Per i «Dirotta su Cuba», venerdì 13 alla Flymusic Arena, una svolta "british"

di Fabio De Santi

Negli anni '90 i Dirotta su Cuba hanno conosciuto il loro periodo di massimo splendore con una serie di album che hanno conquistato classifiche e airplay radio. Da allora però la loro fama di top band italiana, se si parla di acid jazz e funky style, non è mai tramontata e ancor oggi i «Dirotta» godono di un certo seguito fra gli appassionati del genere. Anche per questo non passa di certo inosservato il loro ritorno in regione previsto venerdì, alle 21, alla Flymusic Arena in località Acquaviva a Besenello per un live che vedrà anche, come ospite un fuoriclasse del basso quale Federico Malaman. Del momento della band fiorentina abbiamo parlato con il bassista Stefano De Donato che, insieme alla vocalist Simona Bencini , è parte dell'anima originale del Dirotta.

Il vostro 2019 è stato segnato da«Good Things» il primo brano in inglese della vostra storia: da dove la svolta british?

«I motivi sono diversi ma il principale è dato dalla nostra caratteristica di voler far sempre fare qualcosa di leggermente diverso, di spostare i nostri traguardi. In questi anni poi abbiamo collaborato con tanti artisti internazionali, suonato in molti festival insieme a band straordinarie come gli Incognito: in molti casi ci siamo resi conto di come, nonostante il nostro valore, e non lo dico certo per supponenza, il cantare in italiano costituiva per noi uno scoglio. Pensandoci, credo fosse una cosa che andava fatta anche prima».

E poche settimana fa è stata la volta di «Nothing is impossibile»

«Qui affrontiamo con «impegnata leggerezza» varie tematiche sociali, politiche ed ecologiche: l'ispirazione ci è venuta parafrasando il famoso aforisma di Muhammed Alì che si conclude con "Impossible is nothing". Dal punto di vista del sound abbiamo guardato al produttore Pharrell prendendo spunto dal suo modo di scrivere e arrangiare, unendolo al background per dar vita a un brano con un groove ipnotico».

Ma avrà un seguito questa scelta?

«Siamo al lavoro sul nuovo album che uscirà nel 2020 e stiamo scrivendo pezzi in italiano perché questa è la nostra natura, la peculiarità a cui non vogliamo rinunciare, quella che ci ha portato fortuna e resi speciali. Nello stesso tempo abbiamo aperto la strada all'inglese e quindi il prossimo disco potrebbe avere una doppia veste con brani in entrambe le lingue o uscire in due versioni differenti. Chi ci segue ha apprezzato le nuove canzoni e questo ci fa piacere».

Venerdì suonerete in Trentino: con quale live?

«Molto innovativo perché noi abbiamo il vizio di riarrangiare tutto: in due ore di concerto proponiamo tutti i nostri singoli più famosi, a partire da «Gelosia», tutti cambiati rispetto all'originale. Siamo alla fine di un tour di una quarantina di date di cui la maggior parte sold out».

 

Vi ha mai pesato il ruolo di band di punta dell'acid jazz e del funky tricolore conquistato negli anni '90?

«A me condiziona tutti i giorni ma nello stesso tempo mi rendo conto di quello che sono stati e sono i Dirotta su Cuba per gli appassionati del genere. Sia io sia Simona Bencini abbiamo altri progetti, altri orizzonti, ma quando ci caliamo nelle forme dei Dirotta siamo consapevoli del nostro ruolo e ci divertiamo ancora tantissimo».

Qualche nostalgia per quel decennio e per la Firenze di fine millennio?

«Per noi quel decennio è stato magico e lo era anche la nostra città, Firenze, molto più viva e creativa di oggi, c'era tanta voglia di esprimersi anche attraverso la musica e l'arte».

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