Elena Sofia Ricci porta sullo schermo Ruta Levi Montalcini

Le rughe che le solcano il viso, i capelli grigi raccolti, il camice bianco sopra gli abiti e, al collo, un gioiello importante. Ogni giorno, per tutta la durata delle riprese, le ci sono volute quattro ore di trucco per calarsi nei panni del suo personaggio.

Nonostante l’incredibile differenza d’età Elena Sofia Ricci è un’incredibile Rita Levi Montalcini, nel film per la tv diretto da Alberto Negrin e dedicato alla celebre neurologa, premio Nobel per la medicina per aver scoperto il fattore di crescita nervoso (Ngf), cioè la proteina che permette alle fibre nervose di rigenerarsi. Il 26 novembre, alle ore 21.25, andrà in onda su Rai1 (una coproduzione Rai Fiction-Cosmo Productions EU). “Il film è liberamente ispirato - non è un documentario o una biografia a una vicenda che spinse la professoressa, nominata senatrice a vita nel 2001, a utilizzare la sua scoperta del fattore dell’accrescimento nervoso per curare le lacerazioni corneali”, ha spiegato l’attrice in una conversazione con l’ANSA (ora è sul set della nuova stagione di Che Dio ci Aiuti)”. Un film con cui la Rai vuole rendere omaggio alla vita straordinaria di una donna che ha consacrato tutta se stessa alla scienza e al progresso dell’umanità intera,

Elena Sofia Ricci (anche lei e sua figlia sono rimaste contagiate dal covid, mentre suo marito no, l’attrice lo ha scoperto dopo essersi già negativizzata facendo un tampone sierologico) tiene a evidenziare quanto sia importante che il film arrivi proprio in questo momento drammatico: “è un abbraccio virtuale non solo a un gigante che l’Italia ha avuto in questo campo, ma a tutti i medici, gli scienziati, a chi la lavora nella ricerca, fondamentali, per la collettività tutta. Mai come in questo ultimo anno ci siamo resi conto quanto siamo vulnerabili. Per questo è fondamentale non abbassare la guardia in attesa di tempi migliori di un vaccino sicuro e disponibile. Dovremmo, io per prima, mettere da parte certi egoismi, riflettere e insieme, tutti nel nostro piccolo, dare l’esempio. Non siamo responsabili solo per noi stessi, ma per tutta la nostra specie umana, non bisogna mai dimenticarlo”. Elena Sofia Ricci ricorda come sia stata data la possibilità grazie alla nipote di Levi Montalcini, Piera, di girare alcune scene nella casa a Roma dove lavorava la scienziata dove viveva con la sorella gemella Paola, nota artista del novecento. Abbiamo anche avuto l’opportunita di visionare bigliettini scritti di suo pugno, tra questi il motto kantiano che lei ha raccolto e fatto suo al ‘sapere aude’, a utilizzare con coraggio e determinazione le proprie facoltà intellettuali. Rita Levi-Montalcini si è confrontata con i grandi interrogativi del nostro tempo, riflettendo sulle scelte che gli uomini dopo di lei saranno chiamati a compiere. Temi cruciali a sottolineare il legame indissolubile e necessario tra ricerca e dimensione etica, tra innovazione scientifica e difesa dell’individuo.

Una riflessione appassionata, animata dalla serena fiducia nell’uomo e nella sua capacità di comprendere e gestire le sfide della contemporaneità. Riponeva tutte le sue speranze nei giovani pur non avendo avuto figli e marito per sua scelta. Forte della sua esperienza e del suo vissuto ha motivato giovani generazioni a sviluppare le proprie potenzialità, percorrendo se necessario le strade più impervie. Chissà - si chiede Ricci - cosa penserebbe di noi? A chi ha lasciato questa immensa eredità se ci vedesse? E noi, mi chiedo, ai nostri figli cosa abbiamo trasmesso? Quali strumenti, quali valori, cosa abbiamo trascurato?”. Elena Sofia Ricci ricorda: “La sua abitazione era arredata come un convento, e io di conventi ne ho girati. Il letto una branda. Ad un suo assistente regalò un appartamento vicino al CNR affinché impiegasse meno tempo a raggiungerla. Il ricercatore infatti, raccontano testimoni, aveva trovato una casa per lui in affitto al Prenestino, lei sbottò troppo lontano!”. Quando le chiesero come si sentiva appena seppe del Nobel rispose ‘inadeguata’. Ecco come mi sono sentita ovviamente io ogni giorno delle riprese”. Negrin sottolinea: “La complessità era dovuta anche al fatto che non dovevamo solo affrontare un personaggio come Rita Levi-Montalcini ma anche i suoi collaboratori, e primo fra tutti il suo mentore, il Professor Giuseppe Levi (Franco Castellano), il padre della scrittrice Natalia Ginzburg, l’uomo che, all’Università di Torino, ha fatto da ‘levatrice’ a ben tre premi Nobel Italiani: Luria, Dulbecco e Montalcini”.

Il film si apre nel 1986, al ritorno da Stoccolma, dove ha ricevuto il prestigioso riconoscimento in ambito scientifico. Ma ci sono continui salti temporali. E l’incontro tra la scienziata ed una giovane violoncellista- interpretata da Elisa Carletti, 12 anni (”il personaggio è di fantasia”), che rischia di diventare cieca, diede l’impulso alla Levi Montalcini di sintetizzare l’Ngf, trent’anni dopo averlo scoperto, in un collirio in grado di guarirla. Levi Montalcini è è morta nel 2012 a 103 anni a Roma. Il soggetto è di Roberto Jannone, Francesco Massaro e Alberto Negrin che firmano anche la sceneggiatura insieme Monica Zapelli.

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