Coronavirus: per incremento di contagi il Trentino svetta sulle altre regioni pesa il focolaio della Bartolini di Rovereto

di Giorgio Lacchin

Il focolaio scoppiato alla Bartolini di Rovereto fa schizzare il Trentino al comando nella pericolosa classifica sull’incremento di positivi al Coronavirus per 100mila abitanti, aggiornata di settimana in settimana. Dal 22 al 28 luglio, parametrando i nuovi casi alla popolazione residente, il Trentino svetta incontrastato (13,86) seguito a notevole distanza da Val d’Aosta (7,96), Emilia Romagna (7,56), Molise (7,53) e Basilicata (7,28).

Il focolaio scoperto dieci giorni fa alla Bartolini di Rovereto, l’azienda di logistica e trasporti di viale Caproni, ha prodotto 70 casi di contagio, tra cui i familiari di alcuni dipendenti.

Ma il Trentino non è l’unico ad avere dei problemi: solo in provincia di Bolzano e in 5 regioni il numero dei contagi si è ridotto rispetto alla settimana precedente (Friuli, Umbria, Calabria, Liguria e Veneto).

«Il virus continua a circolare», commenta Stefano Merler, epidemiologo matematico della Fondazione Bruno Kessler. «Silente, magari, attraverso gli asintomatici, finché s’impone in maniera importante attraverso alcuni focolai come quelli di Rovereto e di Bologna. È la situazione con cui stiamo convivendo».

La trasmissibilità «è aumentata rispetto ad aprile o maggio», ammette Merler. È il famoso valore Rt che indica i contagi generati da ogni singola persona infetta.

«Fino alla fine di maggio era tranquillamento sotto la soglia di attenzione - il valore 1 - mentre adesso ci stiamo di nuovo avvicinando».
Attenzione, «la situazione è ancora sotto controllo», afferma l’epidemiologo, «ma non la definirei tranquilla. Questo è sicuro».

«I casi di oggi non sono confrontabili con quelli di tre mesi fa», riprende Stefano Merler.
«Tre mesi fa scoprivamo solo i sintomatici; oggi, in tanti, sono asintomatici individuati grazie ai tamponi e all’indagine sierologica». Tre mesi fa c’erano sicuramente tanti asintomatici ma non li scoprivamo, sottolinea Merler. «Non sta esplodendo una bomba, dunque, ma non bisogna abbassare la guardia, anche perché la forza del virus è uguale a prima».

Sì, il virus non cambia, «è sempre lo stesso», precisa l’epidemiologo. «Ciò che è cambiato è l’età media dei contagi, che è calata di molto perché gli anziani continuano a essere prudenti, accorti, mentre i giovani e gli adulti lo sono molto meno».

Ora registriamo molte infezioni asintomatiche di persone sotto i 50 anni. «La cosa positiva è che i sistemi di sorveglianza sono in grado di gestire i focolai, almeno per il momento, ma dobbiamo guardare al futuro», e l’autunno complicherà la faccenda.
«Personalmente», conclude Stefano Merler, «mi spaventa molto l’influenza: in questi mesi la sorveglianza funziona perché non ci sono i cosiddetti “confondenti”.

Una febbre, in sostanza, è certamente Covid; non può essere un’altra cosa.
Però in autunno non sarà così e sarà più difficile riconoscere il virus.
Ma siccome il Covid lo conosciamo un po’ di più, oggi è più facile proteggersi per chi lo voglia fare».

Il report dell'Istituto superiore di sanità per la settimana 20-26 luglio

 

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