Shop Center, al lavoro 7 giorni su 7 Commessi stremati: «Ridateci la vita»

di Giorgia Cardini

«Non siamo più persone. Siamo solo numeri. Che producono fatturato».
È questo uno dei passaggi più amari della lettera che una giovane commessa di un negozio dello Shop Center, laureata e specializzata ma che non trova lavoro nel suo ramo (come tantissimi giovani), ha scritto nei giorni scorsi al sindaco di Pergine, Roberto Oss Emer.
Oggetto dello sfogo, il lavoro sette giorni su sette, dal lunedì pomeriggio alla domenica, senza potersi avvalere del diritto al riposo. Una condizione che,insieme a turni comunicati il giorno prima per quello seguente, secondo la ragazza, mette in difficoltà tantissimi addetti alle vendite, per lo più giovani, assunti con contratti precari e dunque «ricattabili».

«È da anni ormai che il problema si ripropone senza alcun riscontro - scrive l’addetta -. Ma solo per paura. Paura di esporsi e perdere il posto di lavoro. Siamo un bel numero di dipendenti che vorrebbero poter passare liberamente domeniche e festivi a casa con le nostre famiglie, i nostri amici, i nostri figli».

«Un problema già mangiato, masticato e metabolizzato in più modi - scrive la ragazza - attraverso sindacati, attraverso petizioni e scioperi. Che mai si sono realizzati a dovere per la paura di sentirci dire: “Quella è la porta”. Nella totale consapevolezza che è diritto del lavoratore poter rifiutare il lavoro festivo, ma con altrettanta coscienza che i nostri “capi” non ci metterebbero un secondo a dirci “di numeri come voi ne trovo quanti ne voglio”. Perché non siamo più persone. Siamo solo numeri. Che producono fatturato».

La richiesta, nella lettera, è se sia possibile ritornare al vecchio regime, chiudendo il centro commerciale le domeniche di almeno due mesi e i giorni festivi infrasettimanali coincidenti con alcune ricorrenze nazionali e internazionali (la Festa del lavoro il 1° maggio, la festa della Repubblica il 2 giugno): «So pienamente che questa è una richiesta che può sembrare arrogante, ma io porto la voce di centinaia di miei colleghi, stanchi di dover sacrificare tutta la loro libertà in nome del lavoro. Un lavoro che sì, è necessario, ma che è anche superfluo e sconveniente, se i fatturati non sono superiori alle spese».

Ma non è solo un problema economico, è anche un problema di stili di vita di chi, la domenica e i festivi, riempie il centro commerciale solo per passeggiare, negando a se stesso i panorami che offrono laghi e montagne. Un fenomeno, quello delle «piazze artificiali» studiato dai sociologi, che trasforma i corridoi dello Shop Center in un «parco dove le persone pascolano senza alcun motivo, non sapendo come spendere il loro tempo», prosegue la lettera, del tutto indifferenti (o peggio) nei confronti di chi, dall’interno dei negozi, li guarda e deve magari girarsi i pollici per un’intera giornata.

«Siamo più dell’80%, ormai, a fregarcene di un 20-30% di maggiorazione, quando siamo talmente stanchi da non poterla nemmeno spendere - scrive ancora la commessa - Cosa ce ne facciamo di 50 euro in più, quando non abbiamo il Tempo? Piuttosto di soldi, dateci Tempo. Tempo da vivere e condividere. Dateci la possibilità di non alienarci. Siamo tutti più o meno 20-30enni, ma con un animo vecchio. Disgregato. Frustrato». La domanda allora, è quella di una chiusura domenicale almeno parziale.

La conclusione della lettera? «La mia pausa pranzo sta finendo. Scusi, signor sindaco, per gli eventuali errori di ortografia, ma ho scritto con particolare velocità. Perché non ho tempo. Perché noi non abbiamo tempo».

Secondo la Cgil, si dovrebbe prendere esempio da quanto fatto in Friuli Venezia Giulia. Lì dal 1° novembre 2016 è scattato l’obbligo di chiusura per dieci festività


 

IL DIRETTORE MORELLI: «FINITI I TEMPI D'ORO»

«Se la giunta provinciale proponesse una legge che stabilisse delle domeniche di chiusura o anche la completa chiusura domenicale e festiva dei centri commerciali e degli altri esercizi, sicuramente non sarei contrario. È evidente, infatti, che lavorare la domenica comporta margini di redditività ridottissimi».

