«Folgaria, milioni pubblici per coprire i debiti degli impianti Ma quel modello di business turistico non può reggere»
Scrivo dopo avere letto l'articolo «Folgaria, per Carosello Ski ecco 13,5 milioni di euro». Il mio interesse è dovuto al fatto che nel 2007 terminai una tesi specialistica incentrata proprio sullo sviluppo degli impianti da sci tra i Comuni di Folgaria e Lastebasse e sulla sostenibilità economica e ambientale del progetto che prevedeva la realizzazione di quattro piste da sci di una pendenza media del 12%, 42.000 metri cubi di lottizzazioni a Fiorentini (VI), 6.000 metri cubi a Serrada, 21.000 metri cubi a Fondo Grande e la costruzione di un bacino artificiale di 100.000 metri quadrati vicino a Passo Coe.
In fase di progettazione il costo era stimato in 60 milioni di euro sovvenzionati per 20 milioni da privati, 30 da istituti di credito e 10 da azionisti pubblici. Al tempo la Carosello Ski era debitrice nei confronti degli istituti di credito per 14 milioni di euro e sottolineai la problematicità del rimborso del debito pregresso e la pericolosità di un accollo di ulteriori 30 milioni per una società in difficoltà. I passaggi stagionali nel comprensorio di Folgaria erano pari a 3,4 milioni e per rendere sostenibile il progetto sarebbe stato necessario un aumento dei passaggi fino all'esorbitante cifra di 7-7,5 milioni. In questi anni non ho più analizzato i bilanci ed i numeri della Carosello Ski ma mi pare evidente che non siano stati raggiunti gli obiettivi per rendere sostenibile dal punto di vista economico quell'ampliamento che, tra l'altro, deturpò la zona delle Valle delle Lanze.
Nell'articolo il presidente della Carosello Ski afferma di voler trovare una forma di equilibrio finanziario. Viene utilizzata la parola rilancio e permane la ferma convinzione che l'unica via da percorrere per il futuro sia quella degli impianti da sci rivendicando gli investimenti onerosi dei decenni passati. Mi ha lasciato particolarmente interdetto il seguente passaggio dell'articolo «Dobbiamo metterci in gioco capendo che questo è un nuovo punto di partenza, è un'operazione che guarda al futuro». Faccio fatica a condividere questa frase, e ne avrei discusso volentieri nel 2007 con i due ex sindaci di Folgaria promotori del progetto anche se i miei tentativi, non utilizzo il plurale a caso, di intervistare Olivi e Cappelletti non vennero accolti.
Nella tesi analizzai tre bilanci della Carosello Ski e Impianti Maso: le due società per ripianare i debiti accumulati dall'attività aziendale ebbero bisogno di consistenti contributi provinciali. Rimarcai il fatto che l'erogazione di contributi del 2006/2007, (4,4 Mln) avrebbe coperto le perdite pregresse e determinato un utile fasullo non risolvendo il problema della mancata redditività imprenditoriale. Mi sembra che in questo lasso di tempo siano solo aumentate le cifre dell'indebitamento e che la situazione non sia cambiata. Quell'esborso del 2006/2007 non servì a far ripartire il settore nel comprensorio sciistico che, al contrario, rischia ora il collasso. Mi permetto di evidenziare che l'articolo del 24 agosto scorso non spiega quale piano industriale innovativo sia stato presentato. Utilizzo non a caso il termine innovativo perché mi rifiuto di credere che venga concesso un cospicuo contributo (12,5 Mln) senza avere una garanzia che non si ripeta quanto accaduto in passato.
Il mercato sciistico presenta alcune criticità che si sono aggravate negli ultimi anni. Ogni prodotto ha un ciclo di vita e le attività correlate allo sci sono nella fase della maturità: quella che precede la fase del declino. Lo sci deve fronteggiare mercati emergenti di turismo alternativi estremamente concorrenziali. È inoltre un dato di fatto che stia diminuendo la propensione alla cosiddetta vacanza lunga, (settimana bianca), che rese negli '60-'70 le piccole comunità del Trentino ricche. A tal proposito il numero di seconde case a Folgaria è a dir poco spropositato (3.500 a fronte delle 1.600 abitazioni dei residenti) e questo crea grossi problemi al settore alberghiero della località che pure si è sviluppato negli ultimi anni con progetti altamente discutibili. La clientela più abbiente è esigente e vuole un comprensorio in perfetto stato, con piste di varia difficoltà e lunghezza, un panorama invernale, percorsi ben innevati in qualunque periodo della stagione e tanti servizi che esulino dalla mera pratica dello sci.
