Centrali idroelettriche in gara, Roma contro Trento Scontro sulle 17 concessioni: valgono 240 milioni annui

Roma interviene, bocciando due articoli della legge provinciale sulle concessioni idroelettriche, nella gara per il rinnovo della gestione di 17 concessioni entro il 31 luglio del 2024 che il Trentino ha avviato.

In Gazzetta ufficiale è stato infatti pubblicato l'atto con cui il governo Conte impugna davanti alla Corte costituzionale le parti della normativa provinciale (la legge 9 del 2020) con cui si indicano i requisiti di partecipazione alla gara sulle centrali per gli operatori e non si coinvolge, a sufficienza secondo Roma, lo Stato nella procedura di gara stessa. 

L'impugnativa, decisa a metà dicembre dal Consiglio dei ministri (il 19 per l'esattezza) è diventata ufficiale con la pubblicazione in Gazzetta, ma non ferma l'iter di preparazione dei bandi per l'assegnazione delle centrali, anche perché la gara si terrà nel 2023 e la Provincia in questo lasso di tempo cercherà con il dialogo, spiega il vicepresidente della giunta Mario Tonina (Pt), per trovare una soluzione prima di approdare alla Corte Costituzionale. 

«Il ricorso del Governo – sottolinea infatti Tonina - non impedisce comunque agli uffici della Provincia di avviare il percorso preparatorio alle gare in attuazione della legge; tra le attività preparatorie abbiamo ad esempio le procedure connesse alle valutazioni degli usi diversi delle acque, alle valutazioni di impatto ambientale e al censimento dei beni che passeranno in proprietà della Provincia. Nel frattempo confidiamo che, con un'interlocuzione con lo Stato, si possa trovare anche un accordo per modificare la legge nelle parti, pur marginali, interessate dal ricorso, anche valutando il coinvolgimento di alcuni organi amministrativi statali».

Gli articoli contestati

Nella sua impugnativa il governo chiede alla Corte costituzionale di dichiarare «l'illegittimita' costituzionale degli articoli 8 (commi 9 e 14), 10, e 16, comma 3 della legge della Provincia autonoma di Trento 21 ottobre 2020, numero 9». Il governo contesta nella sostanza il fatto che c'è un insufficiente coinvolgimento dello Stato nella selezione degli operatori e l'elencazione di requisiti opzionali (come gli anni di gestione delle centrali nel periodo precedente alla gara). Da parte della Provincia si sostiene che con le norme indicate il numero di operatori che si potevano invitare era di 25 e che i criteri servono a tutelare territorio e ambiente. C'è chi interpreta tale impugnativa come il frutto del timore dello Stato che Trento volesse tutelare i concessionari uscenti, a partire da Dolomiti Energia.

Di fatto, invece, lo Stato ritiene che la normativa trentina per quanto riguarda le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni, secondo il governo «avrebbe ecceduto rispetto alle competenze riconosciute alla Provincia dallo statuto speciale di autonomia» e violato l'art. 117, primo comma della Costituzione, che impone il rispetto del diritto europeo, e in particolare il principio della libertà di concorrenza «per il mercato».

La posta in palio

La gara dovrà assegnare 17 concessioni idroelettriche, di cui una (quella di Taio, in coincidenza con la diga di Santa Giustina), scaduta alla fine del 2018 e già in proroga. In scadenza è quindi circa l'82% della produzione di energia elettrica trentina per un fatturato attuale di circa 240 milioni di euro annui.
All'assegnazione delle concessioni corrisponde un sistema di canoni e somme per l'utilizzo del patrimonio del grande idroelettrico che rappresenta un'importante risorsa per i bilanci pubblici dei prossimi anni, del valore stimato di oltre 100 milioni di euro all'anno. La legge introduce anche un canone ambientale per le derivazioni idroelettriche con potenza nominale tra i 220 kW e i 3.000 kW, che sarà destinata ai Comuni.

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