Il sindaco Ianeselli: «Ius scholae? Sono d'accordo. Qui come a Bologna, cittadinanza onoraria dopo un percorso»
«Anche a Trento ci sono tanti alunni che sono nati e cresciuti qui ma non hanno la cittadinanza, nonostante siano trentini al cento per cento». In provincia degli 8.205 studenti con cittadinanza straniera, ben 5.321 sono nati in Italia
CHIESA Ius scholae: Cei, basta ideologie, l'Italia è cambiata
TRENTO. Sono poco più di ottomila gli studenti interessati allo "ius scholae" in Trentino. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi che possono diventare a tutti gli effetti cittadini italiani, se la proposta in discussione alla Camera dovesse passare.
Il disegno di legge prevede che diventi cittadino italiano il minore straniero nato in Italia o arrivato entro i 12 anni e che abbia frequentato regolarmente per almeno cinque un ciclo di studi. Alunni, quindi, che da anni studiano, giocano, fanno sport insieme a tutti gli altri compagni, ma che per la legge sono "diversi" e che non hanno quindi gli stessi diritti (e gli stessi documenti) dei compagni.
A Bologna il consiglio comunale ha inserito nello statuto il principio di una sorta di "cittadinanza onoraria" per 11 mila minorenni che hanno compiuto almeno un ciclo scolastico nella città. Un modo per riconoscere loro l'appartenenza al luogo che li ha accolti e dove sono cresciuti al pari dei coetanei italiani.
«Sono d'accordo con quanto hanno fatto a Bologna - dice il sindaco Franco Ianeselli - e con il principio dello ius scholae. Anche a Trento ci sono tanti alunni che sono nati e cresciuti qui ma non hanno la cittadinanza, nonostante siano trentini al cento per cento. Ma al di là dell'atto fatto dal Comune di Bologna, per evitare che tutto si riduca a una mera polemica politica, qui a Trento vorrei introdurre un percorso condiviso: in autunno faremo un viaggio nelle scuole della città per conoscere e incontrare questi ragazzi e le loro famiglie, per sapere le loro storie, le loro esigenze, la loro vita, e fare in seguito il passaggio "formale" e istituzionale in aula del consiglio. Diciamo che vorremmo arrivare preparati al momento della discussione, per far conoscere bene a tutti la situazione».
«È un atto dovuto, non esiste vera integrazione senza questa legge», commenta la direttrice generale dell'Istituto Veronesi e del Liceo Steam International Laura Scalfi. Guidando un istituto tecnico e professionale, sa bene quanto il tema sia sentito e delicato. «I dati nazionali dicono che le percentuali maggiori di stranieri, circa il 24%, ci concentrano nel sistema di istruzione e formazione professionale. Anche in Trentino credo siamo in linea, pur con numeri diversi a seconda dei percorsi».
La mancata cittadinanza crea dei problemi concreti, che vanno ben al di là della politica: questioni, in fine dei conti, di forma più che di sostanza, ma che mettono i bastoni tra le ruote nella vita scolastica quotidiana. «Penso semplicemente a una gita formativa in Inghilterra - analizza ancora Laura Scalfi - per gli studenti "stranieri", che in realtà vivono qui da sempre e parlano dialetto trentino meglio di me, bisogna fare una trafila burocratica incredibile, tramite la Questura. Non è una questione di ideologie, ma di scuola. La scuola è il primo elemento di integrazione».
Un aspetto, quest'ultimo, dimostrato anche nei mesi scorsi dalla volontà (di tutti, a prescindere dal colore politico) di inserire subito i bambini ucraini nelle scuole.
«Non capisco davvero perché non dare questa chance a bambini e ragazzi. Persone che sono già fisicamente qui, quindi non ci sarebbero aumenti dei flussi migratori».
Tornando ai dati del Trentino, praticamente un alunno su dieci non ha la cittadinanza italiana: è seduto negli stessi banchi, studia sugli stessi libri, fa gli stessi compiti di tutti i compagni, ma non è considerato dalla legge allo stesso modo. Sugli 8.205 studenti con cittadinanza straniera, ben 5.321 sono nati in Italia, mentre i rimanenti 2.884 sono nati all'estero. Chi ha già manifestato con nettezza la propria contrarietà al Ddl è la Lega.
I parlamentari trentini del Carroccio Diego Binelli, Vanessa Cattoi, Martina Loss, Mauro Sutto e Elena Testor hanno chiesto in Parlamento lo stop dell'iter al provvedimento (e anche a quello sulla legalizzazione della cannabis). «Mentre gli italiani hanno problemi di stipendi troppo bassi e bollette troppo alte, la sinistra sta bloccando il Parlamento con leggi per legalizzare le droghe e regalare cittadinanze agli immigrati. Si tratta di un insulto non solo alla Lega ma soprattutto ai milioni di cittadini in difficoltà. Il nostro compito è quello di rispondere al cittadino per i suoi bisogni che riguardano la vita quotidiana e riteniamo che le necessità del paese oggi siano ben altre dal liberalizzare l'uso della cannabis e l'attribuire cittadinanze a stranieri, non sono queste che dobbiamo mettere all'ordine del giorno dei lavori parlamentari».Una posizione condivisa anche dall'assessore Mirko Bisesti.