Comunicato Stampa: Contro la repressione e la violenza della Repubblica islamica dell’Iran nei confronti delle donne

(Arv) Venezia 25 nov. 2024 - In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, che si celebra oggi, 25 novembre, il Consiglio regionale del Veneto ha ospitato a palazzo Ferro Fini un evento di sensibilizzazione per contrastare la repressione e la violenza che la Repubblica islamica dell’Iran perpetra nei confronti delle donne e dei cittadini iraniani, nonché per invocare la libertà di Ahou Daryai, dottoranda in letteratura francese all'Università Azad di Teheran, fermata all'ingresso dell'università dalla ‘Polizia Morale’ perché il suo vestito non era appropriato e non portava il velo in modo corretto; Ahou ha avuto il coraggio di ribellarsi, togliendosi il velo e il resto dei vestiti, restando in biancheria intima, ma ha pagato sulla propria pelle questo suo gesto ardimentoso contro il regime.

Sono interventi il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, il consigliere regionale del gruppo Misto, Fabiano Barbisan, Nasrin Bijanyar, dell’unione per la Democrazia in Iran, e Jalal Saraji, dell’associazione Democratica degli iraniani.

Il presidente Ciambetti ha in particolare ricordato come “l’evento odierno si inserisce nell’ambito della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e ci invita a riflettere sulla vicenda di Ahou Daryai, il cui atto di coraggio e ribellione ha valicato i confini geografici, rappresentando una battaglia di civiltà e lanciando un messaggio universale a difesa dell’autonomia, della libertà e dignità di ogni essere umano, la cui coercizione è inaccettabile. Siamo vicini al popolo e alle donne iraniane e ci impegniamo affinché sia loro garantita libertà e dignità”.

“La violenza può assumere tante sfaccettature ed essere perpetrata tra le mura domestiche, al lavoro o in pubblico, oppure, come nel caso di Ahou Daryai, essere istituzionalizzata e giustificata in nome di presunte tradizioni e norme morali, che tuttavia stridono con la grande tradizione culturale e letteraria persiana – ha aggiunto Ciambetti – Credo che la vera forza di una società risieda nella libertà e nella sicurezza che essa sa garantire a tutti i cittadini, non certo nel suo livello repressivo. L’Occidente deve essere al fianco delle donne iraniane in questa battaglia di civiltà”.

Il consigliere regionale del gruppo Misto, Fabiano Barbisan, ha affermato di “voler ricordare e onorare, con l’iniziativa odierna, le vittime della violenza sulle donne, un fenomeno tragico che continua a colpire troppe persone, ogni giorno, in tutto il mondo. Ogni nome che leggiamo in questa lista rappresenta una vita spezzata in modo violento e ingiustificato. Parliamo di donne come: Saman Abbas, 18 anni, uccisa dai genitori e dallo zio, cittadini del Pakistan; Renée Amato, 19 anni, uccisa a colpi di pistola dall'ex fidanzato; Michelle Causo, 17 anni, uccisa da un ragazzo di origini cingalesi, lasciata in un carrello della spesa; Giulia Cecchettin, 22 anni, uccisa dall'ex fidanzato con 75 fendenti; Melina Marino, 48 anni, uccisa da un ergastolano in regime di semilibertà; Pamela Mastropietro, 18 anni, brutalmente uccisa da Innocent Oseghale, un cittadino nigeriano; Danjela Neza, 29 anni, uccisa da un cittadino della Guinea; Ester Palmieri, 37 anni, uccisa con un coltello da caccia dall'ex fidanzato; Sara Ruschi, 35 anni, uccisa dal compagno marocchino; Hina Saleem, 21 anni, uccisa dal padre, cittadino del Pakistan; Martina Scialdone, 34 anni, uccisa dall'ex compagno; Iris Setti, 61 anni, uccisa da un cittadino nigeriano; Giulia Tramontano, 27 anni, uccisa dal compagno, Alessandro Impagnatiello, con 37 coltellate mentre era incinta; Sharon Verzeni, 33 anni, uccisa da un italiano di origini maliane, Giada Zanola, 34 anni, uccisa dal compagno dopo una lite, gettata giù da un cavalcavia. A tutte loro e a tutte le vittime di violenza va il nostro pensiero e la nostra preghiera. La battaglia contro la violenza sulle donne deve unire ogni individuo, senza bandiere o ipocrisie”.

“Sono quindi particolarmente grato al Presidente Ciambetti per aver sostenuto questo incontro e per il suo impegno – ha aggiunto Barbisan - Questo evento, che si svolge il 25 novembre, Giornata simbolica contro la violenza di genere, è un'occasione per riflettere su una piaga che purtroppo rimane sempre attuale. Voglio anche ringraziare Nasrin Bijanyar, dell'unione per la Democrazia in Iran, e Jalal Saraji, dell'associazione Democratica degli Iraniani, per la loro presenza e per avermi coinvolto, permettendomi così di dare il mio contributo alla lotta per i diritti delle donne, soprattutto in Iran, dove esse affrontano una battaglia quotidiana per la libertà, per difendere i loro diritti e per resistere a un regime oppressivo”.

