Nel cielo del Pd ritorna la nebbia

Nel cielo del Pd ritorna la nebbia

di Bruno Dorigatti

Sul cielo sopra il Partito Democratico trentino ritorna la nebbia di dubbi e incertezze. Al contrario esso dovrebbe schiarire l'orizzonte assumendo il ruolo di sfidante consapevole delle difficoltà e proprio per questo animato dalla voglia di vincere.

Dopo aver bruciato la possibilità di vincere le elezioni amministrative dello scorso ottobre e dopo un lungo periodo di silente lutto per tale grave sconfitta, ecco che adesso ci riprova, proponendo, sul Collegio elettorale più adatto ad una sfida con qualche "chanche" di vittoria, candidature assolutamente generose, per quanto a rischio di radicamento territoriale, con l'evidente risultato di regalare un'altra volta un successo possibile agli avversari dell'attuale pericolosa destra.
Ma ciò che più stupisce chi, come il sottoscritto, guarda ormai con distacco al fluire della politica provinciale è il continuo tentativo di agganciare, con offerte più o meno credibili e probabili, quel Partito Autonomista che, appena qualche mese fa, fu umiliato e costretto all'angolo dalla poca lungimiranza di alcuni. Va da sé che, di fronte ai tentativi quasi quotidiani di riallacciare oggi ciò che ieri si è stracciato, il Partito Autonomista si arroghi il ruolo di coloro che corteggiati da tutti non concedono a nessuno il proprio appoggio in una sorta di vite senza fine. 

Certo che senza gli autonomisti è molto difficile vincere, ma questo lo si sapeva anche in passato, cioè quando si ascoltava con sufficienza chi ricordava che dopo le elezioni amministrative provinciali venivano altri appuntamenti elettorali; oppure chi rammentava che i cocci rotti, per di più malamente, non si aggiustano in un attimo, ma esigono pazienza ed umiltà, nonché riconoscimento dei propri errori. Sembra di parlare di ere geologiche ed invece è questione solo di pochissimi mesi or sono. Ed ora, davanti alla presa d'atto di una situazione veramente complessa ed ardua, qualcuno pensa di esporre i giovani e le donne a rischi di sconfitta bruciando la loro generosità e passione politica. Il problema non è di genere, bensì di capacità di coagulare consenso. In altre parole, non serve inseguire la Lega sul terreno della sfida al femminile, quanto piuttosto di mettere in evidenza le contraddizioni che la Lega rappresenta: potenziamento delle economie locali agricole e taglio drastico della manodopera extracomunitaria, tanto per citarne una. «E, a forza de parar via tuti, a coìr che èlo che va?», come mi chiedeva nei giorni scorsi un nostro imprenditore agricolo. 

E se invece la smettessimo, una buona volta, di continuare a farci del male? E se invece provassimo a trovare qualche nome vero della società civile in grado di raccogliere consensi anche trasversali e magari perfino autonomisti? E se provassimo a chiamare a raccolta il passato insieme al presente ed al futuro, parlando al cuore della gente e non ai salotti mondani, consapevoli che la stagione della rottamazione ha mostrato i suoi oggettivi limiti? E se cercassimo insieme di affrontare temi veri ? e non solo gradimenti o veti personali - come quelli del lavoro e del crescente ritardo nell'occupazione giovanile, portando in superficie le questioni che ogni giorno l'incapacità di governo dell'attuale Giunta provinciale mette sul tavolo della politica? E se volessimo esprimere una sostanziale e concreta fiducia a tutti coloro che la pensano diversamente da Fugatti e Bisesti, pur senza essere stati eletti, perché è nel rispetto delle differenze che sta la democrazia. 

Forse potremo scoprire che il consenso non si costruisce solo in circoli chiusi ed autoreferenziali, ma che anzi nasce nelle fasi e sui temi di grande aggregazione. Forse potremo definirci, senza alcuna vergogna, di centrosinistra, ben consapevoli che l'orizzonte al quale ispirare anche il nostro impegno per l'Europa è quello della socialdemocrazia di stampo nordico, anziché quello confuso del sovranismo autoritario e leghista che si pone come vero e, profondo nemico dell'Europa. Forse potremo riportare il Partito Democratico, anche trentino, ad essere credibile interlocutore dei ceti medi, delle nuove povertà, dei bisogni emergenti, delle migrazioni. Forse potremo finalmente opporci, in modo costruttivo, allo spietato salvinismo attuale che disegna un Paese di oltre sessanta milioni di abitanti in preda alla paura per lo sbarco di una quarantina di poveracci disperati, tanto da invocare la sicurezza nazionale per chiudere i porti. A fronte di tale difficile situazione ritengo indispensabile ritrovare un momento di saggezza collettiva alla luce dell'esperienza vissuta pochi mesi fa per giungere ad un'unità di intenti di tutte le forze del centro sinistra autonomista, al fine di tornare protagonisti sulla scena politica trentina recuperando speranze e credibilità su un futuro diverso e possibile.
La politica dovrebbe sempre tradurre i sogni e le speranze in progetti concreti, basta ci sia la volontà. La stessa che serve per vincere gli appuntamenti elettorali più diversi.

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