Noi ottantenni, carne da macello?
La lettera al direttore
Noi ottantenni, carne da macello?
Caro Direttore, da giorni i media ci fanno sapere che in Italia, Francia e Spagna quelli sopra gli ottanta anni in molti casi vengono solo accompagnati alla morte. Anch’io sono uno di questi, però sono uno che finora non ha bisogno di recarsi in farmacia. Questa mia salute, penso sia frutto della mia intensa vita che faccio. Quando c’era da fondare qualche cosa mi chiamavano.
Infatti sono fondatore del sindacato Media, dell’associazione “Domenica libera”, fondatore del Centro Consumatori, anzi pochi mesi fa ho festeggiato come attivo socio (quale presidente, membro del Direttivo e revisore dei conti) 25 anni di appartenenza. Per 17 anni sono stato alla guida del Consolato Maestri del Lavoro di Bolzano. Quindici anni fa ho dato vita al “Centro Documentazione/ Comunicazione Minoranze Linguistiche nelle Alpi” e otto anni fa all’associazione culturale “Costumi Storici Valli del Leno”, di cui sono presidente. Ora, questa nuova epidemia ci fa capire che non è l’ultima. A questo punto penso che gli Stati cosiddetti latini hanno fatto male i conti, cioè si doveva investire di più nella salute. Forse è opportuno che l’Europa prenda in mano le redini e che crei anche per questi casi un centro di studio e coordinamento europeo.
Poi il turismo da noi dovrebbe aver raggiunto il punto massimo. Non si può ancora aumentare il traffico, ingrandire all’infinito alberghi, funivie, rifugi, megafeste in cima alla montagna. Perché ora dobbiamo “allevare” i nostri ragazzi come se fossero dei conigli chiusi in gabbia. Da tre settimane i ragazzi sono in quarantena e non si intravvede ancora la fine. Ne va del futuro di questi ragazzi e del nostro territorio.
Arthur Stoffella
Non sempre è possibile curare tutti
Prima di tutto un consiglio: mi raccomando, stia a casa. Anche se lei è un leone, come la sua storia ben dimostra, resta comunque un soggetto ad alto rischio. Fatta questa premessa le dico che gli anziani non sono carne da macello, ma è vero che, in determinati casi, i medici sono costretti - da sempre - a scegliere chi curare e chi no. Gli esperti, anche fra i medici e fra chi fa parte dei vari comitati etici, si confrontano da sempre su questi temi. I
l medico deve curare tutti, a prescindere dall’età. Ma non sempre è possibile. Ci sono due dati, fra loro quasi in contrapposizione: da una parte si festeggiano, in regioni falcidiate dal Covid-19, i pazienti molto anziani che escono dagli ospedali dopo aver sconfitto il coronavirus; dall’altra si apprende che, sostanzialmente, non ci sono ambulanze che vanno nelle case di riposo per prelevare e portare in ospedale anziani colpiti dal coronavirus. Anche di qui i dati strani che arrivano dall’Alto Adige, dove chi muore in casa di riposo non era stato conteggiato fra i morti per colpa del coronavirus.
Al di là dei dubbi sui numeri (altoatesini) e di alcune certezze su chi lotta fra la morte e la vita in casa di riposo, spesso alle prese con più patologie, si spera che i medici - grazie anche ai letti che sono stati aggiunti di giorno in giorno per curare i “nuovi” malati - non debbano mai trovarsi al bivio. In tutti i casi, il consiglio resta sempre lo stesso: stare a casa. Perché stare a casa significa non solo proteggersi, ma anche e soprattutto proteggere gli altri. Vale per noi adulti e per i nostri ragazzi.
lettere@ladige.it