Regione, la staffetta va fermata

Regione, la staffetta va fermata

di Sergio De Carneri

Il Principato vescovile di Trento, con i suoi 8 secoli di vita, è uno degli stati più longevi nella storia d'Italia. L'interminabile teoria di principi presuli che si sono succeduti è l'espressione di assetti politici profondamente radicati nel territorio.

Ed è l'espressione di un popolo che ha acquisito nel corso del tempo, una propria soggettività culturale e politica.
Dalla caduta dell'Impero romano di occidente al 1918, nel corso di 1400 anni, interrotti da pause temporalmente irrilevanti, il Trentino è stato soggetto al dominio politico dei popoli germanici. Ma nella parte maggiore di essi, ha goduto, in questo ambito, di proprie forme di autogoverno che gli hanno consentito di mantenere lingua, cultura ed istituzioni giuridiche proprie e che lo accomunavano al mondo italiano.


Il Principato vescovile fu l'istituzione politica che consentì tutto questo. Tuttavia esso fu in grado di svolgere un tale ruolo, e in un'area nevralgica dello scacchiere europeo, per la funzione di intermediazione, di dialogo, di collegamento, di equilibro e di permanente osmosi, che svolse, fra mondo italiano e mondo tedesco e fra i due grandi poteri universalistici che dominavano allora in Europa, l'Impero e il Papato. Il ruolo internazionale del Principato vescovile di Trento è stato a lungo sottovalutato. Eppure ad ogni successione sulla cattedra di san Vigilio, Impero e Papato venivano a confronto, e con essi altri stati ed altre istituzioni europee.
Illuminante al riguardo è un recente numero della Rivista Studi Trentini in cui lo storico Marco Stenico dedica una ricerca ai risvolti internazionali della elezione di Bernardo Clesio a Vescovo di Trento. Accadde infatti che il capitolo del Duomo eleggesse vescovo Bernardo Clesio senza ottenere il preventivo placet dell'Imperatore. Da ciò l'irritazione e il disfavore di questi, la collera dei reggitori del Land Tirolo e di altri principi e porporati tedeschi a vario titolo interessati, il conseguente allarme del Pontefice, della Curia e del "tutore" in seno ad essa della "natio germanica", del Collegio dei Cardinali, delle cancellerie di tutti i potentati coinvolti. La questione fu poi superata, ma a questo intrico rinascimentale non mancò nemmeno la morte, per sospetto, ma in realtà conclamato avvelenamento, in Verona, del precedente Principe Vescovo di Trento, Georg Neideck. Questo excursus storico intende porre in evidenza la matrice internazionale di collegamento col. mondo tedesco che denotò il Principato vescovile fin dall'inizio, e che perdurò nelle altre forme di autogoverno che seguirono, pervadendo, fino ad oggi, gli assetti politici e culturali della collettività trentina.


Se infatti nuove sono le forme di autogoverno in questi territori, mutato non è l'alveo storico e geopolitico in cui sono sorte ed operano tuttora, e invariati rimangono i loro comuni caratteri distintivi. Innanzitutto la loro matrice internazionale. Anche lo Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige nasce da un quadro internazionale, dall'accordo De Gasperi - Gruber. E la istituzione che ne costituì l'adempimento fu la Regione Trentino Alto Adige che rappresentò però anche la fonte di una grave crisi anche internazionale, in conseguenza della opposizione dei Sudtirolesi, appoggiati dall'Austria.


Comunque, nonostante sanguinosi attentati, la crisi nei rapporti con l'Austria, il procedimento di messa in stato di accusa dell'Italia avanti le Nazioni Unite, le trattative per una soluzione negoziata andarono avanti e giunsero ad una conclusione positiva, grazie anche alle straordinarie doti di statista, negoziatore, e giurista di Aldo Moro ed anche al fattivo contributo della comunità trentina. Alla fine del 1971 in conseguenza del voto favorevole dei parlamentari del Pci che consentì di evitare il referendum confermativo, il nuovo Statuto fu approvato, ed entrò in vigore l'anno successivo. E non molto dopo, l'Austria ritirò i suoi reclami, la controversia avanti le Nazioni Unite fu chiusa, cessarono gli attentati.
Il nuovo Statuto era frutto di un compromesso, che però salvaguardava in pieno il ruolo anche internazionale della Regione come fulcro multietnico del sistema autonomistico. e nel suo ambito, come garanzia per la speciale e paritetica autonomia di Trento.


Tuttavia i partiti che gestirono con successo questa lunga crisi andavano tramontando ed al loro posto subentravano, alla guida dell'autonomia trentina formazioni politiche locali, con un sorprendente arrovesciamento di orientamenti di fondo. Fu messa in atto una sistematica politica di smantellamento della Regione, questa fu spogliata delle sue competenze collo strumento delle deleghe alle Provincie, il suo patrimonio fu depauperato con ingenti mutui-sussidio in favore delle Provincie, la stessa personalità dell'istituto fu di fatto soppressa con la assunzione a turno della presidenza della Regione da parte dei Presidenti delle Province. Collateralmente si manifestava una totale inconsapevolezza dei doveri che incombono sul Trentino come terra vocata al dialogo col mondo tedesco e parte di una istituzione di rango europeo. Lo scandalo di una popolazione trentina che non conosce la lingua di quella tedesca cui è legata da tanti secoli, nella totale assenza di iniziative di vasto respiro e fondate su di un ruolo strategico della nostra Università in questo campo denota una allarmante mancanza di visioni. Non meraviglia quindi che questa classe politica sia stata spazzata via dal voto popolare, anche se quella che è sopravvenuta manifesta tutta la sua inadeguatezza. E tutto questo mentre l'infuriare della pandemia evidenzia oltre a gravi lacune, una desolante mancanza di collaborazione e di reciproco aiuto fra le due Province.
L'autonomia ha consentito al Trentino uno straordinario sviluppo dopo una lunga stagione di depressione, la sua crisi ne sta ora provocando il declino. Come nel secondo dopoguerra i Trentini si mossero in massa per la conquista di una «Autonomia regionale integrale da Ala al Brennero», è oggi necessario che si muovano per salvarla, raddrizzando una rotta disastrosa. E la Regione sotto attacco è il punto nevralgico della crisi in atto.


Nel maggio dell'anno prossimo, in base ad una prassi ormai consolidata, il Consiglio regionale dovrebbe eleggere a Presidente della Regione, secondo una "staffetta" prestabilita, il Presidente della Provincia di turno. Nella specie, il Presidente della Provincia di Trento, che governerebbe ancora una volta "a scavalco" l'istituzione regionale per mezza legislatura. Questo scempio istituzionale deve finire. È tempo che la Regione abbia un suo Presidente, quale che sia la provincia o il gruppo linguistico al quale appartiene, purché sia persona degna e capace di ridare dignità ad una istituzione vitale per il sistema autonomistico. Su di essa incombono oggi nuovi, rilevantissimi compiti e poteri nel campo vitale della amministrazione della giustizia, sull' intero territorio del Trentino Alto Adige.

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