a Belluno. Non abbiamo la verità in tasca, ma avviamo una discussione che, però, abbia tempi certi. Perché non considerare una razionalizzazione del servizio sanitario in Provincia di Belluno? Le due Usl non potrebbero, perlomeno, integrarsi sul piano organizzativo?
Con le nuove prerogative di autonomia alla Provincia, sono ancora attuali le condizioni per cui è stato costituito il consorzio Bim Piave?
Perché non avviare uno studio per razionalizzare e ottimizzare il servizio di trasporto pubblico locale ferro-gomma? Perché non riorganizzare la formazione professionale in base alla qualità certificata, del rapporto con le imprese, dell’innovazione di processo e di prodotto?
Perché non procedere subito all’attuazione dell’articolo 4 della legge 25/2014, per dare priorità alle imprese bellunesi in materia di appalti pubblici? Perché non introdurre misure di semplificazione burocratica per rendere più efficienti gli uffici comunali, concentrando le migliori competenze in Provincia che potrebbe diventare un “centro-servizi” dei Comuni bellunesi.
Nel settore edile, soprattutto, ci sono inefficienze burocratiche da sanare. C’è la necessità di coordinare un’azione di lungo respiro in materia di banda larga, attingendo alle risorse dei fondi comunitari relativi al programma Europa 2020, di Agenda digitale. In campo turistico, stanti le difficoltà di reperimento delle risorse, perché intanto non eliminiamo le inefficienze e gli sprechi derivanti dal non avere una regia unica provinciale e una strategia unica di intervento? Per completare il decalogo, poniamo attenzione al mondo agricolo e forestale da cui scaturisce un’integrazione con la piccola imprenditoria artigianale, dove sono le prospettive per l’imprenditoria giovanile.
Abbiamo fatto il conto dell’ammontare sulla riduzione di spesa degli interventi che ho elencato? Abbiamo guardato anche in casa nostra e considerato le difficoltà nel mettere insieme i bellunesi e le loro aggregazioni territoriali perché la questione delle risorse non diventi un alibi? I 67 Comuni bellunesi sono disposti a perdere un po’ di sovranità a vantaggio della Provincia di Belluno?
I cittadini dovrebbero conoscere gli sprechi causati dalle inefficienze dei Comuni, magari facendo riferimento ai costi standard o ad altri meccanismi che Ella Presidente, vorrà adottare.
In buona sostanza, Signora Presidente, perché non parlare del nostro futuro con quello che già oggi noi potremo fare?
Ben inteso che sulle risorse è giusto sostenere, con la schiena dritta, il contenzioso con la Regione e lo Stato per le necessità della Provincia, anche in ordine all’autonomia delegata, e far presente alla cosiddetta “pianura” che la cura della montagna per le risorse di cui dispone va a vantaggio di tutti. Se dovesse essere necessario un presidio in Regione Veneto per esprimere anche fisicamente la necessità del nostro territorio, la Confartigianato di Belluno è pronta a unire le forze. Un’assise dei bellunesi per decidere sul loro futuro.
La parola corretta sarebbe gli “Stati generali”. Un’assise che individui un percorso democratico che porti a scelte condivise e importanti per il futuro di noi bellunesi»,