Il tempo del «noi» prevalga sull'«io»

Il tempo del «noi» prevalga sull'«io»

di Alberto Faustini

Mancano gli abbracci. Mancano i baci. Le strette di mano. Le pacche sulle spalle. Manca la vicinanza. La sfumatura fisica che fa d’un rapporto d’amicizia o d’un amore qualcosa di unico. Fatto d’emozioni. Di parole. Ma anche di gesti. Di concretezza.

Mancano i genitori che non possiamo andare a trovare o i figli che non possono tornare da noi. Mancano i colleghi. A proposito: sarebbe opportuno che stessero a casa tutti i lavoratori che possono farlo, a cominciare da quelli di un settore pubblico che può anche fermarsi, salvo rare eccezioni, per qualche settimana. Le istituzioni facciano un ulteriore passo e diano il buon esempio. Partendo dal presupposto che nessuno è indispensabile. E se lo lascino dire da chi, come noi, per necessità deve ogni giorno essere al fronte. Per guardare. Per raccontare. Per parlare di chi non ce la fa e di chi - a cominciare da medici, infermieri e farmacisti - lotta per salvarci o per farci stare un po’ meglio: pensate a chi lavora nei supermercati in condizioni spesso complicate e a tanti altri lavoratori purtroppo invisibili, con paghe altrettanto invisibili.

Manca, in questi giorni, quella quotidianità che non va mai confusa con l’abitudine. Perché la vita, anche quando sembra banale, è uno straordinario frammento di quello che Marcel Proust chiamava il viaggio di scoperta: che non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. E servono proprio nuovi occhi, oggi. Per guardare lontano. Per non farci schiacciare dal presente, dall’angoscia - che è imprevedibile e sconosciuta, rispetto invece ad una paura che è definita e insieme necessaria -, per non soccombere sotto il peso dell’incertezza che ci sta cambiando. Ognuno di noi deve fare la propria parte. A cominciare da chi ci governa, anche se ha dato spesso l’idea di non avere una bussola per districarsi in acque procellose. Però serve fiducia: i “nostri” marinai stanno aggiustando la rotta, stanno trovando il giusto vento, la virata opportuna. Il presidente del consiglio Conte, indeciso e goffo come pochi, fatica davvero a trasformarsi da Medioman in Superman e si ostina a dirci alle 22 cosa dobbiamo fare a partire dalle 6 della mattina successiva. L’idea di restare tutti a casa, avendo fiducia in chi si occupa di noi, ora è però l’unica percorribile. E dobbiamo applicarla, non interpretarla. Il presidente della Provincia Fugatti sta comunicando bene: condivisione e trasparenza. Anche se la centralizzazione dell’informazione ci impedisce di approfondire alcuni temi. Va poi aggiustato il tiro sui turisti, che vanno certo invitati per mille ragioni a far rientro a casa, ma che non vanno trattati all’improvviso come pericolosi untori.

Insieme ce la faremo. Andrà tutto bene. Ma non facciamo di testa nostra, almeno questa volta. Il “noi”, oggi più che mai, vale più di qualunque “io”.

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