Si stanno maGNando la ricerca scientifica

di Andrea Tomasi

luca mercalliLuca Mercalli: con i soldi del finanziamento ai partiti si farebbero vivere le università. Il divulgatore scientifico, volto noto della trasmissione Rai «Che tempo che fa», ospite dell'edizione 2012 della «Notte dei Ricercatori» a Trento, critica la politica che non investe in ricerca ma che, in compenso, mangia. E parecchio.
 
Ecco per ché i soldi non ci sono più.
«I soldi per la ricerca sono sempre  meno perché vengono sprecati. Penso ai vari Fiorito... Con quello che si sono mangiati in Lazio, io facevo andare avanti un'università. Ed è solo la punta dell'iceberg. Io faccio andare avanti la Società meteorologica italiana. Con quello che si son mangiati loro, penso che potrei farla funzionare per 50 anni. Io toglierei i soldi a questa gente e li metterei nella ricerca. E allora i soldi sono pochi e quei pochi li stiamo usando molto male. Io li toglierei a quella gente. I soldi investiti in ricerca - ricordiamocelo - non sono mai dei soldi buttati, perché è la ricerca che fa andare avanti il Paese sull'innovazione. Guardiamo, ad esempio, a tutto il campo delle energie rinnovabili».   
 
Meno cemento.
«All'italiana sappiamo che i difetti si riproducono in ogni ambito. Ci deve essere anche questo tipo di controllo. Però, se la ricerca è fatta bene, dico che vale sempre la pena investirci. Facciamo invece un po' meno cemento. Da lì verrebbero tutti i soldi che servono, perché là c'è il vero pozzo del denaro pubblico italiano. Sembra che le amministrazioni non vedano altra soluzione che fare grandi infrastrutture e cementificare ogni angolo del territorio. Allora io suggerirei che molti di quei denari andassero in manutenzione di quello che c'è e in mantenimento della ricerca».   
 
Paese impoverito.
«L'Italia corre un gravissimo rischio perché in moltissimi settori dove si taglia (e non solo quello della ricerca), quando si taglia si perdono delle intere storie, che si sono costruite nel corso dei secoli. Se si interrompe un flusso di persone, di idee, di scuole, non è che poi è automatico ricominciare se ci si accorge che si era sbagliato».

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