Il rap napoletano di Lucariello invitato dal Museo Diocesano questa sera alla sala della Caritro

di Fabrizio Franchi

 Il tambureggiare ossessivo, martellante di "Nuje Vulimme ‘Na Speranza" è ormai diventato quasi un tormentone. Il nome di Lucariello, il rapper napoletano autore e cantante del must, forse a molti dirà poco, ma è sicuramente uno dei protagonisti della scena musicale napoletana e non solo. E stasera sarà a Trento nei saloni della Fondazione Caritro alle 21 per un concerto gratuito, invitato in città dal Museo Diocesano Tridentino a chiudere la mostra sulla "Terra dei fuochi, Terra Mala", del fotografo Stefano Schirato ospitata al Diocesano e che ha lasciato il segno con le sue fotografie dirompenti in bianco e nero, su una terra martoriata. E l’accostamento con Lucariello diventa quasi un evento da contraddizione religiosa e teologica, nel rapporto tra una istituzione della diocesi e un rapper alternativo, ma il Museo, guidato dalla direttrice Domenica Primerano ha voluto fare una scelta di rottura con un personaggio «forte», dirompente, che è contro le gerarchie ed è anti-sistema.

Lucariello è comunque un personaggio, assurto a una gloria ancora maggiore da quando ha composto la sigla di Gomorra, cosicché con il suo rap napoletano è entrato nella testa di tutti. La serie tv, che è tornata sugli schermi di Sky con la quarta stagione venerdì scorso, gli ha fatto fare il salto della gloria, ma va detto che Lucariello, il cui vero nome è Luca Caiazzo, è musicista da lunga pezza, con una storia che parte dalle performance con gli Almamegretta, storica band napoletana che fu tra le migliori ensemble alternative con il loro sound dub e reggae degli anni ’90.
Poi Lucariello si accomodò sul palcoscenico come solista rap, pur intrecciando collaborazioni importanti, ad esempio con Fabri Fibra.

Ma Lucariello ha avuto collaborazioni anche con Claudio Baglioni e Ezio Bosso: musica popolare e musica colta. Con Bosso nel 2008 ha scritto «Cappotto di legno»: la canzone raccoglie la sfida lanciata da Roberto Saviano con un suo accorato appello: «Qualcuno scriva una canzone per raccontare come sono costretto a vivere». Il titolo del brano è dello stesso Saviano, supervisore del lavoro e fan del rapper, nei cui brani sembrano rivivere le stesse situazioni e gli stessi volti descritti nel suo libro.


Tuttavia, nonostante possa stridere agli occhi di qualcuno, la scelta del Diocesano non è casuale: Lucariello è un uomo impegnato nel sociale, specialmente su due temi molto cari al Museo: l’ambiente e il carcere. Domani Lucariello incontrerà poi le classi terze delle scuole medie «Manzoni» di Trento.

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