Adelphi ripubblica «Il Mago di Lublino»

Riappare quasi come un fiume carsico, editorialmente parlando, un testo di Isaac Bashevis Singer , Il Mago di Lublino (nella foto un particolare della copertina: «Omaggio a Gogol», di Chagall) ; non un inedito perché uscito già sessant'anni fa in inglese e tre anni dopo in italiano per Longanesi. 

Ma ora Adelphi, una delle nostre case editrici tra le più attente alla produzione letteraria di quel gran mondo ebraico ricco di sfumature non soltanto narrative, ne ripropone il testo - sotto la supervisione di Elisabetta Zevi, come per tutti i libri di Singer - che esce nella gran Biblioteca Adelphi, illuminandoci subito con la sua forza magistrale, raccontando di un formidabile personaggio, Yasha Mazur, saltimbanco, illusionista, che si perde in un abisso umano e cerca di riscattarsi. Quello che resta del libro e che aleggia continuamente è in definitiva la presenza di Dio. Ma non è una presenza invocata o temuta, non è una presenza rivendicata. Ma è una presenza che c'è e che fa parte della ricerca dell'uomo nelle sue domande più forti e ricorrenti nei confronti della vita.

La bellezza del libro e della scrittura di Singer sta sia nella costruzione di una trama che costringe il lettore a seguire Yasha nei suoi passaggi, ma anche nella scrittura, nella capacità di costruire non soltanto delle situazioni, ma anche nel rendere felicemente vivida davanti agli occhi una tavolozza di colori della natura, nei suoi mutamenti stagionali e nel cogliere particolari che sembrano apparentemente insignificanti, come il marcire delle mele cadute da un albero o i dorati campi rigogliosi estivi. Singer è ormai a tutti gli effetti uno dei grandi della letteratura del Novecento, con una vita vissuta che gli ha fatto attraversare i drammi del secolo breve con la fuga negli Stati Uniti, avendo sentito bruciare sulla sua pelle non soltanto l'antisemitismo nazista, ma anche l'oppressione stalinista che gli causò pure lo sfacelo della famiglia e del suo primo matrimonio. Eppure, nonostante tutto, nonostante fosse passato nella "mezzanotte del secolo", alla fine dei suoi libri si sente ancora bruciare una voglia di vita.

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