Ferrate di guerra sulle Dolomiti: ecco la guida di Rogger

di Fabrizio Torchio

Il progetto Interreg «Dolomiti senza confini», un lungo itinerario ad anello su vie ferrate che corre in gran parte lungo il fronte della Prima guerra mondiale, inaugurato il 9 giugno 2018, ha ora la sua guida a stampa.

L’ha scritta Daniel Rogger, classe 1982, che ha frequentato fin dall’infanzia le Dolomiti di Sesto, dove la sua famiglia ha gestito il Rifugio Pian di Cengia. Guida alpina alla scuola di alpinismo Tre Cime di Sesto, Rogger ha da poco pubblicato per Versante Sud «Dolomiti senza confini. L’alta via ferrata dolomitica che annulla i confini» con una cartina topografica allegata in scala 1:25mila e la prefazione di Reinhold Messner (96 pagine, 19,50 euro). Il «re degli ottomila» nel 2018 aveva preso parte all’inaugurazione del progetto - nato per unire dodici vie ferrate e i rifugi dell’alta Val Pusteria, del Comelico e dell’Austria annullando le frontiere - raggiungendo la trincea della cresta della Sella dei Frugoni insieme all’alpinista austriaco Hans Wenzl e allo scalatore italiano Fausto De Stefani. Il cippo inaugurato nei pressi della Sella dei Frugoni è un simbolo di pace e di fratellanza europea eretto là dove, poco più di un secolo fa, infuriarono i combattimenti fra Alpini e Kaiserjager.

Dal Monte Paterno alla Torre Toblin, da Cima Undici alla Croda Rossa di Sesto, durante il primo conflitto mondiale furono l’esercito italiano e l’esercito austriaco i creatori dei primi percorsi attrezzati: i soldati lavorarono per allargare le cenge rocciose, sistemarono scale e posarono funi di sicurezza, permettendo così di raggiungere osservatori, postazioni e trincee posizionate in punti talvolta verticali e fin sulle vette. Precursori delle vie ferrate che sarebbero poi nate a servizio del turismo alpinistico, questi percorsi stupiscono talvolta per la loro arditezza e fanno oggi riflettere sugli alti costi umani della Grande Guerra e sull’enorme sforzo che comportò il dover combattere a queste altezze. Trincee e gallerie costituiscono oggi una sorta di “museo all’aperto” che ricorda agli alpinisti la grande tragedia del primo Novecento. Per questo, per far sì che le Dolomiti non siano più una barriera ma un luogo di amicizia e di incontro fra chi parla lingue diverse, è nato il progetto «Dolomiti senza confini»: nel volume, l’ideatore del progetto Bepi Monti, che dal 2010 organizza al rifugio Carducci una festa solidale denominata proprio «Dolomiti senza confini», auspica che al messaggio di pace insito nel progetto possa venire data continuità anche in futuro.

Il percorso, dopo l’intuizione di Monti, si è concretizzato con il supporto del programma europeo Interreg, ha visto collaborare molti volontari e ha come partner ufficiali l’Associazione turistica di Sesto, la Provincia di Belluno e l’Alpenverein austriaco. Gli interventi di manutenzione e di ammodernamento hanno permesso di unire dodici vie ferrate e diciassette rifugi superando confini fra province e fra due stati, in un percorso ad anello che si può iniziare in vari punti. Nella guida l’itinerario viene descritto in nove tappe con inizio a Passo Monte Croce Comelico, sul confine fra l’Alto Adige e la provincia di Belluno. Altri punti di partenza sono nella Lesachtal austriaca (Kartitsch e Obertilliach), a Padola (Comelico), al rifugio Auronzo e in Val Fiscalina. Non è però un itinerario per tutti: l’autore avverte che, oltre alle vie ferrate, si devono affrontare lungi tratti a piedi su percorsi esposti in un ambiente di alta montagna. Specifica quindi i requisiti alpinistici necessari e indica gli indirizzi delle guide alpine alle quali ci si può rivolgere per affrontare l’itinerario o parte di esso.

Per ogni tappa, Rogger descrive il percorso indicandone la difficoltà, dislivello e distanza, tempi di percorrenza, ma offrendo anche consigli utili per abbreviare l’itinerario e indicando le possibilità di pernottamento. In appendice l’autore descrive anche la variante dei Cadini di Misurina, un tour su ferrate di tre giorni, e la variante per la Forcella della Neve che consente di abbreviare l’escursione. Complessivamente, tra vie ferrate e percorsi non attrezzati, chi volesse cimentarsi con l’anello “Dolomiti senza confini” potrà superare ben 12mila metri di dislivello lungo 125 chilometri. Per approfondire la storia dei luoghi attraversari dal percorso, Rogger indica una scelta di libri, saggi e romanzi, di film e di musei visitabili in zona, dalla celebre area del Monte Piana al Bunker-Museum di Dobbiaco.

Chi volesse saperne di più su questa proposta di frequentazione alpinistica delle Dolomiti può anche visitare il sito internet dedicato al progetto, dolomitisenzaconfini.eu, dove si trovano informazioni e brevi descrizioni dell’itinerario a tappe oltre alle motivazioni che hanno spinto gli ideatori a realizzarlo e ai dettagli del supporto economico dell’Unione Europea attraverso il progetto Interreg.

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