Quando la Provincia accusa lo Stato di falso in bilancio
Come anticipato nel precedente post e come si temeva, il testo della legge di stabilità che il governo Letta ha approvato prevede la riserva all'erario di 700 milioni di euro di imposte (per 5 anni) che spettano alla Provincia, nonostante la Corte costituzionale abbia già censurato come incostituzionale analoga norma contenuta in precedenti manovre dei governo Berlusconi e Monti.
Nessuna delle richieste di compensazione avanzate dalla Provincia di Trento e dalle altre autonomie speciali, come l'allentamento del patto di stabilità, è stata fino ad ora presa in considerazione. Anche se si punta ad ottenere la modifica con emendamenti al testo che arriverà in Parlamento.
Così ieri Alberto Pacher, presidente della Provincia in uscita (al massimo a metà novembre avrà già passato il testimone al suo successore eletto il 27 ottobre), non ha esitato ad accusate il governo Letta di falso in bilancio, stile Grecia, se si ostinerà a tenere in legge come fossero soldi suoi il gettito di imposte (circa 4 miliardi) che invece vanno iscritti ai bilanci delle Regioni e Province autonome, come prevedono gli Statuti di autonomia e ha confermato la Corte costituzionale.
Ora, il braccio di ferro proseguirà sia sul piano istituzionale che politico su toni molto più alti. E' chiaro che lo Stato è in bolletta e nella sua affannosa ricerca di risorse non può permettersi di togliere dalla legge di stabilità 4 miliardi di entrate come niente fosse. E la proposta di accordo avanzata dalle Province di Trento e Bolzano, che prevede nuove competenze in cambio di risorse, sembra troppo complessa e insidiosa per un ministero dell'Economia per natura centralista e preoccupato di risolvere il problema di una situazione d'emergenza continua.
Così sta accadendo che anche il governo Letta oggi non è più considerato un governo "amico dell'Autonomia", come i tanto contestati governo Monti e governi Berlusconi, ovvero chi ha avuto la responsabilità dello Stato da quando si è deciso a mettere in ordine i suoi conti fuori controllo e ha iniziato a chiedere anche alle autonomie speciali di fare la loro parte.
Insomma, oggi casca il palco di quella logica molto italiana dell'amico dell'amico, per cui solo se hai buoni rapporti ed entrature a tutti i livelli o sei della stessa area politica puoi riuscire ad ottenere qualcosa nella vita, altrimenti niente. Una logica che ha fatto parte e fa parte tuttora anche della propaganda politica ed elettorale e della vita comune di molti italiani che preferiscono le vie brevi.
Ma perché la Provincia di Trento dovrebbe ottenere qualcosa di più o di meno dallo Stato centrale rispetto a quanto previsto dallo Statuto e dai patti fra le parti se il premier e il governatore sono amici o della stessa parte politica oppure se non lo sono? Sappiamo tutti come va il mondo e quanto contino le conoscenze personali e le relazioni, ma sarebbe bello pensare che la soluzione dello scontro tra lo Stato e la Provincia autonoma di Trento non fosse trovata all'italiana, grazie all'amico dell'amico, ma di schietti rapporti istituzionali e trasparenti azioni politiche dei parlamentari trentini.