Alunni con disabilità, in Trentino sono 2.500

di Andrea Bergamo

Sono circa 2.500 i ragazzi e le ragazze con bisogni educativi speciali che frequentano le scuole trentine. Purtroppo, spesso, il percorso per le famiglie che chiedono una figura di riferimento per i loro figli non è affatto semplice. «Per i nostri ragazzi, gli anni della scuola rappresentano un importante tratto di vita nei quali l'inclusione viene garantita» osserva il presidente di Anffas Luciano Enderle, che interviene dopo il racconto del «calvario» di un genitore, Claudio Stenghele. 

«La presenza assistita in classe degli studenti disabili è fondamentale per la crescita di chi è in difficoltà e dell'intera classe. Purtroppo, ogni famiglia deve conquistarsi il proprio percorso, che non è garantito, anche se dovrebbe esserlo per legge» sono le parole di Enderle. Il papà che ha raccontato la propria storia sul giornale, ha ricordato le difficoltà affrontate lo scorso anno: «Le nostre famiglie hanno trascorso le vacanze estive senza avere la sicurezza che a settembre ci sarebbe stato un aiuto per i propri figli» si legge nella lettera, dove si assicura: «Questa volta non staremo zitti a guardare; vogliamo che la politica si affidi a degli esperti per rivedere lo strumento di valutazione per la distribuzione delle risorse». Risorse con le quali devono fare i conti i dirigenti scolastici, come conferma la presidente dell'associazione presidi Alessandra Pasini, che non nasconde le difficoltà: «Gli insegnanti di sostegno vengono assegnati alle scuole in base alle certificazioni presentate dalle famiglie e alla gravità dei singoli casi, mentre i dirigenti richiedono l'intervento di docenti di disciplina o assistenti educatori. I fondi non sono stati ridotti, ma che ci sia un problema di risorse è vero. Credo però che all'interno delle singole scuole si debba creare un'organizzazione interna tale per dare risposta a questi bisogni, utilizzando le risorse interne. Un altro problema riguarda la continuità, nei casi in cui l'insegnante non è di ruolo».  

Secondo quanto riferito dal presidente di Annfas ci sarebbero situazioni in cui i disabili di età diverse che frequentano la stessa scuola vengono riuniti per frequentare dei laboratori, impegnando un sola figura che li segua. «Questa non può essere la normalità, perché rischia di compromettere il percorso di inclusione - afferma Enderle -. Io stesso ho combattuto perché mia figlia facesse parte di una classe, e questo ha inciso positivamente sulla sua autostima e autodeterminazione: una delle gioie più grandi è arrivata quando i compagni l'hanno invitata a marinare la scuola l'ultimo giorno di lezione, per partecipare a una braciolata». In Trentino le cose funzionano comunque meglio che altrove: «Certamente i genitori devono tenere alta la guardia». In alcuni casi, quando non è possibile avere un assistente di sostegno, i disabili vengono accompagnati da assistenti educatori delle cooperative sociali, che accompagnano i ragazzi durante il percorso scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, infine, «sarebbe bello che tutti gli istituti fossero disponibili ad avviare dei percorsi dedicati alle persone disabili, dai licei agli istituti tecnici».

LA POSIZIONE DI UGO ROSSI

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