Il re del bosco: il cervo

Il re del bosco: il cervo

di Luca Fusco

Tra gli abitanti del bosco che sicuramente suscitano maggior fascino vi è il cervo: uno dei più grandi mammiferi presenti nelle nostre zone che, con il suo ampio palco di corna, personifica la natura e le foreste delle nostre montagne nell’immaginario della maggior parte della popolazione.
Come, infatti, non restare colpiti dall’emozione quando ci si imbatte (di rado, ma non troppo) in un esemplare di cervo mentre si passeggia all’interno di un bosco o lo si osserva ai margini di una radura; o  come  non  accorgersi  di  quel  profondo  e  intimo  senso  di  rispetto  che  ci  coglie  davanti  a  questo maestoso esempio di vita silvestre? Da sempre, e in tutte le culture antropiche, il cervo ha sempre incarnato la rappresentazione di tutta una serie di ideali e di valori simbolici: dall’antica Grecia ai popoli nordici, esso ha rappresentato la forza e l’eleganza del mondo naturale.

Il suo procedere lento attraverso i boschi sulle sue lunghe zampe,  sempre  pronto all’impetuoso scatto o  alla  carica,  ne  hanno  fatto al tempo  stesso  immagine della calma  e  della  veemenza,  anche  improvvisa,  della  natura  e  la  crescita e  la caduta  annuale  dei palchi ha sempre evidenziato lo stretto legame del mondo animale con la natura e il susseguirsi delle stagioni. Un immaginario complesso giunto, nei secoli, fino a noi e osservabile chiaramente anche nel film “Bambi”, il classico della Walt Disney con cui siamo cresciuti quasi tutti noi.Questi grandi ungulati, occupano gran parte delle nostre zone e dell’arco alpino, non discriminando gli habitat più  diversi,  occupando  i  boschi  di  tutte  le  latitudini,  dal  livello  del  mare  (famoso  è l’esempio dei cervi del “Bosco della Mesola” sul delta del Po) fino a sopra i duemila metri, compiendo molti  e  vari  spostamenti  in  base  alla  temperatura  e  alla  stagione. Di certo, però, l’ambiente che i branchi di cervi prediligono tra tutti è il bosco ed, in particolare, un bosco misto con ampie radure, notevole presenza di latifoglie e zone umide e privo di quel fitto sottobosco che ne impedirebbe gli spostamenti. In tutte le aree che presentano queste caratteristiche è possibile imbattersi, anche senza aver bisogno di troppa fortuna, in un cervo o spesso anche in un intero branco.

Per tutti i fototrappolatori, dunque, l’impresa di carpire del materiale su questo animale non è di certo tra le più ardue: un buono studio dell’ambiente e un posizionamento accorto della fototrappola (magari nei pressi di una pozza umida) possono regalare, infatti, materiale numeroso ed estremamente vario. Emblematico, a questo proposito, èun fatto avvenutomi di recente: avevo posizionato la mia fototrappola in una fitta foresta, inquadrando una depressione umida del terreno che, con le piogge, diventava  una  pozza  ambita  dagli  animali  per  rintracciare  acqua.  Ebbene,  in  soli  pochi  giorni,  la memoria del mio apparecchio si è riempita di splendide immagini e video di un intero branco di cervi che aveva scelto proprio quel luogo per abbeverarsi e fare “il bagno”.

La caratteristica più evidente di questo animale e che certamente ha contribuito a renderlo indelebile nella mente di ogni persona è il palco di corna: una struttura ossea ramificata che spunta dal cranio dei soli esemplari maschie che viene persa e rigenerata stagionalmente. Verso la fine dell’inverno il palco si secca e cade dai soggetti adulti (è questo il momento più propizio per rintracciarlo nei boschi anche nel corso di una semplice passeggiata), i quali avranno tutta l’estate per rigenerarlo e arrivare preparati alla scadenza più importante del loro anno, la “stagione degli amori”, che si svolge tra metà settembre e metà ottobre.

In questo periodo i cervi maschi (che solitamente convivono in piccoli gruppi) si separano tra loro e iniziano a radunare intorno a loro gruppi di femmine, circa una decina, che andranno a costituire i loro harem riproduttivi e che saranno pronti a difendere anche fisicamente contro eventuali sfidanti. Gli esemplari maschi iniziano, così, a sfidarsi emettendo i cosiddetti “bramiti”, delle vocalizzazioni molto forti che risuonano nella foresta autunnale e che (bisogna dirlo, purtroppo) attirano ogni anno sempre più persone interessate da quella che ritengono essere un’attrazione, ma che spesso disturbano questi complessi rituali attesi dai cervi per tutto l’anno. Al bramito di un esemplare (che comunica la suaposizione, il suo rango sociale e la sua volontà di sfida), risponde quello di un altro, finché l’intero areale non rimbomba di un concerto di voci di sfida che culminano nello scontro fisico tra i due esemplari mediante l’uso degli stessi pachi di corna che, ora, diventano delle appuntite “armi” di offesa.

Il vincitore otterrà  la  dominanza sull’harem dello sconfitto, assicurandosi la possibilità di accoppiarsi con tutte le femmine che lo compongono.Negli  ultimi  decenni in  Europa il  cervo  non  ha  avuto  alcun vero predatore (a parte l’uomo) che limitasse il suo sviluppo e la sua proliferazione; le predazioni assicurate dai (pochi) orsi e dalle aquile (solo nei confronti degli esemplari molto giovani) non hanno consentito la creazione di una vera e propria catena alimentare in cui i cervi si trovassero prede di alti. Questa condizione ha portato allo sviluppo di situazione veramente drammatiche in alcune aree delle nostre Alpi: la sovrappopolazione porta, infatti, a determinare un disequilibrio ecosistemico con importanti danni a numerose specie di vegetali, soprattutto a quelle di cui questi animali sono particolarmente ghiotti.

Di recente, a porreparzialmente rimedio a questa situazione è giunto il ritorno del lupo anche nelle Alpi orientali, imponendosi come predatore di vertice anche sulle popolazioni di cervi, i cui maschi adulti, tuttavia, rappresentano anche per loro un agguerrito rivale in caso di scontro.Esempio di tale dinamica si è avuta di recente all’interno della Foresta del Cansiglio, (tra le province di  Belluno  e  quella  di  Treviso)  nella  quale  la  popolazione  di  cervi,  che  aveva  raggiunto  numeri davvero notevoli, aveva determinato grandi danni al patrimonio boschivo. Qui, il ritorno del lupo e l’insediamento di un autonomo branco è stato salutato con soddisfazione da tanti, nella speranza che si venisse a determinare un riequilibrio della catena trofica per vie esclusivamente “naturali”.




 




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