Il direttore dello Shop Center Valsugana di Pergine, Marco Morelli, commenta così la lettera scritta da una commessa del centro commerciale al sindaco di Pergine. Il complesso dei 58 negozi diretto da Morelli anche nel 2016 ha registrato numeri importanti: il dirigente parla di 3,4 milioni di visitatori (erano 4 milioni nel 2013) con una media infrasettimanale di 7mila persone che salgono a 13-15mila il sabato e la domenica.

«Ma i tempi d’oro sono finiti - ammette Morelli -. Prima della liberalizzazione noi aprivamo di domenica per 10 mesi all’anno, mentre i nostri concorrenti trentini, veneti e altoatesini potevano aprire solo per 8 domeniche l’anno circa. In quella situazione, per noi la domenica significava il 30% degli ingressi settimanali. Diciamo che se c’erano 70mila ingressi, 20mila si facevano solo di domenica».

Con il decreto SalvaItalia del governo Monti, dal 2012 tutti invece possono aprire nei festivi: «Così, è successo che tutti i nostri competitor ne hanno approfittato, dal Millennium di Rovereto al Twenty di Bolzano, dalle Valli di Borgo ai veneti Grand’Affi, Grande Mela e Corti Venete. E se prima eravamo l’unico polo di attrazione sovraregionale, da tre anni non lo siamo più».

Inoltre, aggiunge Morelli, «ora non sono aperti solo i centri commerciali, ma anche i supermercati sotto casa, persino quelli della Cooperazione. Prima, invece, solo il nostro Poli lo era e tutti venivano qui a fare la spesa».

Però, spiega il direttore, da qui a dire che non conviene più tenere aperto, ce ne passa: «È vero che sono calati gli ingressi domenicali, però la domenica rimane comunque il giorno in cui si lavora di più, almeno in questi termini. E un centro commerciale deve tener conto degli ingressi perché chi viene nel festivo magari non fa acquisti in quel giorno, ma torna poi durante la settimana per farli. Ed esiste una regola non scritta per cui nel commercio devi seguire quello che fa il tuo concorrente. Tra l’altro, siamo l’unico centro commerciale rimasto che fa mezza giornata di chiusura: il Millennium, il Top Center e il Bren Center ora aprono anche il lunedì mattina. Insomma, nn possiamo permetterci di chiudere, se gli altri sono aperti».

Detto questo, però, Morelli accoglierebbe senza rimpianti una pausa settimanale imposta per legge. E a fronte del calo di acquisti durante il periodo dei saldi, la considerazione finale è: «Anche i saldi ormai hanno perso di significato, con la legge che in Trentino consente vendite “particolarmente favorevoli” per tutto l’anno».


«TURNI COMUNICATI ALL'ULTIMO MOMENTO»

Il malcontento espresso dalla giovane addetta alle vendite nella sua lettera è condiviso da altre commesse impiegate nei negozi del centro commerciale, che sottolineano la difficoltà di organizzare la propria vita: «Io dovrei sapere il sabato precedente quali turni farò nella settimana successiva - spiega una di loro -, invece oggi non so ancora in quali ore dovrò lavorare domani». Evidenti i riflessi negativi sulla possibilità di gestire impegni familiari, hobbies e amicizie.

«Gli affari sono calati decisamente - commenta un’ altra addetta - anche del 30% e questo ha comportato licenziamenti e diminuzioni di ore contrattuali, ma nonostante tutto dobbiamo lavorare la domenica. Guai rifiutarsi».

Non solo: «Tempo fa si parlava di estendere l’orario di apertura fino alle 22, ma questa follia pare rientrata, forse considerando che non ci sono margini sufficienti», osserva un altro commesso. Un orario 9-22 comporterebbe infatti la necessità di assunzioni, con costi insostenibili per molti piccoli esercizi che, anche facendo capo a catene, contano solo su un paio di addetti.

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