La mia tesi analizzava il problema della durata del manto nevoso al suolo, rimarcando la correlazione con l'aumento delle temperature massime invernali. Il mercato più importante è diventato quello dell'Est Europa che in termini di presenze ed arrivi riesce in parte a sopperire alla crescente disaffezione dei giovani italiani. Purtroppo la clientela proveniente dall'est europeo ha una spesa pro capite modesta che determina criticità per l'indotto delle attività commerciali delle zone sciistiche. Le circa 400 stazioni nelle Alpi offrono prodotti standardizzati, quasi tutti giunti a maturità o allo stadio della saturazione. Secondo uno dei più stimati climatologi italiani, Luca Mercalli, bisogna prendere atto del fatto che lo sci a 1.500 metri non avrà più senso nel prossimo futuro.
In Svizzera le banche elvetiche hanno smesso di finanziare impianti posti al di sotto di 1.500 metri di quota. In Francia la stazione sciistica di Abondance, posta a 1.300 metri, ha chiuso proprio a causa del mutamento delle condizioni climatiche. La naturale conseguenza è che solo le stazioni poste ad alta quota e che sapranno offrire e garantire l'eccellenza potranno sopravvivere perché potranno contare su un parco clienti di qualità disposto a pagare per avere un servizio eccellente. La congiuntura economica ha reso la pratica dello sci un'attività non più alla portata di tutti accelerando il processo di crisi e difficoltà evidenziato, comunque già in atto. Il paese di Folgaria grazie a discutibili politiche di sviluppo di un comprensorio sciistico dalle modeste potenzialità (bassa quota e pendenze moderate) perpetrate nei decenni è in crisi. Gli impianti hanno dei costi fissi, di gestione e manutenzione che non sono sostenibili allo stato attuale. Paradossalmente gli esborsi di denaro pubblico, erogati forse con l'intento di aiutare la comunità, hanno contribuito ad appesantire la situazione ed accentuare la crisi.
Non hanno avuto una visione di lungo termine e non hanno preso in considerazione le variabili qui sommariamente esposte; il risultato è che ora Folgaria è diventata sempre più dipendente da una monoeconomia in stallo.
Ora viene definito essenziale questo nuovo esborso per non far morire la località che per oltre 2/3 è legata allo sci. In effetti temo che sia proprio così. Se dovesse fallire la società ne risentirebbe tutta la comuntà perché ormai è legata a doppio filo a un settore in crisi. Mi arreca un enorme fastidio constatare che la realizzazione di quel progetto di ampliamento, aspramente contestato nel 2007 per le forti criticità economiche ed ambientali, è stata sovvenzionata anche da soldi pubblici. Gli stessi che ora sono necessari per non mettere in ginocchio un intero paese. Se veramente verrà salvata la Carosello Ski, Folgaria deve provare, sempre che sia in tempo, a uscire dalla sua monoeconomia, abbandonare definitivamente folli ed anacronistiche prospettive di ampliamento e crescita ed impegnarsi a sviluppare progetti locali con il solo scopo di cercare di dimuire sensibilmente la dipendenza dallo sci e differenziare al massimo la sue proposte turistiche nel minor tempo possibile.
Nel 2007 scrissi esattamente questo e a otto anni di distanza lo ripeto. È infatti certo che questa nuova liquidità non farà ripartire il mercato sciistico a Folgaria. Un ulteriore esborso di denaro pubblico e privato potrà calmierare la situazione nell'immediato, comperando a caro prezzo del tempo, procrastinando un problema di dimensioni maggiori nel prossimo futuro. Troppo spesso questi foraggiamenti si limitano ad una visione di brevissimo termine; la buona politica, a mio avviso, dovrebbe avere il buon senso di guardare al dopodomani e tentare di predire quali saranno gli scenari futuri.