Il dolce far niente dei bimbi
Il sospetto lo avevo da tempo. Inutile fare i salti mortali per far divertire i miei bimbi. Inutile proporre loro gite con partenza all’alba (anche se per raggiungere mete da favole) o viaggi a cinque stelle. I miei figli, ma a questo punto ho la conferma che non sono solo i miei, prediligono la tranquillità, il dolce far niente, le abitudini, la normalità. Quella estiva, certo, fatta di giochi d’acqua, di case costruite coi rami d’albero, del giocare a nascondino quando è già buio.
La conferma che il «problema», se tale si può definire, non è solo mio mi è arrivato da un sondaggio che ha coinvolto 1.500 bimbi e 2.000 genitori, evidenziando un divario di percezioni e gusti notevole tra piccoli e grandi riguardo il modo di vivere l’estate. Mentre gli adulti si accaniscono a cercare mete lontane e a volte bizzarre nella speranza di dare vacanze da favola ai loro figli, questi ultimi spesso vorrebbero un’estate molto più sobria.
Ammetto che la cosa da una parte mi tranquillizza (nel senso che posso un po’ rilassarmi) dall’altra non mi trova del tutto d’accordo. Se guardo i miei figli, anche ora che sono in montagna, non si schioderebbero dal giardino di casa e rimarrebbero tutto il pomeriggio a giocare con un’ape agonizzante o un pezzo di pasta-pane. Ben che vada si trascinano al parco dove sanno di trovare qualche amico. Stop. Le mie proposte di raggiungere qualche vetta, di fare qualcosa di nuovo, di prendere la macchina per andare a visitare qualche valle da loro mai vista viene inesorabilmente accolta con un: «Noooooo». Io allora insisto, combatto e tra uno sbuffare e l’altro preparo il bagaglio della giornata. Una bella fatica, che aggiunta alla mancanza di entusiasmo dei bambini diventa praticamente una bella zavorra. A fine giornata, vista la cascata di turno, trovate le tracce di animale nel bosco, racchiuso l’ennesimo insetto morto nell’apposito contenitore, costruita la capanna al margine del lago, si torna a casa, tutti soddisfatti. Ma che fatica... E allora va bene la normalità, va se dovessi assecondare le voglie dei miei «pantofolai» le loro esperienze estive sarebbero ridotte all’osso. Un peccato davvero...