Graffiti e scritte sui muri Viaggio nelle strade di Trento
Vandalismo o arte? Agli occhi dello spettatore comune il confine fra un’espressione di sé e uno sfregio quando si parla di graffiti e street art è molto sottile. Ma dal punto di vista di un writer, la differenza è sostanziale: «C’è una mancanza culturale anche da parte della popolazione comune - spiega un appassionato dell’arte delle bombolette che preferisce rimanere anonimo - tendenzialmente quando si vede qualcosa su un muro che va dalle lettere alle scritte complete a chi lascia slogan politici e chi lascia la propria firma, c’è una confusione di fondo. Tutte queste manifestazioni, spesso, al cittadino comune infastidiscono alla stessa maniera, per me che sono parte di questo mondo quando vedo una firma nuova vedo la base e l’inizio di qualcosa.
La firma, il tag, è uno studio calligrafico, è la base di un’espressione artistica in costruzione. Per quanto sia illegale per la superficie sulla quale ci si esprime, se lo scopo principale non è deturpare ma c’è una ricerca espressiva, è arte. Le scritte che hanno come scopo lanciare un messaggio politico o solo la voglia di sporcare, quelle sono un’altra cosa». A volte distinguere è obiettivamente difficile: i muri dei vicoli, i cestini dell’immondizia, i quadri elettrici, le serrande dei negozi, i vecchi portoni del centro di Trento sfoggiano tutti la loro babele di scritte, nere, colorate, a pennarello o bomboletta spray. Basta passeggiare infilandosi nei vicoletti, negli spazi riparati dove un writer riesce a rubare qualche minuto in più per comporre la sua creazione prima di essere scoperto per scovare un melting pot di scritte e colori, dalle più semplici alle più complesse.
Capire le intenzioni del writer e giudicare la capacità tecnica non è facile, ma l’arte dei graffiti che all’occhio esterno appare caotica ha le sue regole: «Le regole possono cambiare da città a città in alcuni particolari, ma i writer hanno un codice condiviso - spiegano - che viene trasmesso da writer a writer. Intanto se di arte parliamo allora vuol dire che anche l’altra arte va rispettata perciò ci sono luoghi che non vanno toccati: non si va a sovrapporre una scritta su un monumento, un palazzo di pregio, o una scultura. Poi la firma deve avere alle spalle una ricerca calligrafica di un certo impatto, va privilegiata al piacevolezza della lettura nella propria scritta».
La propria firma è un “tag” in gergo e sui muri di Trento ci sono tag vecchi di un ventennio: «La percezione è che i writers siano aumentati, ma su tantissimi muri io vedo una sovrapposizione di scritte e quelle più vecchie sono degli anni Duemila. Il fenomeno è forse più in superficie grazie anche ad alcune forme di legalizzazione, ovvero degli spazi liberi dove si permette ai ragazzi di scrivere, che aiutano i giovani più motivati ad intraprendere un percorso artistico, ma l’anonimato rimane un elemento molto forte di quest’arte quindi quantificare quanti siano i writer trentini è molto difficile. La qualità sta aumentando, nonostante Trento sia una città molto controllata e quindi i tempi per creare qualcosa siano sempre molto limitati. È chiaro che in città come Milano dove si può accedere a spazi tranquilli fin dal pomeriggio si riesce a produrre qualcosa di artisticamente più rilevante».