Le tre piazze e i cinguettii, ovvero come vincere le elezioni
Le prime elezioni social della storia italiana hanno premiato il partito (ops il movimento) più social. A poche ore di distanza dai risultati ufficiali si cercano i vincitori e i perdenti si leccano le ferite: Grillo ha vinto, Berlusconi ha vinto, Bersani, su Facebook e Twitter, dice di aver vinto, l’astensionismo ha vinto e anche Monti, almeno in Trentino, ha vinto. L’Italia, almeno a giudicare dalle reazioni delle borse, dei mercati finanziari e degli osservatori internazionali, ha perso. Un dato, quello dei vincitori, veri o presunti, che rende bene l’idea di quanta confusione regni. E regnerà.
La politica si svolge su tre piazze, tre agorà per usare un termine sofisticato: quella vera, quelle fisica, quella fatta di asfalto e cubetti di porfido; quella televisiva, fatta di studi, luci e poltrone; quella virtuale, fatta di blog e forum, twitter e facebook, streaming e video. E Grillo ha vinto in tutte e tre. Lui in piazza ci è andato per davvero, ed è stato l’unico: ha riempito gli spazi fisici con persone fisiche, ha stretto mani e urlato da un microfono. Lui in quella virtuale c’era per davvero, ogni secondo, ogni minuto. E in quella televisiva era presente, seppur di rimbalzo, ma nel modo più intelligente, ovvero senza un contraddittorio, decidendo temi, tempi e modi.
Ma entriamo nella piazza più nuova, più interessante e, con il senno del poi, più decisiva. Quella virtuale. Il Movimento 5 Stelle l’ha presidiata dall’inizio alla fine: si è preso ogni spazio (pubblico e libero), ne ha capito le potenzialità e le ha sfruttate benissimo. Ha usato twitter con padronanza e furbizia, cogliendo prima e meglio di tutti gli avversari un semplice aspetto numerico: oltre quattro milioni e mezzo di italiani si collegano a twitter e oltre un milione twitta quotidianamente. Non esiste un dato ufficiale, ma al tempo delle scorse elezioni, nel 2008, pare ci fossero 200 mila italiani iscritti al social network. E ancora: oltre il 70% degli utenti attivi è di età compresa tra i 25 e i 43 anni. Ovvero, l’elettorato indeciso, quello da «rastrellare».
Altro aspetto: come si segue e si commenta un avvenimento politico su una delle altre due piazze, televisione o strada? Sì, avete indovinato: su twitter. Ogni programma tv, ormai, ha in sovraimpressione un hashtag per commentare.
In questi mesi di campagna elettorale sono stati molti gli hashtag (ovvero i macro argomenti, le parole chiave più seguite dalle persone) di tendenza. Moltissimi, come #Grillo, #M5S, #tsunamitour, riportano al vincitore. E al secondo posto? Ne troviamo decine che riportano a Berlusconi. Non tanto al profilo ufficiale del leader Pdl, usato poco e senza una lucida strategia, quando al «personaggio» Berlusconi: #propostashock, #viridarò e lo stesso #Berlusconi sono stati usati da milioni di persone, spesso in maniera ironica, ma hanno avuto l’effetto di un boomerang, facendo parlare tantissimo dell’ex presidente del consiglio.
Passiamo al centrosinistra, il vero sconfitto, che non è riuscito a difendere uno spazio che, grazie alle primarie, si era conquistato. Addirittura lunedì sera, non appena le proiezioni e lo spoglio hanno fatto intravedere un risultato deludente, su Twitter è scattata l'invocazione a Matteo Renzi: #renzi è diventato in poche ore «trending topics», ovvero la frase più comune che compare nei temi di maggiore attualità.
La vera politica, quella con la p maiuscola, quella vicina alle esigenze dei cittadini, quella che può risolvere una crisi e dare delle risposte, forse non la si fa in 140 caratteri e forse non la si fa in streaming. O quantomeno non solo. Ma di certo una connessione veloce e un cinguettio sono più che sufficienti per vincere. Almeno in Italia.