Porfido e inchiesta sulla 'ndrangheta: c'è anche il «cavaliere» Giulio Carini fra edilizia, sport e volontariato

C’è anche l’imprenditore e cavaliere della Repubblica Giulio Carini, 72 anni, tra gli indagati, con obbligo di firma, nell’inchiesta del Ros dei carabinieri di Trento, Roma e Reggio Calabria e del Tribunale di Trento nell’ambito dell’operazione «Perfido», relativa alla presenza di una presunta locale di ‘ndrangheta in Trentino, attiva soprattutto nel settore del porfido nella zona della val di Cembra.

Secondo gli inquirenti il noto imprenditore - nato a Reggio Calabria ma che da anni vive e lavora ad Arco, dove è molto apprezzato per il suo impegno nel mondo dello sport e del volontariato - sarebbe una «figura cerniera», capace di mettere in contatto l’organizzazione con i rappresentanti delle più elevate cariche istituzionali locali «al fine di condizionarne l’azione ed ottenere mirati vantaggi».

Sempre secondo gli inquirenti, Carini si sarebbe interfacciato alla pari con Innocenzio Macheda - che viene ritenuto elemento di primario riferimento in Trentino del clan Serraino - ed avrebbe esercitato «un ruolo di raccordo e collegamento con la Calabria e con le istituzioni politiche, economiche, amministrative nonché con la magistratura, mantenendo quotidianamente rapporti interpersonali al fine di raggiungere gli scopi associativi e personali».

Secondo quanto sostengono gli inquirenti - ricordiamo che le indagini sono in una fase preliminare e le accuse sono tutte da dimostrare - l’imprenditore, per ottenere indebitamente l’assunzione a tempo indeterminato della nuora presso la Fondazione Bruno Kessler, avrebbe promesso voti per le elezioni provinciali del 2018 ad un consigliere provinciale e avrebbe inoltre messo a disposizione una casa al mare per le vacanze in Calabria ad un assessore della Giunta provinciale di Trento e ad un ex assessore provinciale. Gli inquirenti si sono concentrati anche sull’associazione Magna Grecia, legalmente riconosciuta con sede a Trento e presieduta da Giuseppe Pavaglianiti, che si trova ai domiciliari, e che avrebbe organizzato - secondo le accuse - raccolte fondi in aiuto ai familiari di malavitosi calabresi detenuti legati alle cosche di riferimento di Cardeto.

Amavano mangiare capra arrosto, ma non disdegnavano i piatti di pesce del lago di Garda. Era anche attraverso la buona tavola che personaggi ritenuti vicini ad ambienti della Locale della 'ndrangheta insediata in Trentino cercavano «l'aggancio» o comunque «la vicinanza» (sono termini usati dal gip Marco La Ganga nell'ordinanza cautelare) con le istituzioni. Alle occasioni conviviali partecipava un affiatato gruppetto di magistrati del Tribunale di Trento, un ex prefetto della città, un vicequestore, un ufficiale dei carabinieri, imprenditori assortiti. Nulla di male se non fosse che gli eventi spesso venivano organizzati da Giulio Carini, l'imprenditore calabrese trapiantato ad Arco indicato dagli inquirenti come il collegamento tra due mondi opposti: le istituzioni da un lato e gli uomini d'affari vicini alla ‘ndrangheta dall'altra.

«Le intercettazioni - si legge nell'ordinanza - dell'utenza di Carini Giulio hanno da subito documentato la sua specifica propensione alle relazioni nell'ambito politico-istituzionale locale utili per raggiungere i suoi scopi, costituiti principalmente da interessi economici ma anche, indirettamente, quelli più estesi dei corregionali inseriti nella Locale trentina».

L'impressione che si trae leggendo le intercettazioni telefoniche e ambientali contenute nell'ordinanza è che gli uomini delle istituzioni, mostrando una buona dose di ingenuità, non si siano accorti di essere seduti al ristorante con personaggi dalla non specchiata moralità trattati come compari. Personaggi che poi, millantando, spendevano sull'esterno i rapporti di amicizia con i magistrati. 
«Le intercettazioni - scrive il giudice La Ganga - disvelano come tali frequentazioni, spesso ambientate in banchetti organizzati personalmente da Carini, sottintendano il vero scopo di Carini che è quello di strumentalizzare tali frequentazioni per i propri personali interessi. Non a caso, al di fuori di tali contatti personali, Carini si lascia andare ad affermazioni spregevoli nei confronti di tali persone». 

Fra gli invitati che siedono volentieri a tavola ci sono anche magistrati e uomini delle forze dell'ordine. Va sottolineato che mai i magistrati citati nelle intercettazioni fanno espliciti accenni a procedimenti giudiziari. Va sottolineato che Carini è un cavaliere del lavoro ed era ben difficile immaginare che potesse avere rapporti con uomini vicini alla ‘ndrangheta. Va anche sottolineato, però, che ragioni di opportunità consiglierebbero maggior prudenza, specie se sei un magistrato, nello scegliere con chi andare a cena.

Nessuno degli uomini delle istituzioni che partecipavano ai momenti conviviali mangiando capra arrosto risulta indagato. Ma è possibile che gli atti finiscano alla procura di Trieste, unica titolata a stabilire se sussista qualche profilo penale a carico dei magistrati trentini. Di certo a Palazzo di giustizia a Trento si respira una certa aria di imbarazzo di fronte ad intercettazioni che tutti avrebbero preferito non leggere mai.

L'IDENTIKIT: CHI E' CARINI - Definito «Figura cerniera» che aveva un ruolo di primo piano nel mantenere i contatti con i «rappresentanti delle più elevate cariche istituzionali locali al fine di condizionarne l'azione ed ottenere mirati vantaggi» a favore proprio e dell'associazione. Il passaggio è contenuto nelle 275 pagine dell'ordinanza firmata dal gip Marco La Ganga e riguarda l'imprenditore arcense di origini calabresi Giulio Carini ( foto ), nome di primo piano conosciuto da tutti e non da ieri in tutto l'Alto Garda e Ledro, e non solo. Settandue anni, presidente del consiglio d'amministrazione della «Carini Edilizia srl» fondata nel 1997 assieme al figlio Alessandro, Giulio Carini è stato insignito dell'onorificienza di «Cavaliere della Repubblica» due anni or sono, nel dicembre 2018, quando l'inchiesta Perfido era già in fase avanzata e le intercettazioni riportate nell'ordinanza di custodia cautelare già avvenute e agli atti. Dopo aver lasciato la natia Reggio Calabria, Giulio Carini iniziò a lavorare a Rovereto per un'azienda che fabbricava sci. Per quattro anni, dal 1978 al 1982, ricopre il ruolo di direttore commerciale per l'«Edilmarket Tramontin» di Trento e nell'82 fonda la «Edilgarda» a Torbole, società che si occupa di materiali per l'edilizia e di cui diventa amministratore dal 1989 al 1997. In quell'anno nasce la «Carini Edilizia srl», messa in piedi e portata avanti con successo assieme al figlio, mentre nella vita non professionale Giulio Carini si ritaglia un ruolo di primo piano anche nel sostegno di realtà sportive locali. È il caso dell'Unione Sportiva Baone, di cui è vicepresidente per otto anni consecutivi, dal 2004 al 2012, lo stesso sodalizio (ma in periodi diversi) alla cui guida è stato per un paio d'anni anche l'ex onorevole e consigliere provinciale Mauro Ottobre, anch'egli indagato in questa vicenda. Le passioni di Carini svariano dallo sport (è stato rugbysta e maratoneta) alla scrittura pubblicando tre romanzi dedicati alla sua Calabria.

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