Uno su quattro non mangia verdura

Uno su quattro non mangia verdura

di Michele Pizzinini

Alcuni giorni fa sono state pubblicate le statistiche di Eurostat relative ai consumi di frutta e verdura nei paesi dell'Unione Europea e, sorprendentemente, a guidare la classifica è risultato essere il Belgio, l'Italia non è messa male, noi siamo al quarto posto, ma se andiamo ad analizzare i dati un po' più in dettaglio non c'è molto da stare allegri.

Il dato più sorprendente è che in Europa una persona su tre, ovvero il 34 % degli europei, non mangia nemmeno una porzione di frutta e verdura al giorno. Il Belgio vanta la percentuale minore di persone che non consumano frutta e verdura con un 16 %, seguito dal Portogallo, dal Regno Unito e dall'Italia, dove «solamente» un 23% della popolazione non mangia alimenti di origine vegetale. La classifica è chiusa da Romania e Bulgaria dove, a quanto pare, i 2/3 della popolazione non mangiano mai frutta e verdura.

La comunità scientifica, per prevenire le malattie cronico-degenerative, come tumori e aterosclerosi consiglia di consumare ogni giorno cinque porzioni tra frutta e verdura (ad esempio, due volte al giorno la verdura e 2-3 frutti). Il 33% degli inglesi consuma le cinque porzioni raccomandate, la media europea è del 14%, mentre solo l'11,9 % degli italiani segue questo consiglio ma almeno il 65% degli italiani ne consuma da 1 a 4 porzioni al giorno. Forse questi dati risultano un po' sfalsati perché non tengono conto della diffusa tradizione italiana di coltivare l'orto, che spesso soddisfa la gran parte del consumo annuale di ortaggi. Senza considerare il fatto poi che, grazie al nostro clima, la qualità di frutta e verdura da noi è decisamente più alta di quella prodotta negli stati del nord Europa.

Un altro dato presentato recentemente ci ha informato che a livello mondiale stanno esplodendo i consumi di frutta secca. In dieci anni la produzione e la vendita di noci e mandorle è aumentata del 50%! È possibile ipotizzare che l'esplosione di questi consumi sia stata favorita dalle sollecitazioni di dietologi e nutrizionisti a consumare tali alimenti per il loro contenuto in grassi salutari, e forse anche dalla comodità di avere a disposizione mandorle, noci, e nocciole già sgusciate, in confezioni pronte al consumo.

Altro dato interessante è rappresentato dal consumo di frutti rossi disidratati, per la gran parte rappresentati dalle bacche di goji, le cui vendite nel giro di pochi anni sono cresciute del 130 %. Le bacche di goji vantano una delle maggiori concentrazioni di polifenoli, quelle sostanze vegetali che posseggono una spiccata attività antiossidante con effetti protettivi contro le malattie croniche. A questo punto però viene da porsi una domanda: ma non sarebbe meglio, almeno in questa stagione, mangiarsi una bella mela fresca, appena raccolta, che in termini di efficacia protettiva non ha nulla da invidiare a qualsiasi bacca rossa di cui non si conosce neppure la provenienza?

Una mela appena raccolta, che potremmo definire alimento a chilometri zero, mantiene tutte le sue proprietà inalterate. In primis la vitamina C, che è una vitamina estremamente fragile che praticamente è presente solo in frutta e verdura fresca di stagione. Le mele poi sono anch'esse un concentrato di antiossidanti che hanno manifestato proprietà antitumorali. In particolare la mela Renetta, o Canada, come spesso la si usa chiamare in Trentino, ha una concentrazione di quercetina, un potente antitumorale, doppia rispetto a tutte le altre varietà.

Un recentissimo lavoro dell'Università di Salerno condotto in collaborazione con il Cnr ha chiarito anche i meccanismi d'azione di queste sostanze, in particolare contro i tumori del colon e il dottor Angelo Facchiano, uno dei ricercatori, autori della ricerca, ha testualmente dichiarato che «I polifenoli della mela ostacolano la replicazione e l'espressione del Dna nelle cellule cancerose del colon, particolare questo che impedisce loro di duplicarsi e far crescere la massa tumorale».

«Una mela al giorno toglie il medico di torno» è un proverbio che non hanno inventato in val di Non, ma è un vecchio detto popolare che ha avuto origine in Galles attorno al 1860 e che in questa classica forma è stato documentato fin dal 1922. E se un proverbio è citato da più di cento anni probabilmente un fondo di verità ce l'ha.

Michele Pizzinini
Specialista in Scienza dell'alimentazione
info@michelepizzinini.it

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