Bombe d'acqua in val di Fassa bloccati in quota in 400

di Leonardo Pontalti

Il sole, nel tardo pomeriggio di ieri, ha fatto capolino quasi beffardo su Pozza di Fassa. Stridendo col nero dei nuvoloni ancora minacciosi sulla val San Nicolò e con la foga con cui ogni torrente continuava a riversare a valle più fango che acqua.

La bomba d’acqua che si è abbattuta sulla val di Fassa nel primo pomeriggio si è lasciata alle spalle una vittima, Daniela Persano e tanta paura. Quella legata ad una nuova ferita inferta a una terra ancora impegnata, con orgoglio e determinazione, a rialzarsi dopo i devastanti effetti del disastro d’ottobre e che, soprattutto, ha ancora negli occhi lo sfregio del maltempo dello scorso anno. Sempre il 3 luglio. Moena, allora, oggi più su. «Non è una buona giornata, quella del 3 luglio, per la nostra terra», commenta amaro il comandante dei vigili del fuoco volontari di Pozza Andrea Winterle.

A scatenarsi in valle ieri è stata una vera e propria tempesta, di acqua e grandine, dopo una mattinata di bel tempo che aveva spinto in quota decine e decine di turisti ed escursionisti. Dalle 13 alle 14 circa non c’è stata tregua, con la mole d’acqua che ha fatto esondare il rio San Nicolò: a pagare il prezzo più caro è stata Daniela Persano, travolta da un’improvvisa ondata di piena del torrente. Ma per tutti nella zona è stato un pomeriggio da incubo.

I vigili del fuoco dei corpi di Pozza, Vigo, Canazei e Soraga hanno portato a valle circa quattrocento escursionisti, che erano rimasti bloccati nei rifugi e lungo i sentieri in quota, in uno sforzo che ha coinvolto un centinaio di uomini e che ha visto i soccorritori impegnati su più fronti contemporaneamente, prima di tutto quello più grave è tragico della val San Nicolò.

Mentre sono scattate le ricerche in acqua della turista, decine di uomini hanno fatto la spola lungo le strade forestali che salgono in quota per portare in salvo chi si trovava al rifugio Cascate o a Baita Ciampié. Tutti caricati un po’ per volta a bordo di fuoristrada e pulmini dei vigili del fuoco, attrezzati appositamente, perché - come ha spiegato il comandante dei volontari di Pozza Winterle - «le strade erano impraticabili: la quantità di grandine era tale che le condizioni erano in tutto e per tutto paragonabili a quelle di una strada innevata in inverno. Senza contare terra e sassi rimasti poi sulla strada».

Dalla zona del Contrin sono stati portati a valle non senza fatica, e grazie anche al supporto del Soccorso alpino, circa ottanta escursionisti che erano rimasti bloccati all’altezza di un guado che, opportunamente, nessuno ha preferito tentare di attraversare».

Grande impegno anche per il corpo della polizia locale della val di Fassa: «Coordinandoci con i vigili del fuoco abbiamo subito chiuso l’accesso alla strada che sale ai Monzoni e in val San Nicolò per evitare che altre persone viste le condizioni meteo potessero mettere a repentaglio la loro incolumità», ha spiegato il comandante Gianluca Ruggiero.

Non sono mancati i disagi anche a valle: alcune strutture alberghiere come il Vidor, hanno subito qualche danno: «Nulla di grave fortunatamente, anche se pioggia e grandine hanno ostruito le pompe delle nostre piscine». Una decina gli interventi per allagamenti di garage e scantinati a Pozza.

Nulla, fortunatamente, di paragonabile a quanto accaduto a Moena un anno fa. Ma comunque manciate di sale su una ferita tornata a bruciare, guardando il cielo e il calendario. Un altro 3 luglio mesto, per la gente di Fassa.

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