Parolari: "Contro le tossicodipendenze serve più aiuto alle Comunità. Mi preoccupa la cocaina, che va per la maggiore"

di Paolo Micheletto

Le emergenze legate alla droga sono tante. Infinite. Non si possono fare priorità: la battaglia è a campo aperto. Ma Angelo Parolari, presidente della comunità di recupero La Voce amica, parte da due temi fondamentali: i giovani e le diverse patologie legate all’uso della droga. È vero - come ha sostenuto Federico Samaden (per 19 anni direttore della comunità di San Patrignano a San Vito di Pergine) nell’intervista pubblicata ieri - che la parola droga fa sempre più rima con giovani. «Ed è altrettanto vero che chi si droga ha anche altri problemi».

Quali, presidente Parolari?
«Ulteriori dipendenze, come quella dal gioco. Ma anche disturbi alimentari, la depressione, il bipolarismo, i disturbi dell’ansia».

Ma le comunità sono attrezzate per affrontare queste situazioni?
Noi puntiamo tutto sulla formazione. La cura va fatta con il cuore ma soprattutto con un’alta specializzazione. I tossicodipendenti continuano ad aumentare e da un decennio sono mutate le molecole delle droghe: tante sostanze sono realizzate in laboratorio e nel cervello si creano disfunzioni neuronali, che vanno affrontate assieme alle dipendenze.

Sempre più giovani alle prese con la droga. Perché?
Il problema è spesso legato ad esperienze familiari negative, a traumi avuti anche da giovanissimi: per questo diventa fondamentale la formazione per l’elaborazione della memoria traumatica. Si inizia ad usare sostanze per tante ragioni, certo, ma nella maggioranza dei casi alla base c’è un disagio, uno star male, il sentirsi inadeguato o aver vissuto situazioni che provocano dolore. Le situazioni familiari negative sono alla base dei problemi, e poi c’è spesso una scuola non attenta a cogliere i segnali.

È favorevole alla proposta di Samaden sulle “comunità di tregua” per ragazzi di 14-15 anni?
È vero che c’è bisogno di questo tipo di comunità per giovanissimi, a patto che siano affidate a persone fortemente formate, con un’altissima specializzazione soprattutto per quanto riguarda la conoscenza dei traumi infantili.

La politica ha dimenticato il problema della droga?
La politica tende a marginalizzare il problema del tossicodipendente, meno se ne parla meglio è. E tende a nascondere il tutto. Invece servirebbe un maggiore impegno: come nascono le dipendenze patologiche? Quali sono i motivi che stanno alla base della scelta di ricorrere alla droga? La tossicodipendenza è una malattia cronica, e come tale va curata.

Ma dalla tossicodipendenza si può uscire.
Sì, ma va curata in modo che i tossicodipendenti possano riuscire a gestirsi la vita in maniera equilibrata, però tenendo sempre un campanello d’allarme. Stiamo parlando di una forma di memoria che può apparire anche a distanza di dieci anni. Ecco perché la tossicodipendenza non va curata con i farmaci ma con interventi educativi comportamentali e psicoterapici.

E l’uso del metadone?
In tempi stabiliti, è l’antidoto alle fughe dalla comunità. Il paziente in crisi di astinenza non lo trattieni senza il metadone, fugge via. Certo, l’uso deve essere a scalare.

Ha visto il docu-film di Netflix su San Patrignano?
Ho visto la serie e su San Patrignano mi sono documentato molto. Mi sono sempre chiesto come fanno a trattenere i pazienti senza l’uso del metadone, che Vincenzo Muccioli non ha mai ammesso: o la persona la quieti, con il cervello reso meno “oppresso” dal desiderio di fuggire o lo fermi con la forza. Non sono un giudice, ma il sistema coercitivo non fa parte dei nostri metodi.

Qual è il suo giudizio sulla storia di San Patrignano?
Io non condanno l’esperienza di San Patrignano, da dove tanti pazienti sono usciti. Se sono state utilizzate le catene per trattenere le persone, è un sistema che non condivido. Ma il metodo di San Patrignano è superato in alcuni aspetti, ad esempio nella scelta che fanno nell’accettare un paziente invece di un altro. Noi accettiamo tutti coloro che ci vengono mandati.

Riuscite ad intercettare anche gli utilizzatori occasionali di cocaina, che si drogano alle feste?
Guardi, io credo poco alla figura dell’utente occasionale. La cocaina è la droga che va per la maggiore e quella che crea più dipendenza in assoluto. Procura una disfunzione tale che chi ne fa uso non è più in grado di rinunciare, anzi è costretto ad assumerne sempre più.

Cosa chiede alla politica?
La droga è e continua ad essere un problema immane, da non sottovalutare. L’età sempre più bassa dei tossicodipendenti rappresenta da sola un problema gravissimo. Io penso che la comunità terapeutica rimanga l’unica fonte di recupero, e per questo dovrebbero essere potenziati gli invii. Non lo dico perché vogliamo avere più ospiti: i nostri 17 posti letto sono quasi sempre tutti occupati. Ma le comunità devono essere poste nelle condizioni economiche di avere personale sempre più specializzato. C’è un drammatico bisogno di educatori.

Lei da quando si occupa di tossicodipendenza?
Dagli anni Settanta. Sono il cofondatore di due comunità, la Voce amica e il Centro trentino di solidarietà, assieme a don Valerio Busacca. Sono stato dirigente delle Poste ma ho sempre speso il mio tempo da volontario contro le droghe. Nel corso degli anni è diventato sempre più importante affrontare il tema delle dipendenze in genere, anche quelle alimentari, e dei disturbi delle personalità.

 

 

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