Coronavirus: l'indice di contagio in Italia ora è basso

“L’indice di contagio in Italia è tra 0,2 e 0,7 ma ci vuole poco a tornare sopra la soglia”. Lo ha affermato Stefano Merler ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, Stefano Merler, è intervenuto ieri, in collegamento da Trento, alla conferenza stampa sull’andamento epidemiologico e gli aggiornamenti tecnico-scientifici relativi a Covid-19 tenuta a Roma con il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli e il direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di Sanità, Giovanni Rezza.

Il ricercatore FBK, in qualità di esperto, ha infatti illustrato il valore Rt rilevato nelle diverse regioni italiane in seguito agli studi, ricordando che il valore indica il numero di infezioni prodotte da una persona nell’arco del suo periodo infettivo. Se è inferiore a 1 significa che si va verso l’eliminazione della malattia, se è superiore a 1 che si va verso una crescita esponenziale del numero dei casi.

I dati sono stati studiati basandosi sulle date di comparsa dei sintomi, che sono le più affidabili, e quindi il valore di trasmissibilità più recente del virus SARS-CoV-2 è riferito al 6 aprile. Per alcune regioni i dati sono ancora in fase di perfezionamento e verranno forniti quando stabili.
Per quanto riguarda la provincia di Trento il valore medio di Rt è 0,44 (con incertezza che oscilla da un minimo di 0,33 a un massimo di 0,56).

Anche per la provincia di Bolzano e le regioni considerate, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto, il valore medio risulta inferiore a 1, quindi sotto soglia.

“Tutto ciò è positivissimo”, sottolinea Merler, “però, ci tengo a dirlo, non c’è un margine enorme per evitare di tornare con Rt a 1, e sopra 1, e far ricominciare i guai. C’è un margine che può essere sfruttato per gestire meglio la situazione, ma non siamo ancora in una situazione di sicurezza, ci mancherebbe”.

«L’epidemia è partita di sicuro a gennaio e forse anche prima, e ci sono centinaia di casi che hanno avuto sintomi prima di febbraio». Molto probabilmente, è l’ipotesi del ricercatore, ci sono state «introduzioni multiple e non singole del virus, e ciò spiega - conclude - come mai al 20 febbraio ci siamo trovati già con centinaia di casi».

Dalla prossima settimana si potranno probabilmente fornire dati anche di tutte le altre regioni e la stima è che verranno pubblicati con cadenza settimanale, nel bollettino ISS del venerdì.

Le residenze sanitarie per anziani Rsa, la famiglia, gli ospedali e, al quarto posto, il luogo di lavoro. È qui che si concentra la maggioranza dei casi di Covid-19 e sono questi, dunque, alcuni ambiti che vanno monitorati con particolare attenzione. L’allerta arriva dal presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro che, nella settimanale conferenza stampa sull’andamento epidemiologico dei contagi da SarsCov2, apre ad un cauto ottimismo: il trend è in «netto miglioramento ma - avverte - è necessaria estrema prudenza».

La maggiore concentrazione dei casi «si ha nelle Rsa, a livello familiare e al lavoro», ha affermato Brusaferro. Secondo lo studio preliminare sulle fonti di infezione condotto dall’Iss, infatti, su circa 4500 casi notificati tra l’1 e il 23 aprile, Il 44,1% delle infezioni si è verificato in una Rsa, il 24,7% in ambito familiare, il 10,8% in ospedale o ambulatorio e il 4,2% sul luogo di lavoro. Proprio le Rsa, ha rilevato il presidente Iss, «rappresentano il punto debole rispetto all’epidemia in corso, ma questo sta accadendo in tutti i Paesi e non solo in Italia». Tuttavia «da subito - ha tenuto a sottolineare Brusaferro - si è specificato che queste strutture andavano protette ed una delle misure più importanti, ai primi di marzo, è stato raccomandare il blocco delle visite nelle Rsa». Proteggere i nostri anziani, ha aggiunto, «resta una priorità assoluta, anche in virtù dellèeterogeneità di queste strutture, che sono sia riabilitative sia residenziali. È il tratto debole della lotta al SarsCov2».

Quanto all’andamento generale dell’epidemia, emerge un cauto ottimismo. La situazione epidemiologica, spiega, «è nettamente migliorata anche se ci sono ancora 106 zone rosse. Si riducono i sintomatici ed i pazienti gravi ma c’è una circolazione del virus che continua e di cui tener conto, e ci vuole cautela nelle misure di riapertura. Il numero di casi si sta riducendo dappertutto, ma la prudenza rispetto alle misure di riapertura è necessaria - avverte - perché la situazione è diversificata nel Paese, ci sono aree a bassa, media e alta circolazione del virus ma ci sono focolai anche in aree a bassa circolazione».

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