Curzel: «L'autostrada in Valdastico? Un'opera debole, non si farà mai»

di Daniele Benfanti

Una telenovela lunga mezzo secolo. La Pi.ru.bi. è ormai iscritta nel dna trentino come l'opera che non s'ha da fare. Eterna incompiuta. Osteggiata da molti, agognata da pochi, fiume carsico della politica. Argomento divisivo, clava elettorale. Ma in questi 50 anni di progetti, retromarce, rilanci, sfide a braccio di ferro, ci sono delle date che rappresentano dei tornanti decisivi nella lunga vicenda dell'autostrada che doveva collegare Trento all'Adriatico.

L'A31 da decenni si ferma a Piovene Rocchette, nell'Alto Vicentino. Negli ultimi anni ne è stato completato il tratto sud, che lambisce i Colli Euganei e arriva nel rodigino.

Emanuele Curzel, storico, originario di Caldonazzo e residente a San Cristoforo, è memoria storica e figura attiva della battaglia per fermare l'A31. È stato portavoce dei comitati che si sono opposti all'opera e oggi è consigliere di minoranza in Comunità di Valle Alta Valsugana-Bersntol.
Dottor Curzel, perché ricordare il 22 giugno di vent'anni fa, nella lunga e tormentata vicenda dell'Autostrada della Valdastico?
Perché il 22 giugno del 2000 sulla stampa trentina trovava spazio uno studio della società Ata Engineering dell'ingegner Gobbi Frattini che annunciava come la Valdastico avrebbe ridotto di due terzi il traffico sulla congestionata statale 47 della Valsugana. Perciò andava fatta. Io, che abito a meno di cento metri dalla statale, che sento il frastuono di quel traffico, per un quarto d'ora ci credetti. Il problema è che ancora nell'autunno del 2018 il neopresidente della Provincia Maurizio Fugatti riproponeva questo refrain: la Valdastico toglie traffico e smog alla Valsugana. Un concetto che è stato inculcato nei valsuganotti.
Non è così? Le valutazioni di vent'anni fa non sono attendibili?
Passò l'idea, nel giugno 2000, che quello studio fosse stato commissionato dalla Provincia. Invece era stato fatto dalla Ata Engineering e proposto alla Provincia. Fu usato qualche algoritmo – anche se allora forse non si chiamavano così – adatto a qualche strada di pianura. In Pianura se costruisci una strada parallela a un'altra, il traffico si riduce. Nelle valli montane è diverso. Fu uno studio approssimativo, di 8-10 paginette, che calcolava lo stesso calo del traffico a Primolano come a Pergine. Poco credibile.
In che modo questi dati hanno condizionato ragionamenti e pianificazioni successive?
Non nego che il problema del traffico sulla Valsugana esista. Beninteso. Ma la medicina giusta non era e non è la Valdastico. Nel giugno del 2000 cambiò il paradigma. Si allargarono i consensi all'opera. È poi una leggenda che il Trentino fosse sempre contrario alla A31, a differenza del Veneto. Dal 2000 al 2008 ci fu un orientamento favorevole.
E perché questo consenso si andò affievolendo proprio allora?
Per due questioni politiche. La caduta dell'ex assessore e ex presidente di A22 Silvano Grisenti e la nascita del Pd, che creò nuovi equilibri nel centrosinistra autonomista. Nel 2014 l'Università di Trento rese poi pubblico un altro studio che ha del paradossale. Poteva essere la pietra tombale sulla Valdastico, invece...
Ci spieghi.
Raccoglieva dati del 2009-2010 sul traffico che lambiva Borgo Valsugana. Dava solo 6.000 veicoli al giorno, compresi mille camion. Il Comitato No Valdastico verificò che le centraline utilizzate per il rilevamento erano difettose. I veicoli di passaggio erano di più. Parlare di seimila veicoli riduceva l'eventuale utilità della Valdastico. Ma qui si capisce come le cifre non le guarda nessuno e spesso sono strumentalizzate.
Ma insomma, senza avere la sfera di cristallo, la Valdastico si farà mai?
Io credo proprio di no. Era un'opera debole e ora è morta. Negli ultimi anni è stata solo uno spauracchio utilizzato dalla A4 holding per avere la concessione. Lo stesso presidente Fugatti, che si dice favorevole, ha scelto la strada più difficile: l'uscita a Rovereto. Quando su Besenello si poteva chiudere. O proporre il corridoio per la Valsugana uscito durante il quinquennio di Ugo Rossi. Dire no alla Valdastico è perdente elettoralmente. Si è visto anche nei comuni critici del Veneto. Il rapporto squilibrato osti-introiti di quest'opera è evidente a tutti. I tipi di terreni da perforare non sono adatti. È un'opera antieconomica e antiecologica. Ma chi ha giocato a quel tavolo negli ultimi vent'anni ha spesso bluffato o interpretato più parti in commedia (o forse in tragedia).

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