Sissi, l'imperatrice triste, arriva in val di Non

di Daniele Benfanti

L’imperatrice triste sbarca in Val di Non. Tra mito e storia, come recita il sottotitolo della mostra dedicata a Elisabetta di Wittelsbach a Sanzeno, da sabato 20 giugno al 30 agosto a Casa de Gentili, Centro Culturale d’Anaunia: «L’imperatrice Elisabetta dalla storia al mito. Ritratti e memorie dalle collezioni private del Trentino» a cura di Roberto Pancheri, storico dell’arte della Soprintendenza provinciale e con il coordinamento di Lucia Barison. Triste sì, ma anche sensibile, semplice e complicata, refrattaria al rigido cerimoniale asburgico, moderna, spregiudicata, nevroticamente attenta alla forma fisica e alla cura della sua bellezza, forse incompresa, sicuramente umbratile, fuori protocollo, irrequieta, amata, inseguita, idealizzata. Forte e cagionevole.
Libera, in una parola.

E forse è questo tratto ad averla resa un’icona pop anche per tutto il secolo successivo alla sua vita imperiale (era nata a fine 1837, fu sposa di Francesco Giuseppe a poco più di 16 anni), terminata nel 1898 in modo violento, uccisa per mano di un anarchico italiano mentre si dedicava ad esercizi fisici in un parco ginevrino. Così libera, Sissi («Sisi» sarebbe più corretto, ma la versione con doppia «s» è invalsa), che in una poesia scritta di suo pugno si paragonava a un gabbiano che vola sulle onde: «Un gabbiano io sono che non terra, nessuna spiaggia, né la mia casa, nulla mi lega a nessun luogo né paese. Io volo di onda in onda».

Sissi stavolta «vola» tra gli oggetti che la ricordano. Oggetti trentini. Tutti provenienti da collezioni e raccolte private trentine. Recuperati da Roberto Pancheri. Dipinti, stampe, cartoline postali, francobolli, locandine di film, foto di scena (della cinematografia che di Sissi si è innamorata e ne ha fatto uno stereotipo globale), ma anche oggetti e souvenir. Come un portafiori di manifattura slovacca con ben stampata l’effigie della principessa consorte di Francesco Giuseppe. Come una porcellana che la ritrae a cavallo. E i souvenir che ancora oggi spopolano, con le sue immagini, al bookshop della reggia di Schönbrunn e delle residenze che l’hanno ospitata. Decine di oggetti che molte famiglie trentine custodiscono in casa. Collezionisti privati ed eredi di famiglie storiche della Val di Non legate alla Casa d’Austria. Dopo la sua morte persino un artista di sentimenti più italiani che austriacanti come Andrea Malfatti le dedicò un busto in gesso custodito dal Comune di Trento a Palazzo Geremia. Pancheri lo ha di recente identificato nelle sembianze di Sissi, grazie a una foto di corte del fotografo Karl Pietzner.

Tracce e documenti di un culto spiegabile forse solo con il paradossale ossimoro di una vita imperiale dorata negli stucchi ma dalle tinte più cupe se si cerca di guardare cosa resta di quell’anima coperta dai sontuosi abiti di corte nel metro e settantadue e nei cinquanta chili mai superati da Sua altezza imperiale. Roberto Pancheri definisce «isteria collezionistica» quello slancio che ha accompagnato e anima tuttora il culto di Sissi, fino alla mercificazione riservata a pochi «eletti».
Al Dorotheum, casa d’aste viennese, tre anni fa un ritratto di Sissi a cavallo davanti al castello di famiglia di Possenhofen è stato battuto a un milione e mezzo di euro. 134.000 euro per il suo cappello da equitazione sborsati nel 2016 da un collezionista, 26.000 per un suo ventaglio nero.

Cifre di un mito. Consacrato dai primi film muti, da una pellicola in sonoro di Adolf Trotz del 1931 e dall’unico kolossal di lingua tedesca della storia, la trilogia su Elisabetta d’Austria del regista Ernst Marishka del triennio 1955-57 con il volto inafferrabile di Romy Schneider che ha fatto sognare aspiranti principesse adolescenti e moderni inconsapevoli principi azzurri. Aristocratica e pop al tempo stesso. Ecco la forza della principessa che amava il Trentino e il Sudtirolo. Le firme autografe di Franz e Sissi compaiono (documentate in mostra) nel libro degli ospiti dell’albergo di Angelo Rizzieri a Dimaro. Hotel che prese da allora il nome di Albergo Corona. Era il 12 luglio 1894. La coppia imperiale era di ritorno da un breve soggiorno nell’amata Madonna di Campiglio. Campiglio, Arco, Riva del Garda, Merano, Cavareno, Ruffrè-Mendola i luoghi elisabettiani in regione, che la mostra di Sanzeno e l’articolato catalogo non rinunciano a ricordare.

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