La misura giusta tra valori e impresa

La misura giusta tra valori e impresa

di Lorenzo Dellai

Ciò che più dovrebbe preoccupare la Cooperazione Trentina è la crescente divaricazione tra chi agita i “valori” delle origini e chi rivendica le “ragioni” dell’impresa. Il movimento cooperativo ha sempre interpretato una virtuosa sintesi tra valori e impresa; locale e globale; democrazia associativa e ruolo del management; esperienze di base e strutture specializzate ed organizzate in verticale.

Del resto, senza valori di solidarietà, di democrazia e di radicamento, rischierebbe la sua anima e la sua stessa ragione di esistere. E senza dimensione di impresa perderebbe la sua forza economico-sociale e gli antichi principi, non più incarnati nella vita reale della comunità, sarebbero destinati prima o poi alla polvere di un Museo.

È paradossale che questa divaricazione esploda proprio adesso, mentre una crescente parte dello stesso mondo dell’impresa capitalistica avverte la necessità di un più solido e coerente riferimento alle ragioni dell’etica e del bene comune, oltre l’obiettivo del profitto.
E, per converso, mentre, a tutte le articolazioni della comunità è richiesto di pensare a come produrre valore e non solo a come distribuirlo equamente.

Lo spazio tra “Stato” e “Mercato”, oggi giustamente rivendicato dal Terzo Settore, è un mix fecondamente plurale: fatto di “valori” etici e culturali, ma anche di “valore” sociale ed economico. La cultura cooperativa costituisce una prospettiva di straordinaria attualità, anche in campi inediti.

Se la Cooperazione Trentina ha un conflitto da risolvere, esso non mi pare dunque quello tra “casta e popolo” (tardiva riesumazione di parole d’ordine della politica italiana degli ultimi anni, oggi giustamente smascherate nella loro pochezza di fronte ad una crisi senza precedenti), ma, appunto, quello tra istanza “identitaria” e istanza “di impresa”.

Spesso la prima è espressa in termini retorici, non immuni da qualche accenno di demagogia e di nostalgia del “tempo che fu” (ma che non tornerà); mentre la seconda si traduce talvolta in atteggiamenti sbrigativi, con scelte anche tecnicamente giuste, ma non supportate da una vera condivisione della comunità di riferimento e non percepite come necessaria evoluzione, non abiura, di una esperienza.

In realtà, più ambiziosi sono i progetti di cambiamento, più occorre investire tempo ed energie per rendere partecipi e protagonisti tutti i soci e tutti i cittadini; declinare con chiarezza i nuovi scenari perseguiti; farli diventare patrimonio collettivo; costruire attorno ad essi un consenso “caldo”; individuare soluzioni di sistema per valorizzare, in modo innovativo, i singoli territori e le aggregazioni di base. Sopratutto in una stagione carica di paure, solitudini e spaesamento come questa.
Si pensi - ad esempio - al credito cooperativo e al suo sforzo estremo di evitare un declino preconizzato da molti osservatori come inesorabile. Oggi è invece impegnato nella costruzione del settimo gruppo bancario nazionale, con la testa a Trento. La cosa dovrebbe essere motivo di fiducia e di orgoglio ed invece pare talvolta essere fonte di scetticismo e di dissidio.

Identità valoriale e sforzo di impresa - con la loro naturale dialettica tra lentezza democratica e rapidità economica - sono due componenti non separabili nell’esperienza della nostra Cooperazione.
A ben vedere, si tratta della stessa sfida che deve affrontare l’Autonomia Trentina nel suo complesso: identità e apertura; spirito di comunità e capacità competitiva; tradizioni e nuovi linguaggi tecnologici e antropologici.
Trovare la misura giusta, metodi convincenti e leadership credibili per trasformare queste antinomie in opportunità è la vera questione vitale per il futuro della Cooperazione: per quella che c’è e per quella che può nascere a fronte di una domanda crescente di nuovi modelli di convivenza comunitaria e di nuova economia.

È a partire da questa consapevolezza che essa può trovare il terreno per una “riconciliazione” interna (oltre le ragioni ed i torti di ciascuno) e può identificare un ruolo innovativo per la Federazione.
La questione non riguarda solo i protagonisti diretti della vicenda, ma tutta la comunità.
Per tale motivo mi sono permesso questo piccolo, rispettoso ragionamento.

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