“Il recente gesto di protesta di Ahou Daryai, che ha scosso l'opinione pubblica internazionale, è un potente simbolo della resistenza delle donne iraniane – ha sottolineato Fabiano Barbisan - È fondamentale che oggi, da questo luogo che rappresenta la democrazia, lanciamo un grido collettivo di condanna contro l'intolleranza, l'ingiustizia e la brutalità che troppo spesso circondano la violenza contro le donne. Questa iniziativa, non solo vuole mantenere viva l'azione di Ahou Daryai, ma ribadisce l'imperativo di continuare a sostenere la causa delle donne iraniane e di denunciare le violazioni dei diritti umani che si verificano quotidianamente. Ogni voce conta, ogni gesto di solidarietà è essenziale per contribuire al cambiamento. Dobbiamo dire alle donne iraniane, ma anche a tutte le donne che subiscono violenza, che non sono sole, affinché non vivano nella paura. La loro lotta per la libertà è la nostra lotta, la lotta di tutti noi”.

“La battaglia per i diritti delle donne è universale – ha chiarito Barbisan - Oggi, più che mai, è necessario, attraverso occasioni come questa, mantenere alta l'attenzione, non abbassare la guardia e lottare insieme per una vita di dignità e rispetto, contro ogni tipo di oppressione”.

Nasrin Bijanyar, dell’unione per la Democrazia in Iran, prima di tratteggiare una cornice dettagliata e non edulcorata delle repressioni che la Repubblica islamica dell’Iran attua quotidianamente nei confronti delle donne e dell’intero popolo iraniano, ha subito chiarito il senso della battaglia di civiltà portata avanti “per tutti quelli che hanno lottato e che lottano tutt’ora in nome della libertà”.

“Da oltre 45 anni – ha ricordato Bijanyar - il Medio Oriente è infestato da un regime autoritario e teocratico che, in nome della Repubblica islamica, tiene in ostaggio un popolo di 86 milioni di persone. Un regime che non è solo dittatoriale, ma che va ben oltre, in quanto mira a conquistare l’anima delle persone e a convertirle a una religione a cui devono essere assolutamente fedeli, spingendosi a dichiarare guerra al proprio popolo. Famiglie distrutte, come la mia, per essersi opposte alle regole imposte, come quella di portare il velo. Assistiamo a tantissime esecuzioni: nel 2023 ci sono state 853 impiccagioni che hanno avuto come vittime giovani, giovanissimi, addirittura bambini. Le donne iraniane vengono sottoposte a fortissime discriminazioni che investono il loro status sociale, dal matrimonio al divorzio, fino all’esercizio dei diritti civili, a forti restrizioni della libertà personale e lavorativa. Ad esempio, le donne non possono fare i giudici, né andare in moto o in bicicletta, non possono cantare né ballare, le loro testimonianze in tribunale valgono la metà. In Iran manca una norma che punisca la violenza domestica, mentre è stata introdotta nel Codice penale la pena di morte per chi venga ritenuto, o semplicemente additato di essere, ‘nemico di Dio’, di aver bestemmiato. Manca l’assistenza legale per i condannati, le cui confessioni vengono estorte con la tortura. Nelle carceri vengono perpetrati violenze, torture e abusi sessuali. Ultimamente, si sono intensificate le violenze contro le donne e le minoranze etniche, perfino contro gli artisti, i registi di film ritenuti contrari all’ideologia del regime. L’Iran è diventato un carcere a cielo aperto e per questo chiediamo all’Italia di essere al nostro fianco e, in particolare, di non intrattenere rapporti commerciali che rafforzano il regime. Ricordo che nessuna rivoluzione può chiamarsi tale senza un ruolo attivo delle donne: liberando sé stesse, le donne liberano tutti i cittadini, maschi compresi”.

Jalal Saraji, dell’associazione Democratica degli iraniani, dopo aver ripreso il detto secondo cui ‘le donne rappresentano la metà del cielo, e senza la loro libertà l’umanità intera non potrà mai essere libera’, ha ribadito come da “45 anni, tutta la società iraniana è soggetta a uno dei regimi più barbari e brutali che la Storia abbia mai conosciuto, che può fare impallidire le atrocità perpetrate dal Fascismo e dal Nazismo. E uno dei sistemi di mantenimento del potere utilizzato dal regime è quello delle impiccagioni: da una media di 6 persone giustiziate al giorno, siamo ora saliti a 10. Contro le esecuzioni capitali, proprio dalle carceri è nato un movimento di protesta che prevede, ogni martedì, lo sciopero della fame. Voglio sottolineare come le esecuzioni rappresentino un mezzo repressivo disumano, che non uccide solo una persona, ma anche la sua famiglia e la società intera. Ma ora le donne iraniane, assieme ad altri, stanno cercando di creare le condizioni affinché in Iran la qualità di vita sia migliore, per tutti”.

“Chiediamo all’opinione pubblica internazionale e all’Italia in particolare di essere al nostro fianco, di interrompere i rapporti politico- commerciali con il regime iraniano. Propongo di estendere le finalità perseguite dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne all’impegno per combattere la politica disumana rappresentata dalle condanne a morte. E i pasdaran vanno considerati come una vera e propria organizzazione terroristica”.

La responsabilità editoriale e i contenuti di cui al presente comunicato stampa sono a cura di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

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