Il film su Chiara Lubich sbanca l'audience: grande successo su RaiUno

di Fabrizio Franchi

Il programma televisivo più visto della prima serata di domenica è stato il film di Rai1 Chiara Lubich - L’amore vince Tutto, dedicato alla figura della fondatrice del Movimento dei Focolari e interpretato da Cristiana Capotondi, che ha conquistato 5.641.000 telespettatori pari al 23% di share. Su Canale 5 il film «Un Natale al Sud» ha avuto praticamente la metà dei telespettatori, 2.959.000 pari all’11.3% di share.
Tutti gli altri programmi, sulle diverse reti, dai film ai talk, hanno avuto ascolti che non hanno superato un terzo di quelli raccolti dal film girato per il centenario della nascita della fondatrice che è stato diretto da Giacomo Campiotti e prodotto da Rai Fiction e Luca Barbareschi per Eliseo Multimedia.
Insomma, un successo notevole per il film e per Capotondi, e indirettamente un successo anche per la città di Trento e in generale per il Trentino con gli scorci di Rovereto, di Pergine e del Primiero che fanno da fondale per tutta la durata dell’opera.
Il film si focalizza in particolare sui due anni finali della seconda guerra mondiale, dal 1943 al 1945, con un racconto tenuto insieme, a spiegare la vicenda della Lubich e del Movimento dei Focolari, nei confronti-scontri che dovette sostenere negli anni ’50 in Vaticano con la Congregazione della fede. La Lubich era sotto accusa perché non era mai successo che una donna fondasse un movimento interno alla Chiesa, al punto che le donne nemmeno potevano leggere da sole il vangelo. Le accuse poi saranno anche di comunismo, di eresia. I sospetti erano anche aggravati dai famigliari, con un padre socialista, già tipografo per Cesare Battisti, e un fratello comunista e partigiano.
Nel film emerge con chiarezza però la volontà della Lubich e l’unica bussola che usa per orientarsi nel buio di quegli anni: l’amore per i più poveri.
Il film è ben fatto, pur tuttavia ha una sceneggiatura debole ed è molto didascalico nel tratteggiare il contesto. Tutto si regge sulle spalle di una straordinaria Cristiana Capotondi, efficace nel proporre un personaggio dal registro difficile. Si poteva correre il rischio di trasformarlo in macchietta, invece Capotondi lo esalta in una caparbia dolcezza. Ma i trentini che hanno visto il film avranno notato alcune sfasature, anche se accettabili in un racconto cinematografico di due ore. Il biopic doveva raccontare una figura e quello fa, ma ad esempio vedere Capotondi-Lubich che si trova in città con le amiche adepte - tra cui Natalia Dallapiccola, la prima ad aderire al suo movimento - e che decidono di andare di punto in bianco sul Cimon della Pala in Primiero e ci arrivano in un battito di ciglia come se niente fosse, in giorni di guerra, lascia perplessi. Oppure durante il bombardamento aereo che apre il film, si vede la protagonista che da maestra fa scappare i suoi alunni dall’aula. L’uscita dell’aula però è il Duomo di Trento. E anche la figura di un vescovo come De Ferrari, che nei fatti fu uno dei suoi sostenitori, è quasi silente.
Il tutto con un continuo messaggio, con una costruzione un po’ edulcorata della presunta bontà che avrebbe albergato nei cuori delle persone che venivano in contatto con la Lubich. È un film figlio di questi tempi, che vuole tentare di mettere un argine all’odio sociale attuale. E in fin dei conti ci riesce.

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