Arriva in Italia Spotify, la rivoluzione musicale

di Matteo Lunelli

L’Ikea della musica sbarca oggi, finalmente, anche in Italia. E’ Spotify, ed è bellissimo. Il paragone con il colosso del fai da te, anche se può apparire azzardato, non lo è (almeno non del tutto). Prima di tutto anche Spotify nasce in Svezia: la piattaforma, infatti, è stata ideata nel 2008 da una start up di Stoccolma. Poi, come Ikea, permette di creare. Creare e anche condividere, cosa in verità non facile invece con una libreria Billy o con una poltrona Ektorp Jennylund.

Ma di cosa si tratta? Si tratta di ascoltare musica, gratuitamente (o quasi, si può scegliere) e legalmente. Si può pescare tra 20 milioni di brani e schiacciare play, godendo tra l’altro di una qualità audio altissima. Si può condividere ciò che si ascolta, creare una playlist o far partire quella creata da un qualche utente sparso per il globo. Insomma, una rivoluzione. Una discoteca portatile per ogni momento. Come la radio, ma senza la pubblicità e senza che altri scelgano la musica per voi passando trenta volte al giorno l’ultima di Ramazzotti o quella che vincerà Sanremo (con tutto il rispetto). Come le radio online (ad esempio la bellissima Pandora), ma con una scelta e una qualità molto più alte. Come YouTube, ma senza la rottura di dover continuare a cercare e cliccare play. Come iTunes, ma con molti più brani a disposizione.

Andiamo sullo specifico. Spotify è un servizio on demand in modalità desktop. Vabbè, torniamo a parlare italiano. In pratica le canzoni non vengono scaricate e salvate sul proprio computer (il “problema” che aveva Napster ad esempio), ma vengono ascoltate in streaming. La scelta è vastissima: si cerca l’artista o la band e subito si accede ad un’infinità di album e canzoni. Bellissima possibilità delle playlist: in pratica ognuno può crearle e condividerle, e un qualsiasi utente del mondo si troverà ad ascoltare, ad esempio la selezione di “pezzi folk cileni” o “seattle anni ’90” creata da uno sconosciuto qualsiasi.


Il tutto, naturalmente, può essere condiviso sui social network. Da Facebook si può addirittura accedere direttamente alla piattaforma e far sapere a tutti gli amici che canzone si sta ascoltando. O si può creare una playlist e farla ascoltare a tutti. A meno che non sia una compilation “per rimorchiare”: a quel punto c’è l’opzione per inviarla privatamente alla persona da sedurre.

All’inizio dicevamo dei costi. In realtà le possibilità sono tre. Spotify Free è gratis, si può ascoltare tutta la musica che si vuole (nei primi sei mesi, poi si riduce a 10 ore al mese) con banner e annunci pubblicitari audio. Poi c’è Spotify Unlimited: 4,99 euro al mese, senza pubblicità ma con l’obbligo di essere connessi a internet. Il meglio è Spotify Premium: 9,99 al mese, funziona anche su dispositivi mobili e permette di scaricare (non salvare) fino a 9999 brani su tre dispositivi (3333 per dispositivo), che possono essere ascoltati anche offline.

In Europa e negli Stati Uniti la piattaforma ha 20 milioni di utenti attivi, dei quali 5 milioni di abbonati a pagamento. Poniamo che tutti abbiano l’opzione Unlimited: 60 euro all’anno per 5 milioni di persone. Moltiplicate, e capirete come la start up svedese abbia avuto un’idea geniale e innovativa. In Italia il responsabile è una donna, o meglio una ragazza, di trent’anni. In perfetto stile nord europeo.

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