Si vota in Umbria non in Ohio...

Si vota in Umbria non in Ohio...

di Alberto Faustini

L'Umbria non è esattamente l'Ohio. Non è insomma lo stato americano che spesso, per complessi meccanismi elettorali, decide le sorti degli interi Stati Uniti. E la battuta del presidente del Consiglio Conte, che ha ricordato che l'Umbria in fondo ha lo stesso numero degli abitanti di Lecce, non è stata esattamente felicissima. Ma Perugia e Assisi non sono oggettivamente Columbus e Cleveland. Eppure, sembra che l'Italia sia appesa all'appuntamento elettorale di oggi: un pertugio dal quale pare dover passare il futuro dell'intera politica nostrana.
Del resto, il centrosinistra ha fatto della terra di San Francesco il luogo della sperimentazione: non potendo permettersi di perdere, s'è allargato come non mai. Tornando ad includere Leu e facendo salire sul carro nientepopodimeno che il Movimento 5stelle. Se vogliamo essere sofisticati, nelle foto di rito, impensabili fino a qualche mese fa, non c'era nemmeno una donna (che tristezza vedere che siamo ancora così indietro, su questo fronte) e non c'era Matteo Renzi, che continua a tenersi le mani belle libere, anche se a parole giura eterna fedeltà (serenità?) al governo del sempre impacciato Conte. Ma il messaggio è chiaro: il governo e i partiti che lo sostengono devono cercare di passare indenni dalle elezioni umbre e prepararsi a resistere anche al prossimo "attacco", in Emilia Romagna.
 
A votare, comunque, oggi sono gli elettori: liberi cittadini che tendono a preferire le emozioni alle più o meno forzate fusioni elettorali. Ed è su questa libertà, condita con le giuste suggestioni, che punta un Matteo Salvini che è ormai diventato il granitico perno attorno al quale gira un centrodestra che non ha certo faticato a ripresentarsi unito alla sfida.
Un Paese normale non si farebbe condizionare da ogni singolo appuntamento elettorale, ma in Italia - dopo elezioni anche meno importanti - sono saltate segreterie, per non dire interi partiti, e più di un governo. La verità è che questa è da molto tempo la penisola dell'opposizione: sulla giostra dell'esecutivo nessuno riesce a fare più di un giro e di solito si deve scendere prima della fine della corsa.
 
Perché gli elettori - che hanno sempre ragione, perché così prevede il gioco della democrazia - amano il cambiamento, amano chiedere sempre qualcosa di diverso. E amano, soprattutto, chi promette loro l'impossibile. E promettere l'impossibile, in assenza d'ideologie precise, è cosa assai semplice. Anche perché la scusa, in caso di insuccesso, è già pronta: io volevo fare tutto e il contrario di tutto, ma qualche cattivone me l'ha impedito. Perché un nemico con cui prendersela, in fondo, si trova sempre.

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