RSA, così non si va avanti l'allarme di quattro strutture a Riva, Arco, Dro e Ledro

di Paolo Liserre

È un «grido di dolore» all’unisono quello che arriva dai presidenti delle quattro Case di riposo dell’Alto Garda e Ledro (Riva, Arco, Dro e Ledro appunto) che proprio in questi giorni hanno inviato una lettera ufficiale ai nuovi sindaci per chiedere un confronto urgente sulle prospettive future. Prospettive che preoccupano, sul fronte sanitario ma anche su quello economico. E a dirlo sono i numeri: il venir meno in tutta la zona di oltre una cinquantina di posti letto, della quota alberghiera e delle entrate derivanti da altri servizi diurni forniti dalle Rsa, incideranno pesantemente sui bilanci di fine anno e sulla tenuta economica delle strutture stesse. «La nostra prima stima, ma ripeto si tratta di una stima - afferma Paolo Mattei, presidente della Fondazione Comunità di Arco - parla di una perdita attorno ai 600 mila euro rispetto al bilancio 2019». E sulla stessa lunghezza d’onda, conferma il presidente Lucio Matteotti, si trova la casa di riposo «Città di Riva».

Nella lettera inviata in queste ore a tutti i primi cittadini del territorio, Mattei, Matteotti ma anche Marisa Dubini (Giacomo Cis di Ledro) e Carla Ischia (Rsa Molino di Dro) esprimono preoccupazione «per la situazione sanitaria in atto e - si legge nel documento - nel contempo facciamo presente che le linee guida della Provincia e i piani anti Covid in atto, che scrupolosamente stiamo seguendo, stanno portando una forte diminuzione dei posti letti accreditati e convenzionati, provocando un aggravamento della sostenibilità economica. Inoltre - incalzano i quattro presidenti - l’impossibilità di erogare servizi alla popolazione che le Apsp da sempre forniscono, abbinata ad una mancanza di progettualità della politica socio-sanitaria per gli anziani non sufficienti delle nostre comunità, rendono assai complessa, quasi impraticabile l’organizzazione e la gestione delle strutture stesse».

«La perdita su tutto il territorio di 50-60 posti letto è inaccettabile - sottolinea il presidente della Fondazione Comunità di Arco Paolo Mattei - L’invecchiamento della popolazione è un processo irreversibile, che non si ferma, anzi, e al quale va data una risposta adeguata in termini di servizi. Va data una risposta concreta alla filiera dell’invecchiamento. A fronte delle limitazioni e dei tagli di posti letto imposti dalle disposizioni anti Covid, è necessario pensare da subito ad un ampliamento delle strutture che già esistono, vanno aggiunte camere o, ma la vedo più difficile in tempi brevi, individuate nuove strutture. Ma la questione va affrontata e risolta». «In un momento storico in cui c’è maggior bisogno di assistenza alla terza età - aggiunge il presidente Lucio Matteotti - rischiamo di dover ridurre servizi e assistenza ai nostri anziani. E il fatto che molti pensano che “tanto sono anziani e destinati a morire”, mi ripugna».

A questo si aggiunge il problema di sostenibilità finanziaria. Le entrate sono decisamente minori rispetto al passato, i costi aumentano («quest’anno - aggiunge Mattei - la spesa per lo smaltimento di rifiuti speciali, tanto per fare un esempio, è dieci volte superiore al normale») e non si può pensare a una riduzione del costo del personale. La coperta è corta. Ma qualcosa va fatto, e in tempi brevi.

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