Feste Vigiliane verso il rinvio Nardelli: "Facciamo tutto il possibile ma dipende dall'emergenza virus"

di Fabio De Santi

«Non è facile fare previsioni in questo frangente ma ad essere realisti è piuttosto improbabile che si possa tornare a programmare spettacoli prima di settembre. Speriamo che la situazione migliori e che il quadro attuale possa mutare».

Nelle parole di Francesco Nardelli, direttore del Centro Servizi Culturali Santa Chiara, traspare la difficoltà di chi si trova a gestire una situazione di emergenza del tutto nuova anche per il mondo dello spettacolo. Un contesto di grande incertezza legato alle speranza di ripartire il prima possibile ma con la consapevolezza che, anche una volta ripresa l’attività dell’Ente, ci vorrà molto per ritornare a quella che un tempo era la normalità nell’organizzazione e anche nella fruizione da parte del pubblico degli eventi.

Nardelli, come sta affrontando il Centro Santa Chiara questo momento per tutti inedito e difficile?

«Ci muoviamo sulla base dei decreti ministeriali che arrivano e anche sulle direttive che provengono dal legislatore provinciale. Al momento la nostra è un attività di fatto sospesa, ad oggi, fino a venerdì 3 aprile. Un termine che stando così le cose verrà prorogato. Non si sa fino a quando».

Nei primi momenti dell’emergenza, dalla seconda metà di febbraio ad inizio marzo, avevate provato a resistere, poi tutto è precipitato.

«Sì, avevamo provato a non sospendere la programmazione perché ritenevamo, a buon diritto, che a fronte di quella che era una problematica seria ma non ancora una grave emergenza, fosse importante dare una continuità operativa. Volevamo trasmettere un messaggio di normalità, di speranza e di continuità seppur con spettacoli contingentati per numero di spettatori presenti e tenendo conto della distanza fra le persone».

In quale modo avete affrontato il problema degli abbonati alle vostre Stagioni e di coloro che avevano aquistato in prevendita i biglietti per i singoli eventi?

«Ci siamo subito mossi per tutelare sia gli spettatori che avevano comperato i biglietti, sia gli abbonati. Abbiamo dato tempestivamente dei riferimenti chiari per far fronte alle richieste di rimborso relativi agli spettacoli annullati. Un rimborso che il legislatore nazionale ha stabilito fosse costituito in un voucher di pari importo da riempiegare nei dodici mesi successivi a questo periodo. Va evidenziato come, ad oggi, questo valga per gli eventi annullati dal 2 marzo al 3 aprile. Se cambieranno i termini temporali, come prevedibile, si provvederà di conseguenza con la stessa formula al rimborso in base alle nuove scadenze stabilite».

Inizialmente appunto, si era previsto lo stop fino al 3 aprile ma è chiaro come i tempi si dilateranno: quando se ne potrebbe uscire?

«La valutazione attuale e razionale, basata sulle parole che sentiamo dagli epidemiologi, mi porta a guardare ragionevolmente a settembre e all’autunno. Naturalmente se questi calcoli fossero eccessivamente prudenziali saremmo i primi ad esserne contenti».

Per stare sul concreto niente Feste Vigliane allora?

«Le Feste Vigiliane sono in giugno quindi al momento ci stiamo adoperando, nei limiti dell’operatività di questo periodo, per portare avanti la possibilità di svolgimento di questa iniziativa. Che poi questa realmente si possa davvero tenere dipenderà dal risolversi o meno di questa grave emergenza».

Uno tsunami sul mondo dello spettacolo: quanto ci vorrà per riprendersi da questa situazione?

«C’è chi ritiene che a questa fase estremamente negativa ne seguirà un’altra di grande ripresa e di rilancio legata alla voglia della gente di uscire da questa costrizione e di tornare ad aggregarsi. Molti pensano invece che questa spinta tarderà a manifestarsi nelle stesse forme di un mese fa. Un quadro, quest’ultimo, per me piuttosto plausibile: ritengo ci vorrà del tempo prima che la gente torni a superare la paura. Anche per questo trovo importante la scelta di prevedere dei voucher per i rimborsi, perché così da una parte si salvaguarda la liquidità dei teatri e dall’altra si da una speranza per il futuro».

Una grande amarezza per lei visto i numeri del Santa Chiara degli ultimi anni.

«Prima di questo brusco stop venivamo da tre anni di crescita continua e progressiva di partecipazione agli spettacoli dal vivo, dal teatro, alla musica fino alla danza. Era un momento positivo anche per gli abbonati. Ora siamo davanti a nuove, difficili, sfide che vanno affrontate con la giusta determinazione. Molto dipenderà anche dai tempi e dai vincoli che saranno dati per il pubblico e ai quali bisognerà adeguarsi. Magari inizialmente si penserà ancora alle distanze fra le persone in sala e sarà quindi necessario adeguare in molti casi le strutture alle norme, perdendo di conseguenza anche capienza e quindi incassi. Questo avrà un impatto sulla nostra capacità di programmazione. Ma si tratta, appunto, d’ipotesi».

Nella dimensione casalinga, a cui molti siamo costretti, tutto si lega alla dimensione virtuale: come si sta muovendo il Santa Chiara su questo fronte?

«Ci stiamo ancora ragionando ma inevitabilmente questo periodo farà emergere nuovi modi di fruizione e procedure nuove. Una strada potrebbe essere quella di prefigurare una proposta di eventi legati al supporto video dando allo spettatore l’opportunità di vedere non solo lo spettacolo in sè ma anche altri contenuti come il dietro le quinte e interviste. Alcuni teatri hanno aperto gli archivi riproponendo i loro spettacoli ma non è un’operazione facile perché c’è sempre un problema di diritti da affrontare fatta eccezione per le nostre produzioni dirette e nello stesso tempo bisogna garantire al pubblico la qualità del prodotto video: uno spettacolo ripreso, ad esempio, con telecamere fisse, per me è quasi inguardabile».

Sul fronte del teatro come vi state interfacciando con i tanti soggetti attivi in Trentino che si trovano, anch’essi, in questa situazione di stasi?

«Siamo sempre attenti al dialogo. Con diversi soggetti ci siamo confrontati proprio nei giorni precedenti la chiusuura definitiva per trovare una linea comune e condivisa che era poi stata raggiunta. Quello a cui tengo particolarmente in questo frangente, in cui è difficile dare, con i supporti che abbiamo, una continuità condivisa, è che si possa trovare un’intesa anche per condividere il momento di una ripartenza comune che sarà cruciale per tracciare le prospettive future».

Qual è la situazione attuale dei dipendenti del Centro?

«Abbiamo fatto ricorso al fondo di solidarietà trentino per una parte del nostro personale con la cassa integrazione partita dal 9 marzo, per alcuni dipendenti si stanno smaltendo le ferie pregresse che saranno poi trasformate probabilmente in cassa integrazione. Parte dei personale lavora poi da casa ampliando un discorso di smart working che avevamo già iniziato un anno fa e che da lunedì sarà esteso anche ad altri dipendenti».

L’uomo Nardelli come sta vivendo questi giorni di quarantena?

«Sono nella mia abitazione a Milano insieme a mia figlia e a mia moglie. Io e lei lavoriamo da casa, connessi al mondo in maniera virtuale aspettando che si possa, piano piano, tornare alla normalità».

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