Zini: «I compiti a casa non vanno eliminati, sviluppano l’autonomia»
L’assessora Gerosa non li vuole, la presidente dei dirigenti scolastici li difende: «Hanno una funzione»
IL PEDAGOGISTA «Attenti alla demagogia»
PROVINCIA Studenti, si punta alla "disconnessione salutare"
TUTOR Docenti facilitatori per favorire il benessere degli studenti
PROPOSTA Via lo smartphone agli under 14 e i sociali agli under 16
TRENTO. «I compiti hanno una funzione e non vanno eliminati». Nelle parole di Maura Zini, presidente della sezione trentina dell'associazione nazionale dirigenti scolastici e preside dell'Istituto Comprensivo di Taio, si avvertono forti perplessità rispetto all'obiettivo più volte annunciato dalla vicepresidente della Provincia e assessora all'Istruzione, Francesca Gerosa, di dichiarare guerra ai compiti a casa per garantire ai ragazzi e alle loro famiglie la «disconnessione» e il «tempo del riposo».
Gerosa ne ha parlato più volte e venerdì scorso ha annunciato un regolamento che verrà inviato alle scuole con una serie di raccomandazioni - seppur non vincolanti per rispetto dell'autonomia scolastica - tra cui appunto «una comunicazione efficace inserita nel tempo scuola» e la "liberazione" dai compiti considerati eccessivi.
Professoressa Zini, torna il tema dei compiti casa. Gli insegnanti ne danno troppi? E perché?
Della questione dei compiti si è parlato tante volte. Dal mio punto di vista non si tratta tanto di discutere se assegnare o non assegnare i compiti, quanto piuttosto interrogarci su qual è la funzione del compito a casa rispetto alle attività didattiche che si fanno a scuola.
L'attività che si fa a scuola non può bastare?
Il compito a casa è finalizzato a permettere all'alunno di avere spazi individuali di esercitazione, approfondimento e consolidamento e quindi è un'attività funzionale a sviluppare l'autonomia dell'alunno. Per questo vanno assegnati compiti che i ragazzi possono riuscire a svolgere da soli.Vuol dire senza l'aiuto dei genitori o di un adulto?Tante volte la richiesta dei genitori è proprio quella di potersi sentire esonerati, poi dipende dall'età dei figli, per i bambini più piccoli l'autonomia è più difficile rispetto agli alunni più grandi. L'invito che rivolgiamo ai genitori è che comunque le esperienze che fanno vivere ai figli nel tempo libero contribuiscano anch'esse al loro processo di apprendimento, anche se non possono sostituire le attività scolastiche. E spero che le famiglie valorizzino la scuola per quanto può dare. Servirebbe un patto di fiducia tra famiglie e scuola.
Quindi i compiti sono necessari?
Il compito in quantità sostenibile non va eliminato, responsabilizza e rende i ragazzi più autonomi nel gestire il proprio tempo. Notiamo inoltre che spesso i ragazzi che fanno sport o altre attività extra scolastiche riescono a gestire il loro tempo meglio di altri perché sono più abituati a organizzarsi tra compiti, sport, amici.
Cosa ne pensa della nuova figura proposta dalla vicepresidente Gerosa dell'insegnante «facilitatore del benessere emotivo e relazionale»?
Le competenze socio-emotive dovrebbero essere parte della professionalità di ogni docente in modo trasversale. Colgo positivamente l'attenzione a queste tematiche e cercheremo di capire meglio in cosa consiste questo profilo, come verrà fatta la formazione e quale sarà la risposta dei docenti. Non è che con 27 ore di formazione si creano le competenze per chi non ha già una formazione sua. Ci sono già esperienze di «coach», ma sono figure esterne alla scuola. Comunque è un primo passo positivo in un ambito che però è molto delicato e va coniugato con la figura dello psicologo scolastico. Bisogna saper leggere i segnali e dipende dal tipo di disagio e difficoltà.