Non c'è più un solo Trentino

Non c'è più un solo Trentino

di Alberto Faustini

Si chiude un anno. Si chiude un decennio. Per alcuni, si chiude anche una stagione. Pensate al sindaco di Trento Alessandro Andreatta, che ha guidato la città per undici anni e che è stato in giunta più di chiunque altro: veleggia verso i 22 anni. Nei ricordi sarà il sindaco dell’inclusione e degli angoli smussati, il professore che ha mediato e ancora mediato, a costo di trattare i “suoi” assessori come studenti indisciplinati. Ma ci ricorderemo di lui anche perché, a forza di mediare, si finisce per non decidere. Davvero molti i grandi progetti e i sogni ambiziosi che non sono mai decollati. Trento comunque resta ai vertici di tutte le classifiche. Noi trentini magari non la pensiamo così, ma gli elementi positivi, al di là delle percezioni, non mancano: i festival, il benessere diffuso, la convivenza, la solidarietà, una università che ha definitivamente cambiato il volto della città. Si poteva però osare di più, in particolare in quest’ultima stagione: non avendo nulla da perdere ed essendo già certo di tornare alla sua amata cattedra, il borgomastro avrebbe infatti potuto costruire, in ogni senso, una città diversa. Ma ai cantieri e ai sogni, ha preferito la conservazione della città che in un certo senso ha ereditato. Scelta perfettamente in linea col suo carattere da mediano. Per altri, fra un paio di giorni, si chiude il primo vero anno di governo.

Pensate a Maurizio Fugatti e alla Provincia a trazione leghista. Fugatti che con una mano taglia anche la sola idea che il Trentino possa essere solidale e inclusivo (l’opposto del progetto di Andreatta, in sostanza) e che con l’altra punta sulla famiglia a dir poco tradizionale: una mamma, un padre, possibilmente tanti figli, con un sacco di (conseguenti) agevolazioni. Fugatti che mostra i muscoli, raccogliendo non pochi consensi fra i suoi elettori, sulla facoltà di medicina (come se fosse pensabile una Provincia che va da una parte e un’Università che va dalla parte opposta). Fugatti che diventa il paladino di chi non vuole le fusioni delle Casse rurali e di chi, soprattutto, non ama che si entri nel futuro con metodi profondamente diversi da quelli del passato. La trasparenza è stata sgretolata da assemblee formalmente democratiche che non hanno però saputo affrontare e gestire il dissenso (serviva il mediatore Andreatta?), ma nessuno s’aspettava che Fugatti scendesse in campo a partita praticamente finita. Sempre legittimo porsi delle domande, persino sul ruolo della Bce. Sbagliato, però, farsele mesi dopo le comunicazioni ufficiali. Posta così, la questione somiglia a quella dell’Università: faccio la voce grossa e dico che decido io, poi vedo che effetto fa e pazienza se c’è ben poco da fare. Andreatta e Fugatti sembrano su due pianeti diversi, ma non c’è più un solo Trentino. Ce ne sono almeno due. E non si misurano solo nelle urne.

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