Santa Chiara, l'ospedale adesso è Covid-free Dimesso l'ultimo paziente contagiato dal virus

di Matteo Lunelli

L’ospedale Santa Chiara (foto Piero Falco) è totalmente “Covid free”: nessun paziente ricoverato, in nessun reparto, è infatti positivo al Coronavirus. E lo stesso vale per Arco, Cles, Cavalese, Borgo Valsugana e Tione. Resta, quindi, solamente Rovereto, ma con numeri assolutamente confortanti: sono 15 in tutto le persone positive ricoverate, di cui 14 in reparti di media intensità, che verranno dimesse in tempi brevi, e 1, da settimane, in Rianimazione. Come da strategia di fine febbraio-inizio marzo il Santa Maria del Carmine è il “Covid Hospital” del Trentino: è stato il primo ad accogliere pazienti positivi e sarà l’ultimo a chiudere i reparti.

La notizia, va sottolineato, è davvero bella e permette di esultare e tirare un sospiro di sollievo, senza dimenticare che rappresenta una vittoria per il lavoro incredibile svolto da tutto il personale - medici, infermieri, oss e tecnici. Solo un paio di mesi fa erano 480 le persone ricoverate nelle varie strutture lottando contro il Coronavirus. Oggi siamo appunto a 15, ma il fatto che l’ospedale di riferimento della Provincia sia finalmente libero da pazienti positivi rappresenta un evento altamente simbolico.

L’ultimo paziente è stato dimesso dal reparto di Nefrologia del S.Chiara, diretto dal dottor Giuliano Brunori, dopo che nelle scorse settimana, uno dopo l’altro, erano stati smentellati tutti i reparti di Terapia intensiva “costruiti” per l’emergenza. «Finalmente - sorride il primario Brunori - quei letti sono vuoti: psicologicamente, per tutte le persone che hanno lavorato e faticato in questi mesi, rappresenta un fatto importante».

A fare il punto della situazione è il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon. «L’ultimo positivo è stato dimesso, quindi anche il Santa Chiara è libero dal Coronavirus: come da mandato resta l’ospedale di Rovereto, che come abbiamo sempre detto sarebbe stato il primo e l’ultimo a ospitare pazienti positivi. Anche ad Arco c’erano un paio di persone affette da Coronavirus, ma ora il tampone è negativo e quindi tutte le nostre strutture, a parte appunto il Santa Maria del Carmine, sono “free”. Siamo arrivati ad avere anche 480 pazienti Covid meno di due mesi fa, quindi è senza dubbio una notizia bella e che dà speranza a tutti. Sappiamo che tutto può cambiare, ma leggendo i dati degli ultimi giorni non abbiamo sentori di un peggioramento della situazione. A inizio maggio ci chiedevamo cosa sarebbe accaduto con le riaperture, ma i fatti dicono che è andato tutto bene. Adesso vediamo se ci saranno ripercussioni con i confini aperti, ma per ora, appunto, siamo tranquilli».

Il Santa Chiara da fine aprile ha ripreso gradualmente a svolgere tutte le attività “pre epidemia”. Ma per gli eventuali “danni collaterali” ci vorrà tempo: tante persone, per paura, nei mesi scorsi hanno evitato le visite e magari sottovalutato dei potenziali sintomi. «Questo è un problema che potremo censire solo più avanti: la domanda è “quanti tumori o complicazioni cardiologiche si sono sviluppate o sono peggiorate perché le persone hanno evitato di fare screening per timore di andare all’ospedale e contagiarsi in qualchemodo o perché preoccupati dai distanziamenti?”. Fermo restando che le urgenze sono sempre state garantite, sapremo solo più avanti se i mesi di emergenza hanno in qualche modo inciso su patologie tumorali o cardiologiche, ad esempio».

Un ultima questione: in un ospedale ormai “Covid free” ad ogni ricovero corrisponde un tampone? «Dipende dalla singola situazione: abbiamo tre livelli, con varie classificazioni del rischio che riguardano soprattutto la protezione del personale. Viene fatta una valutazione clinica, si ragiona sul tipo di severità dell’intervento e si fa ovviamente un triage. Su certi pazienti il tampone si fa, su altri no. E questo va a influire poi sulle protezioni e sulle precauzioni che avrà il personale. Ma anche in emergenza abbiamo operato pazienti Covid positivi».


«STANZE VUOTE, CHE EMOZIONE»

«Che bella sensazione: la stanza coi letti vuoti è il simbolo di una quiete ritrovata». È felice e sorridente il dottor Giuliano Brunori , primario della struttura complessa di nefrologia dell’Azienda sanitaria. Nello scorso fine settimana l’ultimo paziente Covid positivo è stato dimesso. E con il suo addio all’ospedale il Santa Chiara è tornato a essere una struttura senza malati di Coronavirus.

Dottore: finalmente!

Davvero, è un momento di serenità. Avevamo quattro stanze Covid, poi tre, poi due, poi abbiamo dimesso l’ultimo paziente e liberato la stanza. A onor del vero due le teniamo bloccate, per non dover più correre dietro agli eventi, ma psicologicamente passarci davanti e vedere i letti vuoti ci regala grande serenità.

Per voi, come per tanti altri, è stata dura.

In reparto restano i segni di un intenso lavoro fatto per riorganizzare gli spazi, separare i percorsi, predisporre l’impianto acqua per la seduta di dialisi, il carrello col materiale di consumo nella stanza, lo specchio a parete per la preparazione del personale.

Nel momento peggiore è stata una corsa contro il tempo: l’ospedale e tutti i reparti hanno cambiato volto in poche ore.

Ecco, in tal senso devo ringraziare l’Azienda: in mezzo pomeriggio eravamo riusciti a organizzare tutto con impianti di videosorveglianza e separazioni varie, grazie al grande lavoro di tutti. Dopo tante ore di intenso lavoro, che resteranno indelebili nella memoria di ognuno di noi, da primario il mio grazie va a tutti quanti hanno condiviso queste giornate molto faticose ma che ci lasciano tutti più ricchi di esperienza.

Ecco, quali sono gli insegnamenti da non perdere di questi mesi?

Tantissimi. Partirei dal non sottovalutare e dal non banalizzare. Troppe volte ho sentito e sento dire “è poco più di un’influenza”. Poi ci ha insegnato a saper cogliere subito i segnali: una volta si diceva “uno starnuto negli Usa è una polmonite in Europa”. Ecco, mettiamoci la Cina ed è quanto accaduto. Quindi bisogna essere capaci di leggere le situazioni e avere grande reattività. Ancora: lavarsi le mani, le mascherine, le attenzioni ritengo possano essere un insegnamento utile per sempre. E poi il senso di sacrificio, perché chi ha vissuto in prima persona questa emergenza non potrà dimenticarla e dovrà essere un buon testimone.

Torniamo al vostro reparto: la malattia renale è un fattore di rischio per il Coronavirus?

Lo è, ed è sul podio insieme a problemi cardiovascolari e diabete. In tal senso un’altra gioia è quella di aver portato a casa un grande risultato: nessuno è morto. Oggi abbiamo sorriso per quelle stanze vuote, ma non è tutto finito. Continuiamo a mantenere le precauzioni, facciamo il triage il giorno prima, misuriamo la temperatura e i pazienti usano la mascherina. E anche nei centri dialisi, come negli scorsi mesi, continua a esserci una grande attenzione.

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