Lo smart working piace ai trentini ma pesa l'assenza di regole

Sono stati raccolti 238 questionari online tra il 22 giugno e il 5 luglio

Oltre il 90% degli intervistati dà un giudizio complessivamente positivo dell'esperienza, quasi il 95% verrebbe proseguire anche dopo l'emergenza, anche se emergono criticità nella sovrapposizione di carichi familiari e professionali, il 39% lavora più che da ufficio e l'11% ha dovuto utilizzare strumentazione propria. Questi i risultati dell'indagine sullo smart working svolta dal Coordinamento industria della Cisl del Trentino che ha riguardato aziende di 11 settori del manifatturiero trentino: metalmeccanico, Ict, installazione impianti, alimentare, biomedicale, farmaceutico, calzaturiero, tessile e abbigliamento, chimico, gomma plastica, edilizia. Sono stati raccolti 238 questionari online tra il 22 giugno e il 5 luglio.

Gli intervistati sono per il 64% uomini e per il 36% donne, il 51% di età compresa tra i 35 e i 55 anni (28% under 35 e 21% over 55) e per il 40% si fanno carico o comunque condividono in prima persona impegni familiari (compreso il 40% dei soggetti di sesso maschile). Oltre il 63% degli intervistati impiega meno di 30 minuti per effettuare il tragitto di andata e ritorno casa/lavoro (il 27% tra i 30 e i 60 minuti e il 9% impiega più di un'ora). Nell'81% dei casi si è trattato di una nuova esperienza, solo il 9% degli intervistati avevano avuto precedenti esperienze di lavoro da remoto.

Nel complesso emerge un quadro di elevato apprezzamento e solo i 9% riporta valutazioni negative (di cui appena il 2% considera l'esperienza molto negativa). Per quanto riguarda gli orari di lavoro circa il 49% degli intervistati dichiara di aver svolto orari di lavoro coincidenti con quelli normalmente svolti in sede, il 12% di aver lavorato meno di quanto normalmente fatto in precedenza, mentre in ben il 39% dei casi di aver lavorato più ore di quanto normalmente fatto da ufficio.

L'indagine ha fotografato inoltre una pressoché totale assenza di regolamentazione dello smart working. Solo nell'8% dei casi (in 6 aziende, di grandi dimensioni) è presente un accordo collettivo siglato con le organizzazioni sindacali già prima dell'emergenza sanitaria.

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